Il dramma dei bambini palestinesi nelle carceri israeliane

Il dramma dei bambini palestinesi nelle carceri israeliane

Da una ricerca condotta da Save the Children, Israele è l’unico Paese al mondo che detiene e persegue i minori nei tribunali militari. Ogni anno tra i 500 e i 1.000 minori della Cisgiordania sono trattenuti all’interno del sistema di detenzione militare israeliano. L’accusa principale a loro carico è il lancio di pietre, che può comportare una condanna a 20 anni di carcere. I palestinesi sono gli unici bambini al mondo ad essere sistematicamente processati da tribunali militari, con processi iniqui, arresti violenti, spesso notturni ed interrogatori coercitivi. La maggior parte di loro viene picchiata (quattro su cinque pari all’86%), ammanettata e bendata durante l’arresto. Gli interrogatori che subiscono avvengono in luoghi sconosciuti spesso privati di cibo, acqua e sonno, o dell’accesso all’assistenza legale.

Grazie ad alcune indagini si è scoperto che il 69% è stato sottoposto a perquisizione e quasi la metà, più precisamente il 42%, ferita al momento dell’arresto. I bambini arrestati vengono trasferiti in tribunale o in centri di detenzione in piccole gabbie.

Il trasferimento da un centro di detenzione all’altro o dalla prigione al tribunale a bordo del “Bosta”, l’autobus dei detenuti, è considerato da alcuni degli intervistati uno degli aspetti più traumatici della detenzione: i minori hanno riportato di essere stati ammassati nell’autobus, in piedi per tutto il tragitto, con mani e piedi ammanettati, senza cibo o acqua, né accesso ai servizi igienici, per 12 o più ore. La gamma di abusi fisici e psicologici si riproduce anche durante il tempo passato in prigione con percosse, perquisizioni, minacce, isolamento, negazione di cibo, acqua, cure mediche, privazione del sonno. Sono aumentate anche le denunce di violenze e abusi di natura sessuale che alcuni degli intervistati hanno descritto come “tocchi nelle parti intime” e “colpi sui genitali”: il 69% di loro ha riferito di essere stato spogliato durante la detenzione, una forma di abuso sessuale e una tattica di umiliazione. Anche il contatto con il mondo esterno dovrebbe essere tutelato nel caso di minori detenuti, invece a oltre la metà dei bambini e dei ragazzi che hanno preso parte all’indagine è stato impedito di vedere le proprie famiglie mentre erano in carcere.

Non stupisce dunque il forte disagio psicofisico manifestato dopo il rilascio che si traduce in disturbi del sonno o insonnia, incubi, rabbia, attacchi di panico o difficoltà a respirare. Il sistema di detenzione ha un impatto distruttivo sul benessere a lungo termine dei minori. Cambiamenti comportamentali come il sentirsi arrabbiati per la maggior parte del tempo, la scarsa o nulla volontà di comunicare con gli altri, la maggiore tendenza a passare il tempo da soli o l’eccessivo attaccamento alla madre hanno avuto un impatto sulla vita quotidiana e sul benessere emotivo.

E le conseguenze avranno un impatto per tutta la loro vita: basti pensare che almeno un terzo dei ragazzi intervistati ha abbandonato la scuola dopo il rilascio e molti di quelli che vi hanno fatto ritorno sono stati costretti a cambiare percorso di studi o a ridimensionare le loro aspirazioni. Anche i rapporti sociali e i legami famigliari di questi minori subiranno delle ripercussioni: non solo per l’ovvia lontananza dalle opportunità di formazione o dalle attività tipiche del tempo libero patita in carcere, ma anche per l’accusa di essere una spia che alcuni di essi si sentono rivolgere dopo essere stati rilasciati e il conseguente stigma che questo comporta su di loro e le rispettive famiglie. Questo si traduce in bambini e ragazzi che non si sentono sicuri fuori da casa, che evitano interazioni con persone che non conoscono, che hanno difficoltà a esprimere i propri sentimenti

 

Ricordiamoci che Israele ha ratificato la Convenzione dei Diritti del Bambino nel 1991, impegnandosi ad attuare tutti i diritti e le protezioni inclusi nel trattato, il quale prevede che nessun bambino privato di libertà possa essere sottoposto a tortura o ad altri trattamenti, punizioni crudeli, inumane o degradanti. Nonostante ciò, il Paese rimane l’unico al mondo a detenere e perseguire i bambini nei tribunali militari, privandoli dei diritti e delle protezioni fondamentali del giusto processo e violando sistematicamente la Convenzione dei Diritti del Bambino, la Convenzione contro la tortura delle Nazioni Unite e la Quarta Convenzione di Ginevra sulla tutela della popolazione civile in tempo di guerra.

Petruzzo Deborah

Traduttrice ed Interprete

Membro Associazione “Schierarsi”

Redazione

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