L’uomo e il pianeta. Una relazione che sa di ecologia

L’uomo e il pianeta. Una relazione che sa di ecologia

di Francesca Girardi

 “Il ragazzo che catturò il vento” (2019) è il film che racconta la storia di William Kamkwamba, quattordicenne che riuscì a realizzare un mulino a vento permettendo al suo villaggio di sopravvivere e salvarsi dalla carestia. Una storia di relazione tra uomo, natura, di ascolto tra ciò che c’è e ciò che si percepisce, perché osservare e ascoltare sono due azioni complementari all’ingegno. William osserva dai libri di scienze, in particolare da “Use energy”, riflette, si scontra con il muro di sfiducia e di “mancata fiducia” che spesso gli si para dinnanzi, ma lo scavalca e va oltre. Ascolta il proprio sentire, ascolta le voci di coloro che, sebbene non comprendano appieno la sua intenzione, in qualche modo vogliono aiutarlo e supportare il suo intuito geniale. Una vecchia ruota di bici, una vecchia batteria, una torretta di legno costruita con pali di fortuna, sono gli strumenti che animano la soluzione che William ha chiara in sé. Un racconto e uno dei tantissimi esempi che potremmo fare su come uomo e natura hanno interagito, interagiscono, e quanto questa relazione permetta oggi di superare difficoltà.

Si parla di cambiamento climatico, di danni che sono il risultato di azioni umane che hanno osservato e ascoltato solo in parte i cambiamenti che potrebbero appartenere al “naturale” evolvere della vita in generale, non solo di quella umana. Se poc’anzi le righe annotano un resoconto positivo di un‘evoluzione che ha portato beneficio, molte sono le pagine che mostrano un’altra trama.

Il termine trama non è casuale, infatti proprio dal pianeta e dall’uomo l’autore Frank Schätzing ha tratto spunto per il libro “Nelle nostre mani”. Perché il futuro della Terra dipende da ognuno di noi, così si legge nel sottotitolo in copertina e nel risvolto della stessa Schätzing afferma che la sua intenzione di scrivere un thriller ha incontrato la realtà della quale ognuno di noi non è né lettore, né autore, bensì protagonista. Di chi è la colpa di questi intrecci carichi di suspance, di batticuori e di paure? Lo scrittore ci guida nella narrazione dove siamo protagonisti, e per lui lo siamo alla stregua anche degli eroi. C’è allora una soluzione? Potrebbe essere nella consapevolezza quotidiana di ogni gesto. William non è stato immobile dinnanzi alla carestia, ha saputo trarre risorsa dall’ambiente nel quale avrebbe potuto osservare solo aridità, arsura e invece ha ascoltato e seguito quel “benefico movimento”, il vento appunto. Schätzing sostiene, tuttavia, che continuare a cercare di rimodellare il pianeta potrebbe non essere una soluzione saggia.

La vita è evoluzione ed è anche il continuo movimento di rimodellarlo in base alle necessità delle diverse specie, e noi uomini non siamo estranei a ciò. C’è, però, una differenza con tutte le diverse specie, includendo quelle più remote come i microorganismi, gli anfibi, i cianobatteri e via dicendo: l’uomo ha la possibilità e la capacità di riflettere sulle proprie azioni. Una riflessione che Schätzing non descrive come “mea culpa”, bensì come la possibilità di sfruttare creativamente il proprio ruolo di responsabilità all’interno di questo enorme cambiamento climatico. Esemplificativa, molto profonda e per nulla banale, la riflessione che si incontra nelle pagine riguardo al consumo di carne e a quello che l’autore riporta come accordo bilaterale tra il palato e la mente a beneficio dell’ambiente e della nostra salute. È necessario mangiare carne tutti i giorni oppure è bene limitarla e assumerne di qualità? Un richiamo a cercare di controllare, ad esempio, l’istinto e vedere che un animale è una creatura vivente e non solo mera risorsa da sfruttare. È anche una questione di rispetto per sè stessi e per la materia prima in sé, come segno di rispetto si cela nel rito di ringraziamento che le popolazioni indigene sono solite fare, ad esempio, per il proprio bottino di caccia. Mangiare carne, non significa nutrirsi della stessa ad libitum, bensì moderare perché nella misura c’è meno gas serra e più benessere per gli animali. Questa è una delle diverse testimonianze di come si può sviluppare il senso di responsabilità verso ciò che si mangia, verso ciò che si indossa etc…

La soluzione magica e immediata non esiste, e spunto per un’altra riflessione sulla parola “soluzione” viene da Elizabeth Kolbert che nelle pagine di “Sotto un cielo bianco. La natura del futuro” porta in luce un altro aspetto della relazione uomo-natura: l’attitudine alla continua ricerca di soluzioni. Non sempre la soluzione cancella il problema, anzi può svolgere la funzione di detonatore per nuove problematiche. Se da un lato le specie succedutesi hanno sempre rimodellato per trovare riposte alle loro esigenze, dall’altro la continua ricerca di soluzione non sempre permette di osservare e di ascoltare l’eco di quell’azione nel futuro.

Cambiamento climatico, uomo, pianeta, relazione. In fin dei conti Gregory Bateson, parlava così riguardo all’ecologia delle mente: “…ci sono vari tipi di cose che circolano nella testa e nel comportamento… e nello stare con gli altri… e andare su e giù per le montagne, e ammalarsi e poi guarire e tutto ciò. Tutto è collegato e di fatto costituisce una rete, ed avete quel genere di groviglio complicato, vivente, in parte conflittuale, in parte cooperante, che trovate su quelle montagne, con gli alberi, con le piante e gli animali che ci vivono, di fatto un’ecologia ”*.

*cit.  video documentario “ A Daughter’s Portrait of Gregory Bateson” di Nora Bateson.

Redazione

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