Tra i politici che non hanno dovuto attendere l’invasione dell’Ucraina per denunciare la natura coercitiva e imperialista del regime russo c’è Achille Occhetto, ultimo segretario del Pci e autore di una svolta che ha consentito alla tradizione riformista dei comunisti italiani di non restare travolta dalle macerie del Muro.
Alla vigilia della guerra, Occhetto – 86 anni – ha pubblicato  per Guerini e Associati quello che lui definisce il suo testamento politico. Il libro si intitola “Perché non basta dirsi democratici” e nel sottotitolo, “Ecosocialismo e giustizia sociale” , suggerisce le idee-forza  che possono  rivitalizzare un dibattito  imprigionato in un eterno presente, e una politica  interessata soprattutto  a difendere e ampliare le proprie quote di potere.
In anticipo di qualche settimana sull’attualità, il libro si sofferma sui rischi che corre una comunità internazionale prevalentemente impegnata sul terreno del vecchio e miope confronto geopolitico tra le grandi potenze. Quando pensa alle alternative e parla di ecosocialismo, Occhetto intende l’incontro tra la questione ecologica e quella sociale, tra l’ambientalismo e cultura dell’uguaglianza.
Sono i valori che ispirano movimenti, centri di ricerca, milioni di giovani  che si chiamano genericamente «attivisti», la cui critica al colonialismo, al razzismo, alla distruzione dell’ambiente e, per questa via, allo stesso capitalismo non nasce in continuità con le ideologie del Novecento, bensì nel vivo di esperienze, di forme di impegno e di lotta un tempo inimmaginabili.  E che il più delle volte non si incontrano con la sinistra tradizionale, alla quale oggi il vecchio segretario chiede un’atra svolta.