Cosa farò?

Cosa farò?
Portrait of cute preschooler boy playing his violin

di Francesca Girardi 

Una persona che ha successo, che lascia il segno nel proprio campo, lo deve grazie a un talento innato? Grazie a una dote che non richiede sforzo perché è così, ce l’ha e basta?

Forse no, concediamoci il dubbio. Forse il successo di una persona, intendendo il successo come lasciare una traccia utile alle coscienze per evolvere, alle giovani menti per crescere, o semplicemente per gioire dei propri traguardi, non sempre è strettamente connesso a un dono di cui è si è portatori.

Accade che nella vita, in un istante o in un tempo più dilatato, qualcosa smuova e orienti verso particolari percorsi. Può dipendere dall’attenzione che la persona pone al dettaglio, dall’essere in grado di coglierlo e ascoltarlo, portandolo poi a fiorire.

Capita che debbano passare anni prima che qualcuno si accorga del punto di vista innovativo e degno di nota. Già. Forse l’accezione della parola successo si affianca anche alla parola attesa, sia di trovare il coraggio di esprimersi, allentando i lacci del dubbio e dei condizionamenti, sia di pazientare fino a quando il mondo aprirà gli occhi e sarà pronto a comprendere.

Gli artisti, spesso, non nascono tali, ma lo diventano. In “Controvento”, nelle pagine di Federico Pace, c’è una frase che racchiude il significato alto dell’avvenimento che lascia il segno nell’esistenza della persona. Nel capitolo dedicato a Frida Kahlo e al suo viaggio in treno da Detroit a Città del Messico, si legge: …Nessuno sa mai dire se sarà l’altezza del viaggio che lo costringerà a misurarsi con la sofferenza. Ciascuno, in fondo, è davvero quel che è solo quando viene costretto a misurarsi con un viaggio, con un avvenimento che lo può travolgere

E si riferisce al particolare momento di vita di Frida il cui figlio non verrà alla luce e nel tragitto (o meglio nella “tempesta”, come la definisce Pace) che percorre stanca ed esausta per raggiungere il capezzale della madre, rinasce in lei la relazione con la vita, l’amore di vivere che si esprime nel completare uno suo quadro frutto del dolore per la maternità mancata.

Ecco, questo estratto narrativo racchiude l’alto valore di cui ci si scopre portatori. Pensiamo a Jackson Pollock, il padre dell’action painting. Fu sempre così energico, visto che le sue opere vengono spesso avvicinate alla parola energia? No. Era un giovane incerto sul suo futuro. Non sapeva bene cosa sarebbe diventato, cosa avrebbe fatto e come lo avrebbe fatto. Anzi, era certo di non avere talento; i suoi primi disegni non brillavano né per tecnica né per bellezza.

Poi, Pollock percepisce la fiamma vitale, che è pronta a ricevere il soffio da cui prendere nuovo vigore. Da qui sono nate le sue tele fatte di azione, perché Jackson si immergeva in quel campo bianco lasciando ai segni di vernice il compito di dare voce al grande caos, al malessere dell’anima e ogni sbavatura di colore cadeva dove doveva cadere.

La sua esperienza di vita lo ha portato ad allentare i lacci e far sì che la sua esistenza trovasse per lui un nuovo significato. Una testimonianza la si trova nel libro di Gregorio Botta, “Pollock e Rothko. Il gesto e il respiro”, quando si incontra la reazione di Peggy Guggenheim che nel 1942 si ritrova un’opera di Pollock come candidata all’esposizione dedicata ai giovani talenti. Le sue parole, rivolgendosi a Piet Mondrian, sono: …È orribile, vero? Non è pittura… Invece, l’interlocutore mostra grande interesse verso quella forma d’arte nuova, viva. E così, da lì a poco, Pollock si incammina nel suo viaggio d’artista.

Un altro esempio? William Shakespeare. Anche lui non fu da subito apprezzato.

Sono esperienze di vita che brillano di messaggi di fiducia in questi tempi legati all’insicurezza, al dover già sapere nel dettaglio come la strada di vita di snoderà. Friedrich Nietzsche diceva che migliorare lo stile significa migliorare il pensiero, ed è un messaggio utile alle nuove generazioni, affinché in un mondo veloce, un po’ difficile e dai tempi ristretti, si permettano del tempo perché come la scrittrice Gabriella Fiori dice: …l’importante è non dimenticare che il pensiero è un’avventura interiore che matura, che fa male, o che trasporta, è una meditazione che si serve degli anni e dei giorni per prendere forma, per avanzare, per trovare le sue parole…

ph AdobeStock

Francesca Girardi

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