“Alla fine della guerra si imporrà la Cina”

“Alla fine della guerra si imporrà la Cina”
© GREG BAKER / AFP - Un soldato cinese davanti alla città proibita a Pechino

L’analisi di Andrea Graziosi del conflitto in Ucraina in un’intervista con AGI. “Pechino si avvia a diventare un centro di potere mentre l’Occidente così come lo conosciamo è al tramonto e Mosca fallirà nel tentativo di affermarsi”

Al di là dell’imprevedibilità dell’esito finale, condizionato da eventi che cambiano repentinamente, il conflitto Mosca-Kiev delinea sin d’ora due certezze: la nascita di nuovi poli di potere, uno dei quali la Cina, e un Occidente forse profondamente diverso da quello del 1945. Vladimir Putin tenta invece la carta del Russkij mir, il mondo russo, la costruzione ideologica alla base del suo potere.

A discuterne in un lungo colloquio con l’AGI, Andrea Graziosi, docente di storia contemporanea all’ateneo Federico II di Napoli, uno dei maggiori esperti di storia sovietica e russa moderna e contemporanea, insignito nel 2005 dell’ordine di Jaroslav il Saggio, importante onoreficenza ucraina. Le sue, premette, sono osservazioni che possono non passare il vaglio degli accadimenti, “perché lo scenario in cui i russi catturano Volodymyr Zelenskij, per esempio, ovviamente cambierebbe tutto”, ma in linea generale forniscono un quadro in cui orientarsi.

Era poco prevedibile l’aggressione russa, come è sembrato dalle reazioni di stupore nelle prime ore, è la questione da cui partiamo per tentare di guardare in filigrana quello che accade e quello che lo ha preceduto.

 

“Io direi di no”, è la risposta di Graziosi. “Putin diceva da tempo apertamente che la ‘questione ucraina esisteva’ e c’era già stato nel 2014 un tentativo di risolverla secondo il suo punto di vista, usando la forza. Poi negli ultimi mesi, oltre i suoi discorsi, manovre che preparavano l’aggressione sono state rese pubbliche anche dai media. Tanti hanno però preferito non sentire. La vera domanda non è tanto dunque se era prevedibile, ma perché in molti, anche persone perbene, hanno scelto di non vedere e non sentire, di non prendere sul serio le parole dette e le cose fatte. E questo riguarda più noi che non la Russia”.

Per lo studioso, si è innescato un complesso concorso di “molta ignoranza, molta superficialità, qualche interesse ma anche di desiderio di non capire, perché l’idea che ci potesse essere una nuova guerra in Europa, malgrado ce ne fossero state negli anni ’90 anni di terribili nella ex-Jugoslavia, non coincideva con il discorso che ci siamo costruiti a partire dal 1991″.

“Tutti o quasi hanno creduto la stessa cosa, e cioé che ormai ci sarebbe stata sempre più democrazia, sempre più diritti, un miglioramento continuo, quello che è anche il discorso europeo corrente”. In questo quadro, “la guerra è un discorso stridente rispetto al ‘ bello e buono’”, ma “sicuramente ha contato anche un interesse non solo e sempre malvagio e che va declinato non solo dal punto di vista personale di imprese o governanti ma anche da quello generale della comodità di tanti legato alla questione del gas e dell’energia”.

“Faccio un esempio: nei sette anni successivi al 2014, in Italia ma anche in molti paesi europei, la quantità di gas e di energia importata dalla Russia è raddoppiata, sotto tutti i governi. E’ chiaro che Putin ha coccolato forze sovraniste, perché nel discorso putiniano l’idea di una Europa forte e per più legata agli Stati Uniti è sicuramente contraria agli interessi della sua Russia. Putin si è quindi sforzato in tutti i modi di appoggiare le forze isolazioniste e sovraniste. Resta però il fatto che tutti i governi hanno raddoppiato la dipendenza”.

Graziosi ritiene dunque che in questo atteggiamento il ruolo maggiore lo abbia giocato “questo buonismo comune che rendeva difficile vedere quello che accadeva”, mentre il desiderio generale era di ritenere la costruzione della pace e della democrazia esportabile a tutti. “Il discorso dell’Unione europea era che nel 21esimo secolo quello che era successo nel 20esimo o nel 19esimo era impensabile”, sintetizza.

Anche in America il campanello d’allarme è squillato solo negli ultimi mesi: “La linea di Trump non è stata ostile alla Russia e nemmeno quella di Obama, e la presidenza Biden era iniziata come anticinese. Ora la questione russa gli ha creato in imbarazzo”.

In questo quadro, “uno dei più “brillanti” risultati di Putin è che ora “i tedeschi pensano a un riarmo e persino noi apriamo gli occhi rispetto un sogno europeo per cui l’esercito serve alle operazioni come Strade sicure e alle vecchiette. Anche l’idea per cui i diritti economici e sociali sono solo e sempre in allargamento e le crisi sono passeggere si è molto indebolita. Sentire uno che ti riporta alla realtà e ti dice che le cose non vanno sempre bene, che possono annche andare molto male era sgradevole”.

