12 agosto 1970: il trattato e gli sviluppi della “Ostpolitik”

12 agosto 1970: il trattato e gli sviluppi della “Ostpolitik”

di Vittorio Bilardi

Con il termine Ostpolitik si definisce la politica di normalizzazione dei rapporti con la Repubblica Democratica Tedesca (DDR) e con gli altri paesi del blocco orientale perseguita da parte di Willy Brandt, cancelliere della Repubblica Federale Tedesca, a partire dall’inizio degli anni ’60 e per la quale Brandt ottenne il Premio Nobel per la Pace nel 1971.

La Ostpolitik si poneva in contrasto con la politica perseguita fino a quel momento dai governi tedeschi, a partire dal governo di Konrad Adenauer, sintetizzata nella cosiddetta dottrina Hallstein. Il primo a teorizzare una “trasformazione tramite l’avvicinamento” fu Egon Bahr, uno dei consiglieri più vicini a Willy Brandt. In concreto, a partire dalla fine degli anni ’60 ebbero luogo una serie di incontri fra Brandt ed i leader dei paesi dell’est che, inizialmente, ebbero il merito di “riaprire” le comunicazioni fra i paesi e portarono in seguito alla stipulazione di alcuni trattati. Il primo fu il trattato di Mosca firmato il 12 agosto 1970 con il quale la Repubblica Federale Tedesca riconosceva il confine della linea Oder-Neisse e rinunciava a rivendicazioni territoriali, l’Unione Sovietica per contro si impegnava ad aprire le trattative per la ricerca di una soluzione per la situazione di Berlino.

I negoziati di Mosca hanno dato origine a tre documenti: il Trattato vero e proprio; una lettera consegnata dal governo federale al governo dell’URSS, e da quest’ultimo accettata; le conclusioni delle trattative preliminari condotte dal segretario di Stato Bahr a Mosca, nella primavera del 1970, le quali sono state allegate agli atti ufficiali della Conferenza finale (il cosiddetto “Bahr-Papier, o “documento di Bahr”). Il punto centrale del Trattato di Mosca è la cosiddetta “rinuncia all’uso della forza” cioè la dichiarazione che la Repubblica Federale e l’URSS aderiscono espressamente ai principii fondamentali della Carta delle Nazioni Unite, e si impegnano a risolvere i loro conflitti esclusivamente con mezzi pacifici, senza ricorrere alle minacce o all’uso di mezzi violenti.

Nel preambolo si esprime inoltre la volontà di migliorare i rapporti tra i due Stati e di moltiplicare e rafforzare i legami reciproci sui piani economico, scientifico, tecnico e culturale. Queste parti essenziali del documento sono accettate senza discussione non solo dalla SPD e dalla FDP, ma anche dalla CSU/CDU: si tratta, oltre tutto, di affermazioni di principio che erano già state ripetutamente proposte prima del 1966, quando era ministro degli Esteri il cristiano-democratico Schroder. Rivestono invece maggiore importanza politica e vengono duramente contestate le altre parti del Trattato. Esse effettivamente consentono interpretazioni anche molto diverse e rendono possibili, in parte anche volutamente, differenti modi di intenderle da parte dei due Stati contraenti. La Repubblica Federale Tedesca nel documento riconosce esplicitamente come “inviolabili” per il presente e per il futuro, i confini occidentali della Polonia, cioè i confini dell’Oder-Neisse, come pure i confini tra la Repubblica Democratica Tedesca e la Repubblica Federale.

Il “documento di Bahr”, a sua volta, contiene la precisazione che la Repubblica Federale Tedesca dovrà concludere un trattato con la Repubblica Democratica Tedesca per la regolamentazione dei reciproci rapporti: esso dovrebbe avere la stessa forza vincolante dei trattati stipulati con Stati terzi, e dovrebbe essere concluso sulla base dell’uguaglianza dei diritti, della non discriminazione, dell’assoluto rispetto dell’indipendenza e dell’autonomia di “ambedue gli Stati”. Nello stesso documento si auspica l’ingresso contemporaneo nell’Organizzazione delle Nazioni Unite sia della Repubblica Federale sia della Repubblica Democratica. I difensori del Trattato richiamano l’attenzione sul fatto che le concessioni fatte dalla Repubblica Federale sarebbero compensate dalle concessioni fatte dall’URSS.

Delle 18 specifiche richieste presentate nel 1967 dall’Unione Sovietica alla Repubblica Federale Tedesca, ne sarebbero state cancellate alcune di primaria importanza. Il Trattato riconoscerebbe chiaramente la validità dei patti internazionali da cui è legata la Repubblica Federale; in particolare, riconoscerebbe la sua appartenenza alla NATO, all’Unione Europea Occidentale e alla Comunità Economica Europea. Inoltre l’URSS avrebbe accettato una lettera del governo federale nella quale quest’ultimo precisa che il Trattato non è in contraddizione con i fini politici della Repubblica Federale Tedesca, la quale si propone di operare per creare quelle condizioni di pace in Europa, per cui il popolo tedesco possa raggiungere la propria unità mediante una libera autodeterminazione. Nella discussione sul Trattato tra il governo e l’opposizione scoppiò una violenta disputa circa l’interpretazione di singole formulazioni contenute nel Trattato stesso. Il governo disse che I’URSS con il Trattato chiaramente e definitivamente rinunciò alla clausola riguardante gli “Stati Nemici” contenuta nella “Carta delle Nazioni Unite” (artt. 53 e 107), cioè al diritto ad un intervento armato in caso di ripresa di una politica di aggressione da parte della Germania.

L’opposizione ritenne invece che quanto suddetto non si poteva leggere tra le righe del Trattato, poiché l’URSS considerò la clausola come conciliabile, nella Carta delle Nazioni Unite, con la rinuncia di tutti all’uso della forza: una rinuncia esplicita al diritto di intervento secondo la “clausola degli Stati nemici” non menzionata nel Trattato. Il governo federale ritenne che “l’inviolabilità” dei confini non escludesse la loro modifica con mezzi pacifici; l’opposizione obiettò invece che il concetto di “inviolabilità” appariva anche nei trattati dell’URSS con la Repubblica Democratica Tedesca, e in tal caso stabiliva inequivocabilmente la definitività dei confini attuali.

In seguito alla ratifica del trattato sia la Repubblica Federale Tedesca sia la Repubblica Democratica Tedesca furono ammesse all’ONU (1973). L’ultimo paese con il quale venne raggiunto un accordo fu la Cecoslovacchia con la firma del trattato di Praga, 11 dicembre 1973.

foto wikipedia

Redazione

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