l’Onu si schiera con Kiev

l’Onu si schiera con Kiev

Già oltre 2 mila vittime civili in Ucraina, l’Onu si schiera con Kiev

Oltre 2 mila civili sarebbero stati uccisi finora nell’invasione della Russia in Ucraina. Lo hanno comunicato le autorità ucraine, secondo quanto riferisce la Bbc che cita il servizio di emergenza.
Sarebbero stati uccisi anche dieci soccorritori, spenti più di 400 incendi, disinnescati 416 esplosivi e distrutti snodi di trasporto, ospedali, asili ed edifici residenziali.

Ripartono il 3 marzo i colloqui per arrivare quanto meno al cessate il fuoco in Ucraina. Il faccia a faccia tra le due delegazioni, i cui componenti dovrebbero essere gli stessi della prima tornata di lunedì, non dovrebbe però svolgersi a Gomel, ma nella foresta di Bialowieza Pushcha, al confine tra Bielorussia e Polonia.

Si tratta di una delle più antiche foreste d’Europa e vi si accede da entrambi i Paesi. A dare la conferma della partecipazione dell’Ucraina è stato il leader del partito “Servo del Popolo” David Arakhamia. Secondo il consigliere del capo dell’Ufficio del presidente dell’Ucraina Mykhailo Podolyak, “le parti hanno identificato una serie di argomenti prioritari su cui sono state delineate determinate decisioni”.

L’esercito russo fornirà un corridoio di sicurezza per la delegazione ucraina. Difficile capire lo spirito con cui arriverà all’appuntamento la delegazione di Kiev, dopo che per due giorni l’avanzata russa non si è fermata, e anzi sulle grandi città è aumentata di intensità. Sull’altro fronte, pesano ogni ora di più le difficoltà finanziarie russe, con il Paese bloccato e un malcontento crescente.

Come noto, in un colloquio tra Vladimir Putin ed Emmanuel Macron avvenuto lunedì, il presidente russo aveva ribadito come sulla Crimea non sia intenzionato a cedere, considerandola già territorio russo dal 2014, mentre sul Donbass l’approccio sembra più cauto. Se l’adesione all’Unione Europa dell’Ucraina entro l’anno non è una condizione ostativa per Mosca, diverso il discorso relativo alla Nato, su cui gli emissari del Cremlino non cederanno.

Soprattutto andrà definita l’eventuale ritirata dei soldati russi, se mai avverrà.

Intanto Volodymyr Zelensky, dopo il voto quasi unanime incassato ieri dal Parlamento Europeo sull’ingresso nell’Unione Europea, oggi ha raccolto un altro voto favorevole dalle Nazioni unite, dove l’assemblea ha espresso pieno sostegno a lui e al suo popolo: i voti a favore sono stati 141, cinque i contrari e 35 gli astenuti, tra cui Cina, India e Cuba.

Proprio il ruolo di Pechino resta enigmatico. Ieri l’ambasciatore cinese aveva contattato il suo omologo ucraino, confermandogli l’impegno per la pace del suo Paese, ma nel frattempo veniva siglata un’intera con Mosca per costruire un nuovo gasdotto tra i due Paesi. A equilibrare la vicenda a ovest l’abbandono definitivo dei tedeschi al progetto Nord Stream 2. Intanto i giganti energetici russi si ritrovano soli, senza più partner occidentali. Non è solo geopolitica, infatti potersi consorziare è decisivo per avere accesso alle nuove risorse scoperte grazie alle campagne di trivellazioni, dividendo i costi di ricerca e socializzando i ricavi dalle estrazioni.

Da soli, anche colossi come Gazprom, non hanno risorse per cercare petrolio e gas. Anche per questo il costo di quest’ultimo è alle stelle. Una bolla, quella legata al conflitto, che non influisce sulle già esose bollette, per ora. Certamente però senza una pace duratura, gli aumenti diventeranno ingestibili.

Redazione Radici

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