La percezione

La percezione

Di Giorgio Brignola

Dopo un anno di drammatica Pandemia, che ha fortemente condizionato le nostre vite e i nostri affetti, la sensazione di disagio esistenziale non è più minimizzabile. Neppure per chi appariva psicologicamente più “forte” degli altri. La situazione resta grave e non è possibile fingere di non vedere. L’”abitudine “ alla pandemia è una patologia nella malattia. Le emozioni celate non devono, però, farci supporre in una sorta d’”assuefazione”. La Pandemia è entrata nella nostra quotidianità; ma è una componente patologica per la salute fisica e psicologica. La “terapia” sarebbe quella di superare emotivamente una realtà che non può essere celata. A scriverlo sembra semplice; ma non lo è. Gli stessi comportamenti personali sono mutati. Progressivamente, il senso della tutela della salute s’è mutato in “paura”. In questo quadro drammatico e quotidiano, s’inserisce un’umanità dolente che non riesce a capacitarsi per questa impotenza contro un virus che, tra l’altro, ha evidenziato non poche “mutazioni”. Il tempo presente s’è “bloccato” e condiziona quello futuro. Nostro e delle nuove generazioni. Manca il senso della “speranza” e la voglia di “ricominciare”. Ma sperare che cosa, e come ricominciare? Non saranno gli interventi economici a sollevarci dall’ambascia. La “fatica” di vivere una situazione “normale” resta lontana e le prospettive per il presente non ci sono. Tanto meno, per il futuro. Sembra essere venuta meno la voglia di ricominciare e si torna a far conto su “contributi”, che non ridimensioneranno il nostro stato d’abulia per un mondo che vive una realtà ingestibile. E’ evidente: stiamo ipotecando il nostro futuro e quello delle future generazioni. Il tempo che si perde nelle “attese”, che sono effimere, andrà a condizionare una realtà mondiale imprevista e imprevedibile.

Giorgio Brignola

Redazione@progetto-radici.it

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