Nel disordine mondiale non si dialoga più e la libertà è in pericolo
Quanto è accaduto e sta accadendo in questi giorni, è la riprova di una crisi geopolitica di cui purtroppo non conosciamo gli esiti ma che si preannuncia lunga e di difficile soluzione.
Solo negli anni ’30 del secolo scorso il mondo si è trovato a dover affrontare una crisi come quella di oggi, perché anche se l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia e l’attacco di Hamas agli insediamenti israeliani nella striscia di Gaza, sono state scatenate per ragioni diverse, entrambe si inseriscono in una situazione di debolezza del sistema geopolitico esistente e nella sua crisi di legittimità.
Sono guerre localizzate che vedono i loro protagonisti riaprire dossier mai risolti, ma sono anche il segno ben visibile di un mondo frammentato, diviso in blocchi contrapposti che, anziché dialogare tra loro, preferiscono combattersi con un costo in termini umani, immenso.
L’ordine internazionale, fortemente voluto dall’America all’indomani della fine della Seconda Guerra Mondiale, fondato su libertà e regole da osservare, rischia il tracollo e, come sempre accade in tempo di crisi, le forze più oscure e recalcitranti ad accettare regole e libertà si sono mobilitate e coordinate per imporsi con la forza delle armi, indifferenti a lutti e rovine pur di creare equilibri nuovi a loro favorevoli.
L’aggressione russa all’Ucraina di quasi venti mesi fa e la guerra scatenata da Hamas nella striscia di Gaza, oltre a ridare forza e vigore a despoti e terroristi, sono il più forte e drammatico richiamo agli Stati Uniti e all’Europa perché cessino gli attacchi alle democrazie, moltiplicatisi negli ultimi tempi, e si smetta di tergiversare tra incertezze e divisioni.
Si potrebbe obiettare che ogni crisi ha le sue specificità, ma quello che accade oggi appare diverso per genesi e sviluppo, nel senso che i conflitti in essere e quelli in fieri sono strettamente legati tra loro, un po’ perché i dittatori, despoti a tutti gli effetti, cercano di massimizzare le opportunità che hanno di aumentare il loro potere all’interno del disordine globale, un po’ perché coordinandosi tra loro, come già detto, possono far crollare il sistema internazionale nato dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, un po’ perché vedono la possibilità di realizzare le proprie ambizioni che poco hanno a che fare con il benessere del loro Paese, molto con il loro.
Di riflesso anche le istituzioni internazionali sono in grande affanno e l’impressione generale è che stia andando a pezzi una buona parte di quel sistema che nel dopoguerra ha cercato di governare il mondo, nel bene o nel male, allontanando il più possibile il pericolo di una Terza Guerra Mondiale, visto il proliferare delle armi nucleari, di cui diversi Paesi, oggi, sono in possesso.
Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite non è più in grado di prendere alcuna decisione per i continui veti di Mosca e Pechino. All’Assemblea Generale dell’Onu, tenutasi poco tempo fa, mancavano molti leaders importanti e il Fondo monetario internazionale e la Banca Mondiale hanno sempre più difficoltà ad erogare fondi di sostentamento a Paesi con importanti crisi finanziarie, un po’ per le divisioni politiche tra i diversi governi, un po’ per il comportamento della Cina, ai limiti delle regole.
Gli Stati Uniti sono anche loro responsabili di quanto accade, perché non garantiscono più il rispetto delle norme che regolano gli scambi commerciali e non favoriscono, come avrebbero fatto in altri tempi, l’apertura dei Paesi più produttivi al commercio mondiale.
L’impressione di molti è che proprio gli States, garanti dell’ordine mondiale dopo la fine della guerra fredda, siano in grosse difficoltà, specie dopo il periodo trumpiano, divisivo come non mai, e abbiano bisogno di rivedere la loro politica, sia interna che estera, perché quello che sta accadendo in questi giorni è segno della crisi in cui versano le democrazie occidentali. E soprattutto il Paese che ne è al centro, cioè gli Stati Uniti.
Angela Casilli