Dunque questa guerra è solo per ridefinire assetti geo-energetici globali o serve anche a riaffermare un ‘primato’ russo, in una epoca in cui in molte nazioni europee tornano popolari sentimenti sovranisti?

“Sottolineerei che ha un motivo ideologico forte”, dice Graziosi. “L’assetto geotermico è secondario rispetto alla costruzione di una nuova Russia – aggiunge – è un discorso complesso. La cosa cui non guardavano i più ma che era visibile a chiunque studiasse, e che è interessante e terribile, è che già dalla fine degli anni ’90 e sicuramente dalla seconda guerra cecena del 1999-2009, si è sviluppata in Russia una ideologia nuova fatta di pezzi diversi, come tutte le ideologie nuove, un misto originale mi viene da dire”.

“Fino alla fine  anni ’90, nei telegiornali russi c’era la  politica interna,  poi le informazioni su quello che loro chiamavano l’estero vicino, che erano i  paesi ex sovietici, e poi c’era la politica estera – esemplifica – dal 2002/3 l’estero vicino ha iniziato a essere chiamato Russkij mir, mondo russo. Ma cosa è? E’ qualcosa costruito con pezzi importanti della religione ortodossa, pezzi legati alla tradizione militare sovietica e persino allo stalinismo. E’ una sfera geografica a base slava, non solo etnicamente russa. Un mondo russo che ha radici storiche e spirituali a Kiev e un centro di comando a Mosca, diverso profondamente da quello occidentale perché legato a valori tradizionalisti e maschilisti, che afferma autorità e nella tradizione.

“Un mondo diverso quindi dall’Occidente corrotto evocato dal discorso del patriarca Kirill. ‘Noi siamo diversi, loro sono corrotti, noi ci dobbiamo difendere  creando un nostro mondo con una democrazia guidata con un leader autorevole’, è il discorso molto logico e molto aggressivo di Putin”. Che ritiene il suo “sia un mondo che tutti in questa sfera slava fatta da Russia, Bielorussia e Ucraina desiderano. Invece, come si è visto, gli ucraini non lo vogliono. L’idea allora è che si possa e si debba usare la forza per questo progetto trasformativo di creare un mondo che serva da modello, con una radice messianica che nella cultura russa è molto forte”. Un progetto trasformativo è, ripete Graziosi,” aggressivo per definizione, e lo si è visto da quanto Putin ha detto e ridetto, in crescendo. Io direi che la prima uscita formale è stata a Monaco nel 2007 poi seguita dall’invasione della Georgia”.

Ma qual è il nemico, la Nato, l’Occidente?

“Putin vuole cambiare l’assetto usando la forza. Se uno ha progetto, l’idea della Russia unica e indivisibile, che però non è solo la Russia ma il mondo russo, è chiaro che il problema non è la Nato – rileva Graziosi –  la Nato è una scusa. Se ho paura della Nato, non faccio una guerra, sto buono. Se la faccio, è perché la disprezzo e posso quindi agire come è successo in Georgia o in Siria, perché l’Occidente è una tigre di carta, o un impero di bugie, come ha dichiarato. Tutto questo nasce, insisto, dal disprezzo non dalla paura, né della Nato né dell’Occidente”, disprezzo che “davanti alla resistenza ucraina e a una risposta forte dei paesi europei e degli Stati Uniti diventa anche rabbia. Perché se è un discorso ideologico, una missione, non vederla realizzata dopo aver fatto i conti che si poteva fare è un problema grave”.

Qual è la possibilità che la situazione si risolva in breve tempo e con una mediazione?

Malgrado i sogni di Putin, la russia è economicamente debole. La sua economia vale poco, e se non ci fossero le materie prime sarebbe nei guai. Ha bisogno come il pane dell’appoggio cinese. E torniamo alla questione vera di Obama, Trump e Biden, cioè la politica anticinese. Io penso che occorra riconoscere alla Cina un suo ruolo di grande potenza, va fatto perché ormai la Cina è oggettivamente una superpotenza e non solo economica. Spero questo errore sia superato. E Mosca, senza l’appoggio cinese non regge”.

Le dichiarazioni cinesi ”che sembrano superare ambiguità e indicano un certo di malumore verso i russi”, il fatto che gli ucraini stiano resistendo per davvero e che dopo 20 giorni tre ministri europei siano arrivati a Kiev, “un fatto enorme, che indica che non è accerchiata, e se c’è un corridoio dove passano tre ministri, passano anche le armi”, le reazioni occidentali e una crisi economica interna forte, “mi fanno pensare che Putin sia in una difficoltà ancora maggiore di quella che mi sembrava evidente”.

