Kabul cronistoria di un’abbandono

Kabul cronistoria di un’abbandono

Di Daniela Piesco

A Kabul, adesso, le vie del centro sono deserte e l’unico rumore è quello degli elicotteri che stanno evacuando gli ultimi stranieri rimasti, con gli afgani abbandonati a se stessi

L’avanzata vittoriosa dei talebani, a più di quarant’anni dall’entrata dell’Armata Rossa nel Paese, trentadue dal ritiro e venti dall’intervento statunitense e Nato, dimostra la vanità degli sforzi, prima di Mosca e poi di Washington, di condurre l’Afghanistan sulla strada di una “normalità” imposta con l’intervento militare.

Entro il prossimo 11 settembre, tutte le truppe straniere, gli statunitensi e gli alleati della Nato, lasceranno l’Afghanistan dopo 20 anni di guerra e un accordo siglato nel febbraio del 2020 a Doha in cui i talebani si sono impegnati a non permettere che il Paese diventi di nuovo una base operativa del terrorismo …

La conquista dell’Afghanistan da parte dei Talebani riporta così la situazione del Paese indietro di 20 anni , esattamente a quel 2001,quando, il loro governo fu rovesciato dall’invasione americana successiva all’attentato dell’Undici Settembre. Ma soprattutto arriva dopo un’offensiva che ha letteralmente travolto le forze di sicurezza afghane, per vent’anni addestrate e armate dagli Stati Uniti, e riportato tutto il Paese nelle loro mani appena un mese dopo la partenza delle truppe americane.

La cronaca :

I miliziani hanno preso il controllo della città e issato la bandiera nel palazzo presidenziale: “Presto nascerà l’Emirato islamico”. Ghani lascia il Paese e fugge in Uzbekistan. Caos nello scalo internazionale Hamid Karzai della città afghana, preso d’assalto dai civili in fuga e controllato dalle truppe Usa. Arriva, nel primo pomeriggio, il volo di rimpatrio degli italiani da Kabul.

Riportano media internazionali come Reuters e Al Arabiya che a guidare il governo transizione dopo le dimissioni del presidente Ashraf Ghani sarà l’ex ministro dell’Interno afghano, Ali Ahmad Jalali.

Il portavoce dei talebani ha affermato che rispetteranno i diritti delle donne e consentiranno loro l’accesso all’istruzione.

Lo riporta Sky News, dopo che nei giorni scorsi sono state espresse preoccupazioni sul fatto che l’acquisizione del potere da parte degli insorti comporterà l’esclusione delle donne dal lavoro ed all’istruzione. Ma il gruppo ha affermato di essere cambiato, e che consentirà alle donne di lavorare, andare a scuola, uscire di casa da sole e indossare l’hijab.

Secondo l’agenzia russa Ria novosti è stato preso il controllo dell’università di Kabul, nella parte occidentale della capitale, e i talebani hanno anche issato le loro bandiere in uno dei distretti. Nell’imminenza della presa del potere da parte dei talebani, la gente sta scappando da Kabul anche in auto, causando lunghe code di traffico in uscita dalla città. Lo riporta la Bbc mostrando le immagini della fuga. Alcune persone, secondo quanto viene riferito, abbandonano i veicoli fermi in coda e proseguono a piedi verso l’aeroporto.

Gli episodi di feroce violenza che hanno costellato l’Afghanistan negli ultimi anni sembrano prossimi ad una conclusione.

È utile ,all’uopo, ripercorrere brevemente le complesse vicende di cui Kabul è stata protagonista (e spesso, vittima) a partire dal secondo dopoguerra.

Già nel corso dell’Ottocento, l’attuale Afghanistan è al centro delle mire, da un lato, della Russia, desiderosa di consolidare la sua presenza nel subcontinente asiatico; e dall’altro, della Gran Bretagna, interessata ad impedire che altre potenze potessero influenzare la vita politica e la stabilità di Paesi vicini, quali l’India e l’attuale Pakistan.

Il risultato dell’invasione sovietica, che comincia a ridosso del Natale del 1979, è l’inizio di una serie di feroci conflitti da cui Kabul forse è uscita solo oggi.

Washington, leader del blocco occidentale, non può tollerare un intervento armato sovietico in un Paese che, sebbene in orbita russa sin dalla presa del potere del Partito Democratico Popolare dell’Afghanistan, è formalmente parte del Movimento dei Non Allineati dal 1961.

La reazione del Presidente americano Jimmy Carter, pertanto, non tarda ad arrivare:

questo riacutizzarsi della tensione tra Stati Uniti ed Unione Sovietica si riverbera sulla situazione afghana.

