La Storia è maestra di vita: i popoli sono più forti dei cattivi governanti

La Storia è maestra di vita: i popoli sono più forti dei cattivi governanti

Editoriale a cura di Yari Lepre Marrani

La Rivoluzione Francese, evento storico che ha segnato il passaggio dalla modernità alla contemporaneità, al di là delle infinite interpretazioni che di essa gli storici hanno dato o degli insegnamenti che da essa gli uomini hanno tratto, è stato lo sviluppo sociale, politico e naturale di eventi e contingenze storico-sociali nefaste per il popolo che l’ha scatenata. Ogni rivoluzione generata dal basso(dalle masse sofferenti e inferocite) è il culmine di una tribolazione, un malessere sociale accumulatosi come lava sul cratere ferito dei popoli che, all’estremo, si cosparge furiosamente demolendo il potere costituito che non ha saputo interpretare o veicolare il disagio montante di cui esso stesso è stata causa.

Osservando le rivoluzioni moderne in un arco temporale che dal 1789 giunge sino al 2023, sono i popoli a dover prendere redini e guida del cambiamento perché, come storicamente dimostrato, i popoli uniti nel nobile obiettivo di una rinascita,i cittadini congiunti sino a divenire un’incudine ferrea la cui punta luccica d’intelligenza, sono più forti dei governanti. E’ avvenuto così nella storia politica ma, ancor prima, nella storia religiosa della Chiesa di Roma al principio del XVI secolo: la Rivoluzione Francese non è stata altro che traduzione politica della precedente rivoluzione protestante.

Come quest’ultima ha levato testa e cuore verso la corruzione arbitraria del clero romano, così la seconda ha tradotto politicamente quel vento battente di protesta contro l’assolutismo politico: entrambe hanno incarnato la reazione del popolo verso un sistema corrotto, politico o religioso che fosse, attraverso l’eroico impeto del coraggio innanzi al cambiamento anziché la genuflessione alla corruzione nel seno della codardia e dell’accettazione di cattivi regimi, politici o religiosi.

La rivoluzione protestante ha gridato contro l’assolutismo e la corruzione clericale della Chiesa di Roma, la rivoluzione francese ha gridato contro l’assolutismo e la corruzione regi. Dal basso, i moti che incarnavano una tremenda protesta contenente un tremendo disagio hanno dimostrato la forza dei protestanti e, con loro, la potenza inarrivabile del popolo verso il potere corrotto, potenza di fede religiosa o politica. E’ stata la fede che spinse il frate agostiniano Lutero a giudicare la cristianità d’Europa, pulsante di reali esempi di ardente sollecitudine e fratellanza cristiana, minacciata da chi deteneva le redini morali, politiche e religiose della sua dottrina e, con esse, esternava il suo potere a raggiera sull’l’Europa cristiana: un potere che condizionava le menti prima ancora dei cuori, divenuto, con gli ultimi papi a cavallo tra il XV e il XVI secolo, figlio e fonte di ogni corruzione.

Allo zenit della corruzione, la vendita delle indulgenze(la possibilità di “acquistare” il beneplacito divino attraverso la compravendita delle indulgenze)arse la fiamma di spirito del famoso frate e quest’ultimo, aggrappandosi alle Sacre Scritture come ancora di salvezza in un oceano di spirituale desolazione proveniente da chi rappresentava il potere spirituale, espose le sue 95 tesi a Wittemberg contro la Chiesa di RomaFu un terremoto nella cristianità che aprì un fosso tra la il corrotto magistero del clero romano e i fedeli d’Europa, a partire dalla Germania, dove l’affissione delle 95 tesi(la Discussione sulla dichiarazione del potere delle indulgenze), siano esse state affisse o spedite ai principali vescovi tedeschi, segnarono l’inizio della Rivoluzione o Riforma protestante: Lutero, nel corso della dieta di Worms(1521), presieduta dal sacro romano imperatore Carlo V, non volle abiurare la sua protesta abiurando le sue tesi. Innanzi alla sua tenacia morale e agli spasimi della sua fedeltà ad un ideale, nacque la rivoluzione religiosa che spezzò la pretesa supremazia della Chiesa di Roma come depositaria della dottrina cristiana, unica e intangibile.

