8 Agosto 1956: l Il dovere di ricordare il passato e il presente di chi muore per lavorare

8 Agosto 1956: l Il dovere di ricordare il passato e il presente di chi muore per lavorare
La cerimonia di Marcinelle

La tragedia in miniera di Marcinelle

di Vittorio Bilardi

A meno di due settimane dall’affondamento dell’Andrea Doria, l’Italia fu colpita da una nuova e più grave tragedia. Nella miniera di Marcinelle (versante sud-occidentale del Belgio), nella miniera di carbone Bois du Cazier, per un errore umano, un carrello trancia un cavo elettrico e il conseguente corto circuito provoca un terribile incendio, sviluppandosi inizialmente nel condotto d’entrata d’aria principale, ove si riempì di fumo tutto l’impianto sotterraneo. A 975 metri di profondità si scatena l’inferno e ogni tentativo dei soccorritori risulterà vano. Perdono la vita 262 operai (su 275 del personale complessivo), molti nel tentativo disperato di mettersi in salvo tra vie di fuga impossibili. I morti sono di varie nazionalità (belgi, greci, polacchi, ungheresi, etc.) ma in maggioranza italiani (ben 136). L’incidente è il terzo per numero di vittime tra gli immigrati italiani all’estero dopo i disastri di Monongah e di Dawson.

Emigranti da ogni parte del Bel Paese in cerca di lavoro, avevano trovato qui la loro risposta, nell’ambito di un accordo italo-belga che in cambio di manodopera (carente nel paese fiammingo) impegnava l’Italia a importare il carbone estratto a Marcinelle. Mesi e mesi occorreranno per estrarre i corpi intrappolati in cunicoli e gallerie a diversi metri di profondità (l’ultimo sarà recuperato nel dicembre del 1957). I risultati della commissione d’inchiesta e del successivo processo saranno caratterizzati da omissioni e imprecisioni, al centro di aspre e lunghe polemiche tra le comunità italiana e belga. Parte della verità verrà a galla più tardi, ponendo l’accento sulle condizioni di sicurezza precarie della miniera, sfruttata in maniera crescente dal 1822. Un aspetto eclatante, all’origine della tragedia, scoperto in seguito: il cavo dell’olio correva vicinissimo a quello elettrico e questo avrebbe favorito il diffondersi delle fiamme in tutta la miniera. La tragedia della miniera di carbone di Marcienelle è soprattutto una tragedia degli italiani immigrati in Belgio nel dopoguerra.

Tra il 1946 e il 1956 più di 140mila italiani varcarono le Alpi per andare a lavorare nelle miniere di carbone della Vallonia. Era il prezzo di un accordo tra Italia e Belgio che prevedeva un gigantesco baratto: l’Italia doveva inviare in Belgio 2mila uomini a settimana e, in cambio dell’afflusso di braccia, Bruxelles si impegnava a fornire a Roma 200 chilogrammi di carbone al giorno per ogni minatore. Nel 2006, nel cinquantesimo anniversario della tragedia, il Presidente della Repubblica Napolitano, dichiarò: “La memoria di quegli eroi del lavoro costituisce al tempo stesso un esempio ed un monito per le generazioni presenti e future: l’esempio dell’impegno e del sacrificio, grazie ai quali si poté ricostruire, dalle macerie dell’Europa post-bellica, una società più giusta; il monito a vegliare affinché il lavoro di tutti venga sempre ed in ogni luogo rispettato e protetto, così che mai più si verifichino in futuro eventi tanto funesti”. Oggi la miniera, che fa parte dei patrimoni storici dell’UNESCO, è luogo della memoria che ricorda quei tragici momenti nonché un museo sulla storia dell’attività estrattiva e dell’industria.

Redazione

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