L’aggressione straniera alimenta lo spirito nazionalista dei guerriglieri locali, che si organizzano in gruppi di resistenza regionali noti come mujahideen (dall’arabo mujāhidūn, “coloro che combattono per la jihad”): a partire dai primi anni Ottanta, tuttavia, i sette gruppi più influenti e meglio equipaggiati iniziano a collaborare tra loro, sotto il nome di Unità Islamica dei Mujahideen dell’Afghanistan. Ciò avviene anche grazie alle pressioni di alcuni attori esterni, interessati, per ragioni diverse, a non concedere a Mosca una facile vittoria e ad impegnarla in una guerra logorante: il Pakistan, l’Arabia Saudita, gli Stati Uniti.

Un ruolo importante ha , un esponente di una facoltosa famiglia saudita, Osama bin Laden, che concede denaro ed armi : è il primo rudimento di al-Qaeda.

In un clima sempre più esasperato, complice anche il difficile momento che l’U.R.S.S. attraversa e che presto la condurrà alla disgregazione, il Segretario Generale del Partito Comunista Sovietico, Mikhail Gorbacev, non può che accettare il ritiro dei propri uomini. Nel febbraio del 1989 gli ultimi soldati russi lasciano il territorio afghano.

Nasce il movimento dei talebani

Di fatto, nella prima metà degli anni Novanta, l’Afghanistan diviene uno Stato governato da decine di signori locali, che guidano proprie milizie e controllano porzioni più o meno ampie di territorio.

È in questo contesto che, nella provincia meridionale di Kandahar, emerge il movimento dei Talebani (dal persiano Ṭālebān, “studenti”):si tratta di una fazione islamica ultra-conservatrice.

Il nuovo governo afghano viene riconosciuto unicamente da tre Paesi della comunità internazionale: Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti ed il vicino Pakistan. Numerose sono invece le condanne al fondamentalismo talebano, particolarmente lesivo dei diritti umani.

Enorme risonanza ha, nel mondo occidentale, il drammatico aggravarsi della condizione delle donne: ad esse viene impedito non solo di utilizzare cosmetici, indossare tacchi alti, ridere ad alta voce, essere fotografate, usare bagni pubblici; ma persino di esercitare qualsiasi professione (ad esclusione di dottoresse ed infermiere) o di poter frequentare scuole ed istituti educativi di qualsiasi natura.

Il 7 ottobre le forze statunitensi, con l’appoggio britannico, entrano in azione, dando avvio alla controversa operazione Enduring Freedom.

Per la seconda volta in appena un ventennio l’Afghanistan è oggetto di invasione straniera.

In meno di tre mesi, dopo una intensiva campagna di bombardamenti (in cui non sono risparmiate le vite dei civili) i Talebani cedono il controllo della loro ultima e più importante base operativa, la città di Kandahar.

La perdita del governo, comunque, non coincide affatto con una resa.

Da allora, infatti, i Talebani (coadiuvati da al-Qaeda) continuano a combattere.

Nel dicembre del 2001 viene formato a Bonn (Germania) un governo afghano provvisorio, in attesa della stesura di una Costituzione e di libere elezioni; alla guida viene posto Hamid Karzai, che nel 2004 verrà eletto Presidente della neo-nata Repubblica Islamica dell’Afghanistan.

A partire dal 2003, le Nazioni Unite autorizzano inoltre la formazione di una coalizione internazionale (International Security Assistance Force) che, affidata alla guida della NATO, garantisce la sicurezza di Kabul e del governo ad interim.

Le forze dell’Alleanza Atlantica restano complessivamente quattordici anni in territorio afghano, trasferendo gradualmente la responsabilità per la sicurezza del territorio alle forze locali a partire dal 2011.

La situazione oggi a Kabul è molto delicata

Bisogna ricordare che l’Islam non funziona come il Cristianesimo. Per quanto difficile possa essere alla mente di un cristiano, nell’Islam non esiste la scissione tra vita sociale, ossia l’appartenere alla comunità politica, economica e quotidiana di un individuo e il momento religioso.

In Italia, cristianità e vita quotidiana possono o meno coincidere; nell’Islam tutto è un’unica amalgama e credere nei testi sacri arriva necessariamente a regolare ogni singolo aspetto della vita privata e di comunità. Per questo, per un fattore culturale che esiste da sempre, un talebano che crede nella ijtihād non potrà mai scindere la propria vita da quella della comunità, né la religione in cui crede dal proprio essere umano e dal proprio affacciarsi al mondo.

Da qui si può facilmente capire quanto la vita sociale, politica e giuridica di un islamico sia strettamente legata alla religione, cosa che non avviene nel Cristianesimo. Secondo l’ijtihād sono invece i testi sacri a dettare perfino le norme giuridiche di un popolo.

Queste le parole del Papa…

Cari fratelli e sorelle, mi unisco all’unanime preoccupazione per la situazione in Afghanistan. Vi chiedo di pregare con me il Dio della pace affinché cessi il frastuono delle armi e le soluzioni possano essere trovate al tavolo del dialogo. Solo così la martoriata popolazione di quel Paese – uomini, donne, anziani e bambini – potrà ritornare alle proprie case, vivere in pace e sicurezza nel pieno rispetto reciproco.”

Daniela Piesco Vice Direttore Radici

Redazione

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