Populismo e patriotismo esistono ancora?

Populismo e patriotismo esistono ancora?


Di Apostolos Apostolou

Che cosa è il populismo? Un artificio politico? La regola della politica? L’ illusione terrificante del dialogo? Secondo enciclopedia Treccani populismo è: «Movimento culturale e politico sviluppatosi in Russia tra l’ultimo quarto del sec. 19° e gli inizî del sec. 20°; si proponeva di raggiungere, attraverso l’attività di propaganda e proselitismo svolta dagli intellettuali presso il popolo e con una diretta azione rivoluzionaria (culminata nel 1881 con l’uccisione dello zar Alessandro II), un miglioramento delle condizioni di vita delle classi diseredate, spec. dei contadini e dei servi della gleba, e la realizzazione di una specie di socialismo rurale basato sulla comunità rurale russa, in antitesi alla società industriale occidentale.

Per estens., atteggiamento ideologico che, sulla base di principî e programmi genericamente ispirati al socialismo, esalta in modo demagogico e velleitario il popolo come depositario di valori totalmente positivi. Con sign. più recente, e con riferimento al mondo latino-americano, in partic. all’Argentina del tempo di J. D. Perón (v. peronismo), forma di prassi politica, tipica di paesi in via di rapido sviluppo dall’economia agricola a quella industriale, caratterizzata da un rapporto diretto tra un capo carismatico e le masse popolari, con il consenso dei ceti borghesi e capitalistici che possono così più agevolmente controllare e far progredire i processi di industrializzazione.

In ambito artistico e letterario, rappresentazione idealizzata del popolo, considerato come modello etico e sociale: nella letteratura italiana del secondo dopo guerra.»


Oggi il populismo è un’etichetta. Un’etichetta, che si è usata con maggiore libertà. Per esempio le parole, Stato, Patria, Nazione, Unità Nazionale, Civiltà, Identità, sono parole proibite, quasi parole incriminate, parole parolacce.

Nello stesso pensiero ci sono concetti proibiti, come i concetti, che esprimono pareri antitetici e negativi, della critica e delle forme e delle pratiche della democrazia neoliberale.

Anche esprimono populismo,- secondo nuovo pensiero di Nuovo Ordine Mondiale (NWO) – quando una retorica o un movimento tendono a recuperare i propri valori dal passato (come Civiltà, Identità) e offrono un punto di riferimento ideologico basato sul pluralismo delle idee, sull’affermazione dell’autonomia e sul sentimento.

Descriviamo la storia? Si.

La storia come la conosciamo, oggi prende nuove forma, inaspettate e folli. Cosi Michail Bakunin quando parla di patria, è un personaggio che considerato “populista”. Ecco che cosa dice Michail Bakunin:
«Il patriottismo del popolo non è un’idea, ma un fatto. La Patria, la nazionalità, come l’individualità è un fatto naturale e sociale, fisiologico e storico al tempo stesso;…La Patria rappresenta il diritto incontestabile e sacro di tutti gli uomini, associazioni, comuni, regioni, nazioni, di vivere, pensare, volere, agire a loro modo e questo modo è sempre il risultato incontestabile di un lungo sviluppo storico. Pertanto, noi ci inchiniamo innanzi alla tradizione e alla storia;o meglio la rispettiamo, e non perché ci si presenta come astrazione elevata a metafisica, giuridicamente e politicamente per intellettuali e professori del passato, bensì perché essa ha incorporato di fatto la carne e il sangue, i pensieri reali e le volontà delle popolazioni….Ogni popolo fino alla più piccola unità etnica o tradizionale possiede le proprie caratteristiche, il suo specifico modo di esistenza, la sua maniera di parlare, di sentire, di pensare, e di agire questa idiosincrasia costituisce l’essenza della nazionalità, risultato di tutta la vita storica e sommatoria totale delle condizioni vitali di questo popolo.»


E quando il rivoluzionario argentino Che Guevara esclamò “Patria o Morte” è un “populista”, come Marie Le Pen, quando lei parla di una nuova patria, come Nagel Farage con il suo euroscettismo, come Jean-Luc Melancho, con la battaglia per la sesta Repubblica, come Katja Kipping (partito tedesco Die Linke) che parla di un programma anti- austerità.

