E’ ora, preghiamo fratello

E’ ora, preghiamo fratello

Racconto 12 p.

di Yari Lepre Marrani

Sceso dal carro, iniziai a piangere ma questa volta non per la disperazione ma per l’improvvisa, miracolosa gioia, portai le mani alla faccia, lanciai dei commossi singhiozzi ma soprattutto ringrazia Iddio per avermi salvato dal supplizio; in quei momenti quasi svenni dall’emozione di salvezza che mi pervadeva e, nel pianto quasi isterico, uno dei due frati mi sorresse dal non cadere a terra, fradicio, traumatizzato ma felice. E guardai all’orizzonte e vidi una lunga piana di spighe e grano che si alternava ad una campagna brulla in fondo alla quale c’erano delle case, un campanile su cui incombeva un cielo ancora livido e minaccioso. Ero salvo!! Ma dopo pochi minuti dalla mia discesa dal carro udii un altro rombo di zoccoli di un altro cavallo e mi voltai subitaneamente a destra, cioè indietro, verso l’orizzonte rurale che precedeva la mia prigione.

E dalla campagna circostante la via del calvario ecco sopraggiungere di gran carriera un altro cavaliere, similare agli altri due, anch’egli con un pezzo di carta in mano ed un espressione fredda e professionale. Tremai quando lo vidi. Raggiunse, al galoppo, il carro da dove ero appena sceso. Si fermò fissando i miei occhi stremati con i suoi azzurri e glaciali poi guardò il boia e con voce tonante, quasi metallica disse “Si fermi subito! Ho tra le mani l’avvenuta decretazione del Presidente del Comitato di Giustizia, Ecc.mo Dott. Scirone, con la quale egli conferma l’esecuzione del prigioniero per oggi e ne ordina l’immediata sua prosecuzione. Qualsiasi altra comunicazione da voi precedentemente ricevuta è da considerarsi nulla…mi riferisco al decreto del Dott. Sinis, ovviamente.

Legga lei stesso!”. Avevo già i piedi  fuori dal carro sospesi nel limbo della ritrovata vita quando quest’ultimo colpo falcidiava la mia persona come una lama rovente ti taglia braccia e gambe. E guardai pietosamente il boia prendere in mano quest’altro infernale foglio, sentivo che il cielo incolore sopra di me ricominciava a gettar goccioline di pioggia che mi bagnarono il viso. Non svenni neanche in quel momento ma, nelle condizioni in cui ero, avrei preferito non esistere più che dover patire tali strazi all’arbitrio del sadismo di quei signori che inviavano i loro sgherri a decider della mia sorte. “Ho letto.

Prima un decreto, poi l’altro. Non ho parole!” “Il suo compito non è l’avere o non avere parole, lei prende ordini e sulla base di essi esegue. Lei è pagato per  suppliziare non per decidere la sorte dei condannati. Evitiamo polemiche. Il dott  Scirone ha subito annullato il decreto del dott Sinis pertanto l’esecuzione continua. Il dott Scirone ha annullato la commutazione della pena. Non perdiamo altro tempo!!” disse, spezzante, quell’ultimo diabolico cavaliere dagli occhi di ghiaccio al boia che aveva osato dire la sua. “E sia!! Prendo atto dell’ordine del dott. Scirone. Si riprenda….si prosegua con l’esecuzione!” e mentre, con il cuore fuori dal petto e la mente ormai allucinata ancora miravo verso la sperata salvezza, non riuscii a capacitarmi di quanto avevo sentito e si bloccò ogni mio arto. Il boia sempre più incazzato mi prese a forza per il corpo e la testa e mi trascinò come immondizia nuovamente sulla sedia e le nuvole, prima rasserenate, riesplodevano nel fragore di un nuovo temporale. Gridai “Male..det..tiiii!” con le ultime risorse delle mie corde vocali ancora attive. Non c’era limite al loro sadismo che superò le vette irraggiungibili della più bestiale  malvagità. Il boia mi diede uno schiaffone al mio grido, mi legò rabbioso per la seconda volta alla sedia stringendomi bene per il collo e le gambe con i lacci scuri ed io rividi d’obbligo la piazza innanzi a me, ormai sempre più vicina, che per un attimo mi ero illuso di evitare. Quasi mi assopii mentre il carro ripartiva ancor più spedito con le vacche che muggivano e la luce bluastra dei fulmini saettanti lanciava lumi sulla piazza del supplizio.

Orrore, questa la parola che sentii mordermi la pelle, la carne, mentre le vacche trascinavano il carro verso la piazza e la folla, ancor più eccitata dalla ripresa dell’esecuzione, riprese a sollazzarsi con le sue grida, le sue maledizioni, la sua furia da toro impazzito. Abbandonata ogni speranza di salvezza riuscii a guardare avanti, verso la piazza dalla quale ci separavano ormai pochi metri. Vidi quel palo alto su cui era stata incastonata, alla cima,  una grande ruota ferrata con i suoi lunghi raggi. Vidi diversi uomini coperti da cappucci sempre neri che giravano attorno alla ruota e quegli esserini strani, minuti che ora compresi essere non fanciulli ma biechi nani, coadiuvavano i primi nei loro compiti.

Sarei stato giustiziato con il supplizio della ruota! Il boia frustò violentemente le vacche perché si sbrigassero. Ormai a 100 metri dalla piazza vidi quegli uomini e quei nani adoperarsi per sistemare la ruota: la spostarono e l’appoggiarono a terra, poi misero due scale sul palo e rispostarono la ruota rimettendola nella posizione in cui era prima. Tutti indaffarati, sembravano silenziose e infernali formiche che si adoperano per procacciarsi il cibo. E il carro superò due anguste casette per poi giungere nel cuore della piazza dove, d’improvviso, si fermò.

Segue…

Yari Lepre Marrani

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