Saranno le “Olimpiadi della paura”? L’idea olimpica e le minacce del nostro tempo
Markus Krienke
C’è chi ricorda Monaco 1972 e l’attentato di un’organizzazione terroristica palestinese (non era Hamas) agli atleti israeliani di cui ne morirono cinque, c’è chi rimanda ad Atlanta 1996 dove fu uccisa una persona da un estremista di destra statunitense, mentre 111 restarono feriti. Questi paragoni sono sorti non appena è giunta qualche ora fa la notizia dell’attacco massiccio alla rete ferroviaria francese, a poche ore dalla cerimonia d’apertura della XXXIII Olimpiade. Ed immediatamente domina su molti siti la paura e l’incertezza: che cosa succederà quest’anno, durante la terza volta che Parigi ospita, dopo 1900 e 1924, i Giochi?
Già, perché da giorni e settimane siamo informati circa i provvedimenti di sicurezza a Parigi e la scommessa di svolgere la cerimonia d’apertura per la prima volta nella storia non all’interno di uno stato. Stasera si aspettano infatti 300.000 spettatori lungo 6 chilometri della Seine, con 120 capi di Stati o governi, che vengono protetti da 45.000 uomini e donne di sicurezza, accanto a 10.000 soldati e altre forze d’ordine. Per quattro ore 94 barche con 10.000 atleti passeranno il fiume, davanti allo scenario mozzafiato di edifici come il Louvre o Notre-Dame. Già da settimane, Parigi è blindata e il livello d’allerta è altissimo; ci si è preparati persino ad un attacco subacqueo o dall’alto con i droni. Nelle settimane scorse, diverse persone sono già state arrestate, e per stasera vale un blocco aereo per un raggio di 150 km intorno a Parigi. Chiunque si muoveva da giorni nella zona della cerimonia doveva registrarsi.
Tutto ciò basterà? Certo l’allerta è massima, dopo una notizia riportata in questi giorni da Israele che l’Iran programmerebbe un attacco terroristico ai suoi atleti, e la registrazione di diversi attacchi cyber nelle settimane passate, soprattutto orchestrati dalla Russia. Ma ora un vero attacco è avvenuto, su tre linee di alta velocità, quella atlantica, del Nord e dell’Est: 800.000 persone devono riprogrammare i loro viaggi e subiscono disagi, e chissà quanti di loro erano indirizzati proprio a Parigi. La via che porta allo Stade de France dove si svolgeranno una parte dei giochi, è stata bloccata. Inoltre, mentre il presidente dell’IOC Bach – di cui tre settimane fa girava la fake news che avesse eventualmente l’intenzione di disdire l’evento per dubbi sulla sicurezza – non ha alcun dubbio sull’organizzazione francese scrupolosa, sui social c’è già chi si augura l’utopico annullamento dei Giochi all’ultimo momento.
I Giochi non devono essere annullati, proprio in un mondo che ha bisogno dei valori olimpici della partecipazione, della pace, della solidarietà, del rispetto, della lealtà e dell’amicizia. L’umanità non dispone di valori alternativi per affermarsi ed esprimersi: chi vuole “vincere”, non deve basare la propria vittoria sull’odio, sull’intolleranza, e sull’espulsione dell’altro. Questa idea, negli ultimi tempi è stata messa da parte sempre di più a livello politico, economico, sociale, e si diffonde una mentalità secondo la quale più che “vincere” importa che “qualcuno perda”. Contro queste tendenze che ci portano sempre più verso una “cancel culture”, l’idea olimpica insegna che anche nella competizione si è sempre uniti nella comune umanità. “Mens sana in corpore sano” vuol esprimere proprio questo: l’attività sportiva e il miglioramento dell’umanità devono andare sempre insieme, altrimenti non è sport. E proprio oggi abbiamo bisogno di tali segni di speranza nell’umanità, anche se essi – in questo momento storico – devono essere protetti dalle armi. Ma il valore dell’umanità non deve essere oscurato, proprio come la fiaccola olimpica.
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