Il voto della Sardegna isola i partiti

Il voto della Sardegna isola i partiti

Il risultato del match consumato in Sardegna e raccontato in tempo surreale, con uno spoglio-stillicidio (tutt’altro che nuovo sull’isola, dove cinque anni fa ci volle un mese per la proclamazione del vincitore), va letto non solo come una competizione tra schieramenti, ma anche e soprattutto dentro gli schieramenti. Complice la modalità del voto disgiunto, che consente di esprimere la preferenza per un candidato presidente della Regione e un partito diverso da quelli che lo sostengono. O anche di non optare per alcun partito.

A beneficiarne è stata soprattutto Alessandra Todde, vincitrice al fotofinish, candidata da M5s e condivisa dal Pd, che ottiene un consenso ben superiore alla somma dei partiti della sua coalizione. Non senza prevederlo, la parlamentare pentastellata aveva preferito evitare la foto di famiglia nel comizio finale, lasciando a casa Giuseppe Conte ed Elly Schlein, consapevole di potersela giocare meglio senza la “zavorra” dei due leader, che pure non rinunciano a volare insieme a Cagliari a scrutinio ancora in corso.

Ed è stata proprio lei la rivelazione che ha tenuto col fiato sospeso le segreterie romane, dove si sono consumati diversi psicodrammi, interrompendo, dopo una lunga scia di vittorie, la slavina del centrodestra, che alla passata tornata aveva confezionato un 5 a 0 con il pieno dei suoi governatori messi a segno. Stavolta Giorgia Meloni si è imposta, costringendo con un lunghissimo braccio di ferro il suo alleato Matteo Salvini a rinunciare alla conferma di Christian Solinas, decisa da qui in avanti (con l’occhio alla prossima partita) a piazzare i suoi uomini ai vertici regionali, per far valere il peso dei suoi voti. Che di certo continuano a premiare Fratelli d’Italia in termini assoluti. A scapito proprio del vicepremier del Carroccio (mentre tiene Fi nella terra cara a Silvio Berlusconi). Il “suo” Paolo Truzzu, però, sindaco uscente di Cagliari, viene “punito” pure dalla sua città.

Un risultato che in ogni caso viene imputato alla presidente del Consiglio, che tanto si è spesa per il primo cittadino di Fdi. Nell’altro schieramento, però, la vittoria ha un sapore agrodolce (più aspro che dolce). M5s, che piazza la sua candidata, ottiene un consenso non così largo. Il Pd, che rinuncia a scegliere, è il primo partito dell’isola, con il doppio dei voti dell’alleato. Alla fine, dunque, le due leader Meloni e Schlein, che cercano di polarizzare lo scontro in vista delle elezioni europee, escono paradossalmente vincitrici a metà. Primo e secondo partito in Sardegna, la premier si ritrova a capo di una alleanza, che rischia di lacerarsi di qui alle prossime urne. La leader Dem senza una vera alleanza e con l’amaro in bocca per un campo non certo troppo largo, perché alla fine il Pd Renato Soru (con Azione e +Europa) ottiene un discreto risultato. Ma soprattutto con M5s che si impone con i suoi candidati, senza i quali ogni volta che ci si siede al tavolo della trattativa, si sfila dagli accordi.

E allora per Schlein la strada per mettere insieme una coalizione alternativa al centrodestra è ancora tutta in salita. Di certo la segretaria del Pd guadagna tempo e punti davanti alle correnti di minoranza, e ai capi-corrente che l’hanno sostenuta, oggi meno soddisfatti di un anno fa. Ma non vince neanche Conte, pur piazzando la ex vicepresidente del Movimento: i suoi voti non sono affatto appaganti, come ogni volta che si presenta con il Pd, da cui finisce per essere fagocitato. Anche l’ex premier ha parecchio da lavorare quindi, se vuole presentarsi come perno del centrosinistra. Quello che invece emerge con certezza dalle elezioni della Sardegna è che gli elettori ancora una volta premiano la persona. Il volto convincente fa la differenza. Il candidato giusto al posto giusto. E in tempi di crisi di personalità di peso, e di crisi di formazione politica, sarebbe bene per tutti guardarsi intorno.

Marcario Giacomo

Editorialista de Il Corriere Nazionale

http://www.corrierenazionale.net

ph agi

Redazione

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