Un primo esempio dell’inarrivabile potenza del popolo innanzi alla depravazione di uno Stato: in questo caso, del popolo di Dio innanzi alla tirannide papale ed ecclesiastica di Roma. La traduzione politica di questo evento, la rivoluzione francese, non fece che tradurre politicamente la legittima ribellione del terzo e quarto stato innanzi ai privilegi della nobiltà e del clero francese, i quali, escludendo un’intera classe(borghesia) dalla partecipazione al potere nel contesto di massima espressione dell’assolutismo regio, determinarono la protesta fatale, seguito della catastrofica situazione finanziaria che quel sistema aveva prodotto in Francia: i vari direttori della Finanza regia ante 1789, Necker, Calonne, Brienne e ancora Necker, non poterono più porvi rimedio. Il Re “assoluto”, legge vivente incarnata nell’espressione Lex Rex, il clero e l’aristocrazia, progressivamente, crollarono innanzi all’appuntamento con la Storia che richiedeva libertà e uguaglianza invece che sudditanza della borghesia.

Quest’ultima non volle più una compartecipazione al potere monarchico ma finì per sradicarlo con l’impetuosità propria del popolo sottomesso ed escluso innanzi all’ingiustizia dei privilegi nobiliari e della propria realtà economica drammatica, effetti dell’Ancien Regime e di condizioni finanziarie disastrose .

Il Risorgimento italiano, benché sia tutt’ora indecifrato il suo principio, la sua genesi, nacque e si sviluppò, comunque, dalla coscienza risvegliata del popolo italiano diviso,occupato dalle truppe francesi prima e dalle armate di Bonaparte poi e palesò il suo germe nascente già durante l’impero napoleonico prima di farsi coscienza più sentita dagli italiani a seguito della Restaurazione. Il Risorgimento non fu un evento storico nato solo da questa coscienza nobile poiché i principali patrioti e pensatori che ne furono protagonisti finirono per scegliere di appoggiarsi al potere costituito dei Savoia per l’insurrezione contro il tallone austriaco,la costruzione bellica e diplomatica dello Stato unitario sino all’Unità d’Italia.

C’è però un dato da non sottovalutare: anche l’epopea risorgimentale è stata corredata dalla presenza del popolo anche se quest’ultimo, nelle condizioni di arretratezza e ignoranza dei primi decenni del XIX, ben poco avrebbe potuto per la grande causa di indipendenza nazionale. Le rivoluzioni moderne portano con se un effetto costante che le completa o rappresenta: la nascita delle società segrete, di un universo clandestino e sotterraneo il quale, come la Storia dimostra, può agire per la democrazia o per l’arrivismo ma è sempre figlio di un epoca di sconvolgimenti storici enormi ai quali uomini e gruppi reagiscono non solo in prima linea ma anche nella segretezza della cospirazione dove la rivoluzione si cangia, si sviluppa o si espande.

Le rivoluzioni portano alla nascita di universi paralleli chiamati sette, società segrete in contrasto con la rivoluzione stessa o, nel più idealmente nobile dei casi, decise a far risvegliare una rivoluzione finita o tradita, coperta dall’inversione dei movimenti popolari attraverso il ritorno allo status quo ante. Bonaparte, traditore, erede o esecutore testamentario della Rivoluzione francese, compare all’epoca del potere del Direttorio(1795-1799) quando la Rivoluzione borghese e repubblicana calava sotto l’avanzare di un regime nuovo che porterà al primo impero e alla Restaurazione.

E’ in queste contingenze di tradimenti popolari o reflussi storici che emerge la forza delle società segrete indipendentemente dai risultati ch’esse raggiungono. In esse trovano rifugio, speranza e motivo d’azione quelle risorse popolari che, non potendo più agire palesemente nel gioco politico dello Stato, lavorano nella clandestinità imposta dalle circostanze. Uno degli esempi più celebri è la Carboneria, figlia delle contraddizioni che ha portato la rivoluzione nel suo affermarsi e cangiarsi. La Carboneria, come le sette che l’hanno ispirata, è stata acme e simbolo di una volontà sotterranea di cambiamento che trionfò sulle precedenti società segrete grazie alla sua assenza di un’ideologia concreta e alla capacità di adattarsi agli umori politici e sociali delle aree geografiche in cui si sviluppò.

