E’ ora, preghiamo fratello

E’ ora, preghiamo fratello

Racconto 14 p.

di Yari Lepre Marrani

“Cristo!!Noooooo!!!!!!!” gridai cadendo dal letto e aprendo gli occhi rotanti sul pavimento in parquet della mia stanza in preda all’incubo, agitando le braccia convulsamente e muovendomi con tutto il corpo quando vidi il boia che mi stava per colpire il braccio. Devastato dal terrore e dall’allucinazione mi sedetti dopo aver gridato, rivoli di sudore cadevano dalla mia fronte e le mie braccia tremavano per l’inenarrabile spavento. Rabbrividendo dall’orrore con il capo che protesi in avanti come una giraffa e strabuzzando gli occhi mi guardai attorno: ero nella mia camera da letto, seduto sul pavimento marrone in parquet e innanzi a me c’era il mio tavolino con sopra il mio pc e a sinistra l’ingresso del mio bagno.

Non stavo per morire, ero a casa in una serata dal cielo limpido di stelle. “Che succede?!!Cos’hai?!!” mi gridò Susan chiusa nel bagno mentre, a fatica, riprendevo i sensi e, ruotando bene gli occhi sulla visuale che mi circondava, ancora avvinto dal più raccapricciante terrore, realizzai che ero nella mia stanza e non sul palco del boia incappucciato! Ancora seduto e fisso nei movimenti, fui leggermente rasserenato dalla soffusa luce che la minuta lampada posta sul mio tavolino emanava su di esso; mi girai: vidi il mio letto e la finestra che dava sul cortile. Ero a terra, sul parquet, con la camicia bianca sbottonata, lercio di sudore che bagnava il mio corpo dalla fronte ai piedi ed i suoi rivoli scendevano abbondantemente sino al mento. “Che diavolo succede?! Perché hai gridato così?!!” mi ripetè ad alta voce Susan chiusa nel nostro bagno. Dovevo risponderle anche se sapevo bene cosa stava facendo, in quel bagno. “Niente…niente! Tutto ok!! Ho avuto …un incubo o…un allucinazione! Ma adesso è ok!Lasciami in pace!” e Susan non disse più niente.

Si, doveva esser stato un incubo o un’allucinazione ma delle più orripilanti. Il cuore mi batteva come un dannato, ero tuttora in balia dell’irreale, dei boia, delle ruote ferrate, del carro con i buoi, della cella pregna di sorci, del più inarrestabile ed efferato sogno che avessi mai fatto. O doveva trattarsi di un’allucinazione ma così vivida e reale che il mio cuore non si placava e dovetti portarmi la mani alla testa per non trasalire. Risvegliatomi in tempo prima che il boia mi spaccasse il braccio presi coscienza che ero nella mia stanza, sicuro e salvo, che non stavo per morire, che non mi stavano per massacrare o trucidare. Con le mani tra i capelli lanciai una risatina isterica che adombrava l’angoscia nella quale ero precipitato e il mio cuore iniziò a rallentare quando realizzai pienamente che l’incubo era cessato, che ero vivo e sarei continuato ad esserlo.

Udii il ticchettio incessante delle lancette del mio orologio appeso al muro sopra il tavolino: erano le 1.30 di notte. Lo fissai a lungo prima di alzarmi da quella posizione dannata, a terra, pensando ad un altro orologio che poco prima avevo visto segnare la mia corsa verso la morte. Era stato un incubo o un’allucinazione ma quanto di peggio si possa immaginare, non c’erano umane parole che potessero tracciare ciò che avevo provato. “Dio ti ringrazio!!” mi bisbigliai a voce bassa mentre riacquistavo padronanza di me. Ancora mi sentivo, nudo, sul palco della ruota e, rialzandomi dal pavimento, ebbi dei tremiti alle gambe ed un generale senso di freddo al corpo, come nell’incubo quand’ero nudo al vento e alla tempesta, prossimo ad essere spaccato. Era stato tutto così tragicamente realistico, vivido, acuto che quando mi ritrovai ad aprir gli occhi sulla vita pensavo che in realtà fossi già morto e non al sicuro, nella mia stanza.

Mi alzai, mi sedetti sul bordo del materasso mentre Susan era chiusa nel bagno. Ancora sentivo le grida di quella folla contro di me, maledirmi e inveire per la mia morte. Era notte fonda e, riprendendomi da quell’orrore, sul letto, guardai il mio comodino e capii cosa doveva avermi prodotto quella pazzesca allucinazione, perché non si può usare un differente aggettivo quando senti la morte così viva di fronte a te e…stai solo sognando e sei in un delirio allucinatorio. La mia abitudine a farmi e bucarmi verso sera tardi la dovevo cambiare. Di giorno non mi era mai capitato di abusare di sostanze, di drogarmi beato per poi cadere nell’incubo della follia, del dolore, della morte. Pazzesco!! Forse…dovevo andarci piano con quella roba, con quelle sostanze, con le pasticche. E anche Susan. Guardai il comodino accanto al letto. C’era di tutto: ecstasy , anfetamine, mescalina, LSD e una siringa ancora gocciolante accanto al laccio emostatico. Non mi ero ripreso del tutto, ero ancora in balia dell’ossessione.

Segue…

Yari Lepre Marrani

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