Impegno comune per rendere più forte la nostra Patria

La dignità è la pietra angolare del nostro impegno e della nostra passione civile”.
Così il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella al termine del suo discorso al Parlamento nel giorno in cui ha giurato, di nuovo, come Capo dello Stato, dando avvio al suo secondo settennato al Quirinale.

Tra i tricolori nell’Aula di Montecitorio, accolto dall’applauso dei grandi elettori, salutato il presidente emerito Napolitano – il primo “costretto” al bis – Mattarella ha recitato la formula prevista dall’articolo 91 della Costituzione – “Giuro di essere fedele alla Repubblica e di osservarne lealmente la Costituzione” – per poi iniziare il suo discorso, interrotto a più riprese dagli applausi dei parlamentari. Un discorso in cui ha ripercorso i “giorni travagliati” che lo hanno portato ad accettare la “nuova, inattesa chiamata”, i giorni della pandemia e del virus, i giorni dell’impegno per la ripartenza, grazie all’apporto di tutti gli italiani, anche di quelli residenti all’estero cui ha rivolto un “saluto affettuoso”.
Forte il richiamo ai doveri delle riforme, al non lasciare indietro nessuno, a fare della “dignità” la pietra angolare dell’impegno di tutti.

È giunta “per me una nuova chiamata, inattesa, alla responsabilità, alla quale tuttavia non posso e non ho inteso sottrarmi. Vi ringrazio per la fiducia che mi avete manifestato chiamandomi per la seconda volta a rappresentare l’unità della Repubblica, adempirò al mio dovere secondo i principi e le norme della Costituzione cui ho appena rinnovato il giuramento di fedeltà e a cui ho cercato di attenermi in ogni momento”, ha esordito Mattarella, che ha rivolto il suo pensiero “a tutte le italiane e a tutti gli italiani di ogni età, regione, condizione sociale e di ogni orientamento politico; in particolare a quelli più in sofferenza che si attendono dalle istituzioni garanzia di diritti, rassicurazione, sostegno e risposte al loro disagio”.

Per loro, il Presidente ha accettato il suo secondo mandato, dopo “i giorni travagliati della scorsa settimana; travagliati per tutti, anche per me”, ha ribadito.
Dunque, continuità: nella lotta al virus, nell’impegno sul fronte dei vaccini, nel mettere in campo misure per la ripresa che è iniziata, ma che occorre “consolidare” e che “per non risultare effimera ha bisogno di progettualità, innovazione, investimenti nel capitale sociale”. L’Italia è il maggior beneficiario del Programma Next Generation Eu, ha ricordato Mattarella: “dobbiamo rilanciare l’economia all’insegna della sostenibilità e della innovazione, nell’ambito della transizione ecologica e digitale. La stabilità di cui si avverte l’esigenza è quindi fatta di dinamismo e di lavoro”.

Se la pandemia ci ha lasciato una lezione è che per vincere sfide impegnative serve “il concorso di ciascuno”, ha sottolineato Mattarella citando quanti – dai medici ai sindaci, dalle forze armate e dell’ordine – nell’emergenza non si sono sottratti al loro dovere.

“Dobbiamo disegnare e iniziare a costruire in questi prossimi anni l’Italia del dopo-emergenza: è ancora il tempo dell’impegno comune per rendere più forte la nostra Patria, ben oltre le difficoltà del momento, un’Italia più giusta, più moderna, intensamente legata ai Paesi amici che ci circondano”, ha detto il Presidente. Un paese che “combatte le disuguaglianze”, che offre un futuro ai suoi giovani, che sappia “superare il declino demografico” e valorizzare “le sue bellezze”.

La Repubblica deve essere “capace di riannodare il patto costituzionale tra gli italiani e le istituzioni”, ha rimarcato il Presidente, e deve far sentire la sua voce in Europa, ma anche nell’Onu e alla Nato.

“Da molti decenni i paesi europei possono godere del dividendo di pace concretizzato dall’integrazione europea e accresciuto dal venir meno della guerra fredda”, quindi “non possiamo accettare che ora, senza neppure il pretesto della competizione tra sistemi politici ed economici differenti, si alzi nuovamente il vento dello scontro in un continente che ha conosciuto le tragedie della prima e della seconda Guerra Mondiale”. L’Italia “deve fare appello alle nostre risorse e a quelle dei paesi alleati amici, affinché le esibizioni di forza lascino il posto al reciproco intendersi, affinché nessun popolo debba temere aggressione da parte dei suoi vicini”. I popoli dell’Unione Europea “devono anche essere consapevoli che adesso tocca loro un ruolo di sostegno ai processi di stabilizzazione e di pace nel martoriato panorama Mediterraneo e del Medio Oriente”.

Quindi, il saluto al Governo che “guidato la presente Draghi, nato con ampio sostegno parlamentare nel pieno dell’emergenza, è ora proiettato a superarla ponendo le basi di una stagione nuova di crescita sostenibile del nostro paese e dell’Europa”.

