Il Cremlino non esclude un incontro con Zelensky  

Il Cremlino non esclude un incontro con Zelensky   
Un giorno la carota e quello dopo il bastone. La diplomazia dovrebbe essere sinonimo di equilibrio ed invece dal 24 febbraio appare sempre più schizofrenica. Due giorni fa il Cremlino definiva “ragionevole” la decisione americana di non inviare nuovi armamenti a lungo raggio per evitare che Kiev potesse colpire il nemico sul proprio territorio. Sembrava l’inizio di una possibile de-escalation quanto meno verbale ed invece quarantotto ore dopo arriva l’affondo, pesante, del ministro degli Esteri.
“I lanciarazzi multipli alle forze ucraine” rappresentano, secondo Sergey Lavrov, una “provocazione diretta” che segna un ulteriore “coinvolgimento” Usa “nel conflitto”.
Parole forti che gettano ulteriore benzina sul fuoco nonostante il tentativo, da Washington, di rasserenare gli animi. “Non cerchiamo una guerra tra Nato e Russia – ha scritto Joe Biden nel suo editoriale odierno sul New York Times – e per quanto non sia d’accordo con Putin e trovi le sue azioni un oltraggio, gli Stati Uniti non cercheranno di rovesciarlo”. Un cambio di rotta significativo dopo che lo stesso inquilino della Casa Bianca, qualche settimana fa, aveva ipotizzato come obiettivo un “regime change” a Mosca.
Il presidente americano, nel suo scritto sul quotidiano newyorkese, ha comunque manifestato l’intenzione di continuare “a rafforzare il fianco orientale della Nato con forze e capacità degli Stati Uniti e di altri alleati” e questa sottolineatura alimenterà ulteriori preoccupazioni al Cremlino.
Quanto alle nuove attrezzature in arrivo in Ucraina da Oltreoceano ci ha pensato un funzionario del governo a stelle e strisce a chiarire che si tratterà di missili M142 Himars, in grado di colpire fino a 80 chilometri di distanza. Lo scopo, in una fase del conflitto in cui i russi stanno occupando nuove posizioni in Donbass, è di ritardare il più possibile la presa di Severodonetsk, in parte già occupata da Mosca con l’appoggio dei separatisti e dei ceceni, e soprattutto di Lysychansk e Kramatorsk, gli altri obiettivi nella regione.
Putin punta a conquistare entro un mese entrambe le province di Donetsk e Lugansk e a sedersi in estate al tavolo delle trattative da una posizione di forza; le nuove armi dovrebbero permettere all’Ucraina di evitare la capitolazione.
E mentre sul grano non c’è ancora nessun accordo per consentire alle navi di lasciare i porti sul Mar Nero, nel pomeriggio la Russia non ha escluso a priori la possibilità di un incontro fra il leader di Mosca e l’omologo di Kiev purché ci sia la volontà di firmare qualche documento. Non una chiacchierata a Istanbul ma un atto concreto, che naturalmente deve essere preparato in anticipo dai rispettivi entourage.
E per ora non sembra che i negoziatori russi e ucraini stiano andando in questa direzione. Sempre Putin, nella giornata internazionale per la protezione dei bambini, ha lanciato un messaggio alle giovani generazioni del suo Paese: “La Russia non potrà che aumentare la sua forza, indipendenza e sovranità”.
Propaganda ad uso interno che però si riflette sul campo e non aiuta ad allentare la tensione. Infine, dal fronte è giunta in serata la notizia del ferimento, in Donbass, di Denis Pushilin, leader dell’autoproclamata Repubblica di Donetsk. Non ci sono altri particolari e non sono ancora chiare le dinamiche del fatto.

(ITALPRESS)

Redazione Radici

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