Il generale francese Joseph Briot, repubblicano convinto,inviato a Napoli al seguito di Giuseppe Bonaparte(1806) e poi, come prefetto, a Chieti e Cosenza, ne fu, forse, il fondatore anche se mancano documenti certi della sua nascita. Briot, membro di una confraternita di charbonniers(carbonai) che si chiamavamo, tra loro, cugini o buoni cugini, portò in Italia le idee repubblicane e democratiche compromesse attraverso lo spirito della setta stessa che traeva, dalla leggenda della foresta e di Teobaldo parte della sua struttura e tradizione. La Carboneria italiana nacque da questi eventi e prova ne è il nome dello stesso santo protettore della setta in Italia, Teobaldo. Priva di un’ideologia, palcoscenico occulto di puro idealismo o puro arrivismo, fu comunque generata da una volontà repubblicana e riformatrice.

La Carboneria, al di là del suo ruolo nella genesi del Risorgimento e del tenebroso alone di truculento mistero che la circondava, come ben riportato da uno scritto stampato anonimo in Inghilterra, le “Memorie sulle società segrete e sui carbonai”, fu, come le sette precedenti, l’emblema di una volontà di compartecipazione e riscatto, diversi a seconda delle latitudini e dei popoli e conseguenti approcci diversi al momento storico e differenti scopi; fu fonte di autentici martiri e non solo di spregiudicati arrivisti. Se al suo interno ci furono veri martiri e veri patrioti, l’idealismo politico e sociale non le era certo estraneo.

Le società segrete furono un monito universale delle capacità organizzative e delle volontà politiche che possono conquistare ampie fasce di popoli, menti e speranze per raggiungere obiettivi anche con la cospirazione, combattere per un ideale e far emergere la volontà popolare . Furono sempre e comunque, già in virtù della loro genesi, figlie del popolo e di un ideale di riforma, anche se espresso, allora, clandestinamente.
Attualizzando ai giorni nostri il resoconto storico redatto, se la Storia è maestra di vita e di significati, possiamo trarre dalla precedente citazione di eventi tanto epocali quei precetti che possono essere universali pur se riferiti a realtà locali o a singoli Stati. I popoli devono e dovranno sempre unirsi in cellule locali o nazionali, non più clandestine ma aperte e vigorose, per l’affermazione dei propri interessi e diritti sociali,politici,economici. Il popolo sovrano è più forte di chi lo governa e, se mal governato, ha il sacro diritto di protestare e il santo dovere di unire le sue forze più ideali e attive per affermare le sue richieste e la sua volontà di riforma.

Costruendo singole compagini di unità popolare sarà realmente garantito e protetto il principio della sovranità popolare. I cittadini devono accorciare le distanze tra loro e i governanti perché, spesso, sono questi ultimi a crearle, alimentarle e mantenerle al fine di spezzare dolosamente il rapporto sacrale tra governanti e governati. Non dovrà più esserci realtà di un paese d’elettori d’animo passivo ma di gruppi di attivismo civile estranei ai partiti, cellule di cittadini e lavoratori(l’operaio come l’imprenditore, l’artista come l’agricoltore) uniti per plasmare un potere parallelo al potere costituito: una forza civile che, espandendosi e organizzandosi, dia verità al principio della sovranità popolare. I cittadini potranno così ribellarsi, se necessario, arrivando a costituire uno Stato nello Stato che vincoli e controlli il secondo senza indugi o timori reverenziali.

I cittadini, coscienti che occupano il piano parallelo dei governanti e non devono essere, rispetto a loro, sottomessi né afflitti da assurdi rispetti ossequiosi, dovranno unire le proprie forze di lavoratori, contribuenti e elettori per creare una forza popolare che tenga testa al potere politico pur non facendone parte. Ciò non è mai avvenuto in Italia, dove la vile coscienza maturata in decenni di politica democristiana e, successivamente, con partiti e movimenti fallimentari nella c.d “Seconda e Terza Repubblica” ha reso il popolo un gregge di pecore tenuto a bada da forze politiche basse.

I rappresentanti della politica, a destra o sinistra, accomunati dal denominatore comune dell’interesse personale contrapposto a quello generale e della codardia delle idee all’audacia delle riforme più decisive e coraggiose, avranno nei gruppi popolari di autocoscienza civile il loro più strenuo e implacabile avversario e controllo.

Yari Lepre Marrani

Redazione

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