Moda e cinema, ovvero l’arte del Made in Italy che spinge la lingua italiana nel mondo

Moda e cinema, ovvero l’arte del Made in Italy che spinge la lingua italiana nel mondo

Di Maria Teresa Antoniozzi 

 “Promuovere la lingua italiana all’estero sta alla base della promozione del sistema Italia. Infatti, non si può concepire la diffusione della cultura, delle arti e del Made in Italy senza lavorare attivamente alla diffusione della lingua. La lingua e la cultura nelle loro valenze e multiple declinazioni sono strettamente collegate. Questo è lo scopo principale del Progetto “The New Made In Italy for the 21st Century. Fashion, Film, Art and Design” creato da Eugenia Paulicelli, professoressa e italianista presso la City University di New York che insieme a Claudio Napoli e Massimo Mascolo della Okozoko, società di produzione di New York, hanno realizzato questa serie di corti dedicata alle eccellenze italiane. I film che fanno parte del progetto sono tutti in italiano con sottotitoli in inglese”.

Ne scrive Maria Teresa Antoniozzi su “La voce di New York”, quotidiano online diretto da Stefano Vaccara.
“Il progetto finanziato dal Ministero degli Affari Esteri, con lo scopo di promuovere la diffusione dell’italiano all’estero, parte dal presupposto che la conoscenza di una lingua vada a pari passo con la conoscenza della cultura, della storia e dei valori culturali del paese dove la lingua è parlata. Quale modo migliore per studiare la lingua se non raccontando il ‘Made in Italy’?


La Voce di New York, Media Partner del progetto, veicolerà ad ogni uscita ufficiale dei video i link Youtube del canale The New Made in Italy per fruire gratuitamente della visione dei corti.
Il Progetto, per il momento, si avvale di quattro episodi di circa tredici minuti ciascuno, che illustrano alcuni casi studio importanti per comprendere il rapporto tra moda e Made in Italy e le connessioni con il ricco patrimonio culturale dell’Italia e delle sue città. E come queste, sia nel passato che nel presente, determinino e contraddistinguano la storia della nostra lingua, le arti e il “know how.”


Uno dei quattro episodi, “Life for Fashion and Beauty”, è dedicato alla storia delle sorelle Fendi, con il racconto di Anna, che ripercorre la storia della sua famiglia. Con stupore evidenzia l’importanza della figura della madre capace di infondere in tutte le cinque figlie l’amore per la sartoria ma soprattutto capace di tenerle unite nella costruzione del business di famiglia.


“Mia madre usava dire ‘Voi siete per me come le dita di una mano: diverse fra loro ma tutte importanti e utili in modo reciproco,’” cosí racconta Anna Fendi e continua: “Indubbiamente nel nostro lavoro ci siamo ispirate alla bellezza di Roma. E bellezza genera bellezza”. Ha ragione Anna, e non a caso nel video le immagini delle creazioni delle famose sorelle si intervallano con le immagini della bellezza di Roma. La storia di Anna Fendi ci fa anche capire quanto la storia delle aziende italiane sia anche caratterizzata dal ruolo della famiglia.
Rappresentante dell’arte italiana nata in Francia, l’opera di Pierre Cardin ha respirato italianità nella sua famiglia veneziana emigrata in Francia.

Il video “A French Italian Legacy” costituisce un omaggio a Pierre Cardin, dove apprendiamo delle sue creazioni descritte dal nipote veneziano Rodrigo Basilicati, suo collaboratore ed erede stilistico.


Basilicati descrive come l’arte dello zio abbia una caratteristica molto peculiare: “Per mio zio non era il vestito che doveva adattarsi al corpo della modella ma il contrario, in un’analogia culinaria: il calice di vetro è il vestito e la modella lo champagne. Perché nell’ottica di mio zio Cardin è il corpo che deve prendere la forma del vestito”.

Un pensiero opposto a tutti gli altri suoi stilisti contemporanei, fa notare Basilicati. Il video intervalla immagini delle collezioni di Cardin e di Basilicati con le immagini di una sempre splendida Venezia.


Il terzo video “The Art of Costume” ci introduce nella Sartoria Farani, dove Luigi Piccolo, erede imprenditoriale e artistico, e Daniela Ciancio descrivono l’arte del lavoro artigianale per il cinema e il teatro. La sartoria Farani è un pezzo della storia della cultura italiana, fondata durante gli anni ’60, gli anni del boom economico ma soprattutto gli anni in cui Roma aveva raggiunto una notorietà internazionale anche grazie alle produzioni americane a Cinecittà cominciate nel dopoguerra e definito come il periodo della “Hollywood sul Tevere”.