Che cosa scriveva Che Guevara a Fidel (L’ultima lettera di Che Guevara a Fidel.)
«Avana, “Anno dell’agricoltura”
Fidel,
in questa ora mi ricordo di molte cose, di quando ti ho conosciuto in casa di Maria Antonia, di quando mi hai proposto di venire, di tutta la tensione dei preparativi.
Un giorno passarono a domandare chi si doveva avvisare in caso di morte, e la possibilità reale del fatto ci colpì tutti. Poi sapemmo che era proprio così, che in una rivoluzione, se è vera, si vince o si muore, e molti compagni sono rimasti lungo il cammino verso la vittoria.
Oggi tutto ha un tono meno drammatico, perché siamo più maturi, ma il fatto si ripete. Sento che ho compiuto la parte del mio dovere che mi legava alla rivoluzione cubana nel suo territorio e mi congedo da te, dai compagni, dal tuo popolo, che ormai è il mio.
Faccio formale rinuncia ai miei incarichi nella direzione del partito, al mio posto di ministro, al mio grado di comandante, alla mia condizione di cubano. Niente di giuridico mi lega a Cuba; solo rapporti di altro tipo che non si possono spezzare come le nomine. Se faccio un bilancio della mia vita, credo di poter dire che ho lavorato con sufficiente rettitudine e abnegazione a consolidare la vittoria della rivoluzione.Il mio unico errore di una certa gravità è stato quello di non aver avuto fiducia in te fin dai primi momenti della Sierra Maestra e di non aver compreso con sufficiente rapidità le tue qualità di dirigente e di rivoluzionario.
Ho vissuto giorni magnifici e al tuo fianco ho sentito l’orgoglio di appartenere al nostro popolo nei giorni luminosi e tristi della crisi dei Caraibi.Poche volte uno statista ha brillato di una luce più alta che in quei giorni; mi inorgoglisce anche il pensiero di averti seguito senza esitazioni, identificandomi con la tua maniera di pensare e di vedere e di valutare i pericoli e i princìpi.Altre sierras nel mondo reclamano il contributo delle mie modeste forze. io posso fare quello che a te è negato per le responsabilità che hai alla testa di Cuba, ed è arrivata l’ora di separarci.Lo faccio con un misto di allegria e di dolore; lascio qui gli esseri che amo, e lascio un popolo che mi ha accettato come figlio; tutto ciò rinascerà nel mio spirito; sui nuovi campi di battaglia porterò la fede che mi hai inculcato, lo spirito rivoluzionario del mio popolo, la sensazione di compiere il più sacro dei doveri: lottare contro l’imperialismo dovunque esso sia; questo riconforta e guarisce in abbondanza di qualunque lacerazione.
Ripeto ancora una volta che libero Cuba da qualsiasi responsabilità tranne da quella che emanerà dal suo esempio; se l’ora definitiva arriverà per me sotto un altro cielo, il mio ultimo pensiero sarà per questo popolo e in modo speciale per te; ti ringrazio per i tuoi insegnamenti e per il tuo esempio a cui cercherò di essere fedele fino alle ultime conseguenze delle mie azioni; mi sono sempre identificato con la politica estera della nostra rivoluzione e continuo a farlo; dovunque andrò sentirò la responsabilità di essere un rivoluzionario cubano e come tale agirò; non lascio a mia moglie e ai miei figli niente di materiale, ma questo non è per me ragione di pena: mi rallegro che sia così; non chiedo niente per loro perché lo stato gli darà il necessario per vivere e per educarsi.Avrei molte cose da dire a te e al nostro popolo, ma sento che le parole non sono necessarie e che non possono esprimere quello che io vorrei dire; non vale la pena di consumare altri fogli.
Fino alla vittoria sempre. Patria o Morte!
Ti abbraccio con grande fervore rivoluzionario.»

Pierfranco Pellizzetti scrive: «Sicché possiamo prendere atto che “populista” in questa congiuntura politica- ha sostituito il termine “comunista”…» La possibilità della metafora svanisce i tutti i campi. Le cose i segni, le azioni, vengono liberati dalla loro idea, dal loro concetto, dalla loro essenza, dal loro valore, dal loro riferimento, dal loro origine, e dal loro fine e entrano in un’ auto-riproduzione all’ infinito, entrano nella loro invertibilità.

Cosi le cose continuano a funzionare mentre l’idea, che le accompagnava è da tempo scomparsa. Continuano a funzionare in un’indifferenza dell’invertibilità.

Apostolos Apostolou.

Docente di Filosofia, corrispondente Progetto Radici Atene Grecia

Redazione

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