Paolo Giaccone, il medico ucciso dalla mafia perché non si piegò alle pressioni dei boss

Paolo Giaccone, il medico ucciso dalla mafia perché non si piegò alle pressioni dei boss

Di Vittorio Bilardi

Paolo Giaccone, medico legale, era docente dell’Università di Palermo, ove insegnava antropologia Criminale alla Facoltà di Giurisprudenza ed era professore ordinario di Medicina legale presso la Facoltà di Medicina. Fu assassinato dalla mafia l’11 agosto 1982 alle ore 08.00 del mattino, dopo avere posteggiato la sua autovettura nei viali del Policlinico Universitario di Palermo e precisamente davanti l’Istituto di Medicina Legale che dirigeva con la professionalità che lo contraddistingueva.

Fu raggiunto da due killer e ucciso con 5 colpi di pistola. Giaccone era esperto di balistica, tossicologia ed ematologia forense, criminologia, tanatologia, analisi dei “guanti di paraffina”. Per tali competenze fu per molti anni consulente delle istituzioni giudiziarie. Svolse le perizie e le autopsie su personaggi illustri uccisi per mano mafiosa, come il presidente della Regione siciliana Piersanti Mattarella, l’onorevole Michele Reina, il colonnello dei carabinieri Giuseppe Russo, il capitano Emanuele Basile, il procuratore Gaetano Costa, il giudice Cesare Terranova, il maresciallo Lenin Mancuso, il giornalista Mario Francese. Come consulente del Tribunale di Palermo, aveva ricevuto l’incarico di esaminare un’impronta digitale lasciata dai killer della “Strage di Natale”, che il 25 dicembre 1981 avevano scatenato una sparatoria tra le vie di Bagheria, causando quattro morti.

L’impronta, identificata da Giaccone, apparteneva a Giuseppe Marchese, nipote di Filippo Marchese, il boss palermitano di Corso dei Mille, e rappresentava l’unico elemento decisivo per provare la colpevolezza degli assassini. Il medico legale iniziò a ricevere, da parte dell’avvocato di Marchese, numerose pressioni e minacce per indurlo a manomettere le conclusioni della perizia dattiloscopica, che rifiutò decisamente. Per questo motivo, Paolo Giaccone, pagò con la vita la scelta di non modificare la perizia che incastrava il mafioso. Scelse di onorare la sua professione e l’incarico che aveva ricevuto dalla Procura. Una scelta – dall’altissimo valore morale, come quella di un altro medico, Sebastiano Bosio – che gli costò il prezzo più alto.

L’avvocato di Giuseppe Marchese venne arrestato per le minacce indirizzate più volte al medico. Marchese fu condannato all’ergastolo. Salvatore Rotolo, l’esecutore materiale dell’omicidio del medico legale, venne condannato all’ergastolo al primo maxiprocesso a Cosa Nostra. Come mandanti furono indicati Totò Riina, Bernardo Provenzano, Francesco Madonia, Michele Greco ed altri. Giaccone fu un eroe silenzioso. Figura esemplare per la sua fermezza nel respingere pressioni mafiose sulla sua attività di medico legale, in coerenza con lo stile di grande correttezza della sua vita, rientra nel novero di quanti hanno testimoniato, a costo di qualsiasi rischio, la dignità personale e quella della società di fronte alla protervia della prepotenza mafiosa. Il messaggio di Giaccone è una fiamma di coraggio e impegno che siamo chiamati a promuovere e da tener viva nelle nuove generazioni.

foto wikipedia

Redazione

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