La fantastica resistenza ucraina mi induce a pensare che salveranno una statualità; quanto grande e libera sarà la statualità dipende da quanto resisteranno ancora – ribadisce Graziosi – la questione che si pone ora, mi sembra, ma è solo una ipotesi, è piuttosto quanto possa mettere sul piatto della vittoria Putin  per non essere cacciato. Perché si sa che i dittatori se vincono restano, ma se perdono non restano. Dunque ha un disperato bisogno di portare a casa qualcosa. Da un lato c’è quanto l’Ucraina riesce ad essere grande e indipendente, dall’altro Putin che ha bisogno di territori. La soluzione la determina la capacità di resistenza dell’Ucraina, la decisione cinese sul sostegno ai russi … siamo un po’ appesi”.

Il riconoscimento della Cina come potenza mondiale dopo questa guerra “potrebbe prefigurare non la novità ma la presa d’atto di una cosa già successa, e l’Occidente non è più in grado di reggere più il mondo da solo perché se vuoi reggere il mondo devi parlare non solo con la Cina ma in primo luogo con la Cina”.

Intendiamo ancora Occidente come insieme di Europa e America?

“Lo faccio perché lo fanno tutti, ma in realtà non va bene – spiega – di Occidente ce ne sono stati tanti, a partire dai Greci con i Persiani. Ma l’Occidente del ’45, fatto di Usa e Europa occidentale, non c’è più, anche perché l’America non è più fatta e abitata da ex europei, come 40 o 50 anni fa. Andiamo verso un mondo multipolare. Ci sono grandi centri potere che si vanno delineando. Uno possibile è l’Europa; non è detto che ci riesca ma è uno possibile anche perché è  più coesa senza l’Inghilterra. Mentre uno che non credo possibile è la Russia, che è troppo piccola demograficamente, economicamente e culturalmente. Dietro il Russkij mir c’era anche questo tentativo disperato di rinascere come centro mondiale. Ma se nasce l’Europa e c’è la Cina, la Russia non esiste rispetto a nessuno dei due. C’è l’India, se l’India regge perché è una federazione di parti anche molto diverse,e ci sarà presto l’Africa nera, il grande continente del futuro con cui dovremmo assolutamente parlare.”

È bene che “intorno a valori comuni rispetto una aggressione, diversi paesi si siano messi insieme e ci sia una specie di indian summer dell’Occidente del ’45. Più dura, meglio è. Ma sicuramente per l’Europa c’è un problema di ripensarsi. È a suo modo comprensibile, anche se triste, che Londra abbia deciso di andarsene, perché era ruota scorta di Berlino e Parigi, tuttavia questo ha reso blocco europeo forse più coeso. L’Occidente ha bisogno di una reinvenzione perché nonostante questa indian summer così non funziona più”.

A questo punto della guerra, al netto di crolli drammatici delle prossime ore, “una Ucraina indipendente è probabile, e se la situazione diventa per la Russia più difficile, militarmente per la resistenza e politicamente per volere della Cina, potrebbe essere una Ucraina abbastanza grande”.

L’Unione europea, che pure “da una parte è qualcosa di debole”, costituisce per lo ‘zar’ un problema maggiore della Nato, perché “ha una struttura legale e normativa molto forte. Quando arriva in un posto, quel posto deve cambiare le leggi, stabilizzare la liberaldemocrazia. L’Ucraina nuova che nascerà non sarà probabilmente nella Nato, ma sarà una Ucraina molto integrata nell’Ue e questo fa più paura a Putin perché rispetto al Russkij mir dove ci vuole il comando di un uomo solo e il gay pride è un male, a ad una Nato che capisce perché incarna la forza, il modello europeo dei diritti è molto destabilizzante”.

Putin credeva in una guerra lampo? “Ci credeva, lo testimonia l’editoriale della vittoria pubblicato due giorni dopo l’inizio del conflitto su Ria Novosti e subito ritirato. Esso testimonia anche dell’ideologia che c’è dietro Putin e come lui si aspettasse che gli ucraini facessero parte della ‘civilizzazione russa’ e non del corrotto mondo occidentale”.

Se non riesce a portare a casa niente, “il conto gli verrà portato in qualche modo ed è molto alto. Glielo presenteranno le strutture dello stato russo, come è normale che sia. Deve ottenere qualcosa almeno in apparenza, come è accaduto nel 2014 quando è stato sconfitto sia ad Odessa che a Kharkiv ma ha portato la Crimea a casa. Allora è sembrato vittorioso, ma non ai suoi occhi, e per questo ha voluto riprovare. Kiev è fondamentale perché è la patria spirituale del Russkij mir, ma non è detto a questo punto riesca a ottenerla, e vuole quindi la costa del mar Nero, con Odessa e fino al Donbas. Certo non si può arrendere, deve sfondare a Mikolaiv, far muovere le truppe ammassate e prendere Odessa da Est e da Ovest. E il tempo che ci sta impiegando non gioca a suo favore”

AGI 

 

Redazione Radici

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