Il presidente ha quindi rivendicato il primato delle democrazie e si è a lungo soffermato sul corretto rapporto tra Governo e Parlamento: se è vero, ha detto, che i tempi di oggi impongono soluzione rapide, è anche vero che “un’autentica democrazia prevede il doveroso rispetto delle regole di formazione delle decisioni”. Quindi “occorre evitare che i problemi trovino una soluzione senza l’intervento delle istituzioni”. L’interlocuzione con il Parlamento – “luogo della partecipazione, dove si costruisce il consenso, dove la politica riconosce e valorizza ciò che emerge dalla società civile” – deve essere messo in condizione di esprimersi sui provvedimenti con tempi “adeguati”.

Dal canto loro, i partiti devono “favorire la partecipazione, allenare al confronto” perché “senza partiti coinvolgenti, così come senza corpi sociali intermedi, il cittadino si scopre solo e indifeso”. I cittadini devono “poter fare affidamento sulla politica, come modalità civile per esprimere le proprie idee e insieme la propria appartenenza alla Repubblica”.
Fermo, il Capo dello Stato, anche nel ribadire l’urgenza della riforma della giustizia e di avere una magistratura terza e imparziale: “un profondo processo riformatore deve interessare anche il versante della Giustizia”, ha infatti sostenuto Mattarella. “I cittadini devono poter nutrire convintamente fiducia e non diffidenza verso la giustizia, né avvertire timore per il rischio di decisioni arbitrarie o imprevedibili che, in contrasto con la certezza del diritto, incidono sulla vita delle persone. Magistratura e avvocatura sono chiamate ad assicurare che il progetto riformatore si realizzi facendo recuperare appieno prestigio e credibilità alla funzione di giustizia, allineandola agli standard europei”.

È seguito il saluto alle forze armate “sempre più strumento di pace, elemento significativo della politica internazionale della Repubblica”, così come alle forze dell’ordine, al corpo diplomatico accreditato in Italia e “ai numerosi nostri connazionali presenti delle più diverse parti del globo: invio loro un saluto affettuoso insieme al riconoscimento per il contributo che danno alla comprensione della identità italiana nel mondo”.
Mattarella ha quindi salutato Papa Francesco, “cui l’Italia guarda con grande rispetto” e tutti gli stranieri che hanno deciso di vivere qui.

L’Italia “è per antonomasia il paese della bellezza, delle arti, della cultura, che è il superfluo” ma, al contrario, “un elemento costitutivo della identità italiana”. Occorre che “questo patrimonio” divenga “ancor più una risorsa capace di generare conoscenza, accrescimento morale e un fattore di sviluppo economico importante particolarmente per quei giovani che vedono nelle università, nell’editoria, nelle arti, nel teatro, nella musica, nel cinema un approdo professionale in linea con le proprie aspirazioni”.

Ricordata Monica Vitti, scomparsa ieri all’età di 90 anni, Mattarella si è soffermato sui più giovani, sulla scuola e sull’importanza di iniziare da loro per “assumere la lotta alla diseguaglianza, alle povertà come asse portante delle politiche pubbliche”.

Le disuguaglianze “non sono il prezzo da pagare alla crescita, sono piuttosto il freno di ogni prospettiva reale di crescita”, ha sottolineato Mattarella. Al di là del dettato costituzionale, sul rimuovere gli ostacoli verso l’uguaglianza, “c’è un significato etico e culturale che riguarda il valore delle persone e chiama in causa l’intera società”.

La dignità di azzerare le morti sul lavoro”, ha elencato il Presidente, ricordando la morte del giovane Lorenzo Parelli; di combattere “razzismo e antisemitismo, aggressioni intollerabili”; di “impedire la violenza sulle donne”. E ancora “la nostra dignità è interrogata dall’immigrazione soprattutto quando non siamo capaci di difendere il diritto alla vita, quando neghiamo nei fatti la dignità umana degli altri. È anzitutto la nostra dignità che ci impone di combattere senza tregua la tratta e la schiavitù degli esseri umani”.

È la dignità “del diritto allo studio” ma anche “dell’annullamento del divario tecnologico e digitale”; serve “dignità e rispetto per gli anziani, che non possono essere lasciati alla solitudine né privi di chi li coinvolga”; dignità è “combattere la povertà, la precarietà disperata e senza orizzonte che purtroppo mortifica la speranza di tante persone. Dignità è non dover essere costretta a scegliere tra lavoro e maternità; dignità è un Paese dove le carceri non siano sovraffollate e assicurino il reiserimento sociale dei detenuti”.

“Dignità è un Paese non distratto di fronte ai problemi quotidiani che le persone con disabilità devono affrontare”, ha detto ancora Mattarella. “Dignità è un Paese libero dalle mafie e dal ricatto della criminalità e dalla complicità di chi fa finta di non vedere. Dignità è assicurare e garantire il diritto dei cittadini ad un’informazione libera e indipendente. La dignità, dunque, come pietra angolare del nostro impegno, della nostra passione civile. A questo riguardo, desidero ricordare in questa Aula il presidente di un’altra assemblea parlamentare quella europea, David Sassoli: la sua testimonianza di uomo mite e coraggioso sempre aperto al dialogo e capace di rappresentare le istituzioni democratiche ai livelli più alti è entrata nell’animo dei nostri concittadini. “Auguri alla nostra speranza” sono state le sue ultime parole in pubblico.

La speranza siamo noi. Noi, insieme, responsabili del futuro della nostra Repubblica. Evviva l’Italia”.

Redazione Radici

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