Negli anni della ripresa economica, Piero Farani in collaborazione con il costumista di Federico Fellini e Pier Paolo Pasolini, Danilo Donati lavorano per creare costumi indimenticabili e che vediamo nei film in tutta la loro bellezza e dettagli.
“Noi siamo dei dinosauri della cultura dell’artigianato che è alla base sia della moda che della produzione del costume teatrale,” dice Luigi Piccolo. “Le stoffe suonano,” gli fa da controcanto la costumista Ciancio, “e la conoscenza artigianale è un saper giocare con i materiali a nostra disposizione.

Fondamentale è la conoscenza storica degli abiti, che ha un ruolo importante nel lavoro del costumista poiché ci induce a riflettere sulle situazioni sociali, sull’antropologia e sull’appartenenza ai gruppi, perché l’abito è la prima espressione dell’apparire dell’uomo”.
Quanto la storia del costume sia fondamentale nel processo della costruzione di nuovi costumi sia moderni che storici lo sottolinea Luigi Piccolo che ha costruito nel corso degli anni una collezione di costumi storici del ‘700 fino agli anni ‘60; un archivio del costume eccezionale e unico al mondo, utilizzato da storici del costume come Luca Costigliolo e da musei di portata internazionale, quale fonte di studio.
Con il video “Made in Naples” si approfondisce il lavoro di Cesare Attolini, che vanta una lunga tradizione del “fatto a mano” e “su misura” che racchiude lo spirito partenopeo conosciuto in tutto il mondo.

A raccontare la storia sono i figli Massimiliano e Giuseppe Attolini che fanno risalire la genialità della sartoria Attolini, e la creazione della giacca Napoletana al nonno Vincenzo. Il nonno Attolini, negli anni ’30, ruppe il dogma della pesante giacca inglese, capo predominante dell’epoca, e la sostituì con una giacca leggera, sfoderata, senza spalline e fatta con tessuti leggeri, da poter conciliare con il clima italiano. Le giacche Attolini, grazie alla maestria dell’artigianato sartoriale autoctono, venivano modellate sul corpo del cliente, rivoluzionando tutti i canoni della epoca. Ci vollero, però, dieci anni affinché Vincenzo Attolini riuscisse a sconfiggere lo scetticismo popolare e a riscuotere successo.


Il diretto erede, Cesare Attolini, negli anni ’50 introduce l’idea rivoluzionaria del padre all’interno di un ciclo produttivo: pur conservando il valore artigianale della lavorazione, lo suddivide in lavori specializzati, trasformando il sarto in un “tecnico della produzione”. “Con la nostra generazione, la terza, sia io che mio fratello, abbiamo internazionalizzato la diffusione del nostro vestito. Ormai siamo presenti in tutta Europa e in USA,” commenta Massimiliano Attollini. Gli amanti del cinema possono apprezzare i vestiti Attolini soprattutto nei film di Paolo Sorrentino, magistralmente indossati da Toni Servillo. Il video rivela inoltre la bellezza di Napoli le cui immagini fanno da cornice intorno alla storia della sartoria napoletana.
Quattro video che rivelano come il tatto, la sensibilità, la provenienza culturale e il bagaglio storico del sarto e del costumista siano ingredienti importanti per comprendere l’incanto del vestito o del costume del cinema.

Questa dimensione tattile e sensoriale così importante per la moda e il cinema percorre i quattro video, come anche la dimensione delle città italiane rappresentate, Roma, Venezia, Napoli.
Sono materiali questi che possono essere utilizzati nei corsi di lingua italiana nelle scuole e nelle università come anche in corsi sulla cultura italiana, sul Made in Italy e sulla moda che stanno sviluppandosi in varie istituzioni americane.


Il valore dei quattro video sta nella importanza di voler sottolineare la grande varietà storica e identitaria dell’Italia e del suo “cultural heritage”: un modo per contribuire a diffondere la lingua e la cultura italiana nelle scuole e università all’estero, ma anche costituire uno dei capitoli della storia audiovisiva della moda e delle arti, legate al paesaggio, al territorio e alle storie dei personaggi che si raccontano. “Attraverso la scelta di una dimensione intima di racconto, in cui gli intervistati sono nel loro ambiente di lavoro si percepisce una storia con molti strati e allo stesso tempo un chiaro progetto d’innovazione, una geografia del presente per il futuro.


A questa prima serie seguirà un’altra completamente dedicata alla cultura della sostenibilità, della diversità e integrazione sociale che nutrono le iniziative e le ricerche di designer e aziende che operano in Italia,” commenta l’autrice Professoressa Eugenia Paulicelli. Dice inoltre: “Nei prossimi video che continueremo a realizzare con Claudio Napoli, daremo spazio ad esperimenti di artigianato e tecnologia, nuovi modelli di business che si sposano con l’arte, la bellezza, il rispetto dell’ambiente e degli esseri umani”. Nuovi interessanti appuntamenti, quindi ci avverte la Professoressa Paulicelli per continuare questo racconto utilizzando il film nel diffondere e rivelare il lavoro che c’è dietro le nostre eccellenze”.aise

Redazione

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