I 50 km a piedi di George per il sogno di studiare

I 50 km a piedi di George per il sogno di studiare

Di Freddie del Curatolo

Kona Mbaya in swahili significa “incrocio maledetto”. In realtà chi vive a Kona Mbaya non maledirà mai il suo villaggio, abituato com’è a respirarne la povertà e la distanza dalla civiltà. Una distanza che può apparire incolmabile, per abbracciare i sogni di un ragazzino di 13 anni. Da una parte le insidie della foresta di Lugari, dall’altra le rapide del fiume Kapkarren. E davanti, chilometri e chilometri di roccioso nulla tra le salite e gli strapiombi della Rift Valley del Kenya. Sono i chilometri che George Masinde, il ragazzino con i sogni più grandi delle sue scarpe e più resistenti dei suoi giovani muscoli, ha percorso per presentarsi nella scuola secondaria che ha sempre desiderato frequentare, la St. Joseph Boys School di Kitale”.

A raccontarne la toccante storia è Freddie del Curatolo in un articolo pubblicato sul portale di informazione in lingua italiana MalindiKenya.net, che lo stesso del Curatolo dirige nella località keniota.


“Quel college, troppo caro per le finanze dei suoi genitori, che gestiscono un chiosco di verdura a Kona Mbaya, dista 50 chilometri da casa. Lui, nella speranza che qualcuno avesse trovato i soldi per poter pagare le rette scolastiche, a quella scuola si è pure iscritto. Ma se non si fosse presentato in orario all’apertura dell’anno scolastico, che quest’anno è stato anticipato a causa della pandemia, il suo posto sarebbe stato preso da qualche altro studente in attesa.
George ha superato brillantemente gli esami dell’equivalente della nostra terza media, con una valutazione vicina all’eccellenza.


Ma il tentativo della madre di fare una colletta tra la povera gente di Kona Mbaya non ha sortito alcun effetto.
Il college dei suoi sogni sarebbe rimasto tale e forse sarebbe riuscito ad indossare l’uniforme della vicina St. Lukes Boys di Lumakanda o della modesta Lumama Secondary, ai piedi della foresta. Se si fosse accontentato.


Invece George, senza avvertire la madre, domenica mattina ha indossato i bermuda color cachi e il maglioncino verde con lo stemma della sua vecchia scuola elementare e si è incamminato da Kona Mbaya, vedendo sfilare ai suoi lati la miseria delle baracche, la chiesa cattolica e quella anglicana, i mercati di Mautumba e Makutano, inerpicandosi per le colline che dividono la contea di Kakamega da quella settentrionale di Bungoma e arrivando nel nulla freddo e sconosciuto del villaggio di Ndalu verso sera, riposando al riparo di una pianta con il freddo severo dell’inverno dell’equatore come solo compagno di viaggio.

Per poi riprendere alle prime luci del giorno il cammino, qualche ora ancora di montagna per arrivare alla St. Joseph prima del suono della campanella.
“Ho avuto paura di non farcela e temuto per la mia vita – ha detto George al preside, presentandosi nel suo ufficio con lo sguardo innocente e vestito come uno scolaretto della primaria – ma mi è stato detto che se non mi fossi presentato oggi qui, il mio posto sarebbe stato dato a qualcun altro”.


George ha spiegato che i suoi genitori non si potranno mai permettere di pagare la scuola dei suoi sogni e che a malapena sono riusciti a tirare su lui e i suoi fratelli senza fargli mancare il solo pasto al giorno e che i tentativi di chiedere una borsa di studio sono caduti nel vuoto.
“Il sacrificio non mi spaventa – ha detto visibilmente stremato – per andare alla Primary mi svegliavo alle 3 del mattino e sono uscito come primo della classe. Da grande vorrei fare il pilota d’aereo”.
Il preside della St. Joseph ha raccontato il suo stupore nel vedere il ragazzo nel suo ufficio.


“Quando la segretaria mi ha detto che avevo visite, tutto mi aspettavo tranne di vedere un ragazzo con un uniforme a brandelli di una scuola elementare di un’altra contea, che tremava per il freddo di Kitale. Mi ha supplicato di poter andare in classe con i compagni, anche se non aveva altro vestiario e le scarpe sembravano più due pantofole”.
Così il preside, per attivare probabili benefattori, ha deciso di raccontare questa storia ai media ed è già partita la gara di solidarietà per garantire il college a George, in un paese in cui i sogni dei giovani, specie quando riguardano l’istruzione, non sono lontani chilometri, ma anni luce dal quello che dovrebbe essere il naturale accompagnamento alla loro realizzazione”. 

Redazione

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