Prima, seconda, terza Repubblica. Confrontiamo. Non dimentichiamo
di Yari Lepre Marrani
Passione e politica sono un connubio imprescindibile. Un vero uomo politico è quell’ individuo visceralmente appassionato della cosa pubblica per la quale combatte ogni giorno; considera lo Stato un mezzo per migliorare le condizioni dei cittadini non un fine da raggiungere per scopi personali: un uomo che perde e vince ma cerca sempre di lottare per affermare un ideale di progresso collettivo. La politica italiana,nel turbinio degli anni, ha perso un grande valore: quella dignità d’intenti e riforma che rende i suoi rappresentanti figure forti di riferimento, leader e statisti “capaci di governare”. La conseguenza di questa perdita ha mostrato quanto sia fragile l’equilibro tra l’incompetenza e il potere, e pericoloso. Quanto siano labili e sottomessi i politici italiani di oggi è palese, lo riconoscono i cittadini e il popolo disilluso lascia all’astensionismo sempre più alto il suo responso. L’astensionismo diviene un simbolo sociale di un disagio ingravescente di individui che disertano le cabine elettorali in un silenzioso disprezzo.
Grandi ideali,sublimi speranze di riscatto sociale e popolare tradite – si veda la parabola del M5S, il suo percorso, la sua catastrofica caduta, il rinnegamento dei suo nobili obiettivi, le personalità che l’hanno abitato e che lo sfruttano ancora – sono, tra molti altri, i tumori di uno Stato che barcolla nell’instabilità e nell’asservimento a poteri palesi e occulti. In questa sferza di disastri, doppiogiochismi, opportunismi,debolezze possiamo ripensare al passato, agli anni perduti, a protagonisti i cui errori sono stati svelati e legalmente condannati ma dei quali non possiamo negare l’intelligenza e lungimiranza nonchè l’indiscussa capacità di leadership. E torna il nome, amato e esecrato, di Craxi: uomo “totus politicus”, simbolo di un intero decennio di benessere – gli anni ’80 – che lui ha segnato con 2 governi e la cui figura controversa torna alla memoria e al doveroso confronto quando pensiamo (e osserviamo) la politica di oggi, dal berlusconismo in poi.
Craxi riemerge come simbolo di una politica concreta, riformista, estremamente attiva il cui presente articolo non vuole delimitare al celeberrimo episodio della base di Sigonella. Se il nome e le idee di Craxi possono tornare alla ribalta nell’oceano di desolazione della politica attuale che tradisce elettori e ripugna astensionisti, non è solo per la differente statura del personaggio e le riforme attivate nei suoi governi ma per un’intuizione politica chiara che il leader socialista ebbe nel settembre 1979 quando lanciò, all’alba del pentapartito, l’idea rimasta inattuata di una Grande Riforma dello Stato non in senso settoriale ma istituzionalmente vasta, coinvolgente tutte le forze politiche, culturali e sociali del paese. Una Grande Riforma costituzionale, istituzionale, amministrativa preludio di un’Era italiana nuova. E fu l’idea più illuminata dell’allora leader nascente del PSI: un’idea di riforma universale che trasformi lo Stato italiano, ne muti la politica debole, moralmente velenosa, incapace di galvanizzare i lavoratori italiani in un sigillo di reciproca fiducia tra governanti, politici e uomini del popolo per risollevare uno Stato in perpetua crisi sociale. L’Italia necessita di cambiamenti profondi, riforme non episodiche ma risolute e migliorative delle condizioni del popolo stesso sempre più rabbioso con palesi, gravi parentesi di sofferenza sociale la quale finisce per mutarsi, inevitabilmente,in bruttura morale e stagnazione economica. La figura di Craxi va ricordata non solo per la notte tra il 10 e l’11 ottobre del 1985 ovvero la Crisi di Sigonella: una minuta goccia d’orgoglio in un oceano di asservimento italiano alla “Fedeltà agli Alleati”.
Craxi è morto da latitante e nessuno nega le condanne in giudicato, la corruzione della politica italiana che toccò l’apice tra il 1987 e il 1992. Nessuno nega gli errori finali di un leader che è stato tanto rilevante come statista quanto degradato a “lupo delle tangenti”. Non possiamo tuttavia, se illuminati da onestà intellettuale, negare la sua intelligenza politica.
Quella “Grande Riforma” non è mai stata realizzata, neanche lontanamente si è cercato di porne le basi realistiche per una sua concreta realizzazione il cui fine andrebbe ricercato nella riforma profonda e integrale della cosa pubblica. E l’Italia da oltre 40 anni si perde nell’oblio. Di quell’idea Craxi è stato l’artefice nel marasma degli anni che portarono alla progressiva autonomia del PSI e quest’ultimo al governo.
Confrontare passato e presente non è solo doveroso: è strumento necessario per valutare e giudicare i cambiamenti e i peggioramenti, le loro genesi, per gettare le basi a grandi mutamenti, non piccole riforme stagnanti che nascono nel silenzio e per il silenzio sono state concepite. Si cercano “Grandi Riforme” innanzi al mondo che corre, ad un’Italia assopita, frustrata,delusa, ad un’Europa finta e disunita, incapace persino di reagire militarmente forte e compatta al criminale attacco russo. E Craxi, al netto delle sue colpe ma anche dell’importanza incontestabile dei suoi governi, ha lanciato una visione su cui i suoi successori hanno calato un velo funereo senza accorgersi che con quel velo coprivano l’orgoglio (e il benessere) del popolo italiano per decenni. Craxi ha acceso una fiammella che i suoi successori non hanno voluto trasformare in fuoco riformatore. Eschilo diceva che “la vita è un complesso di felicità e sventura”: Craxi ne è stato un vivo esempio, dagli altari di Palazzo Chigi alla cupa latitanza di Hammamet. Ricordare dunque, confrontare sempre. Mai dimenticare. Diversamente dall’oblio nasce solo altro oblio, dall’ignoranza nuova ignoranza. Dalla censura vendicativa del passato nasce lo sfacelo attuale e aumenta lo scetticismo e la distanza del popolo verso i governanti: i cittadini finiscono per essere sempre illusi e poi traditi dopo ogni tornata elettorale. L’astensionismo è solo un sintomo di un malessere molto più poderoso. Chi ha cercato di contenerlo non ha mantenuto le promesse ma si è dimostrato un vuoto fallimento figlio di opportunismi e profonda ignoranza: il M5S, fondato da un comico e affondato dalla finale sua indifferenza e dall’incapacità dei suoi uomini e donne che ancora occupano molte poltrone nella grande casa della politica.
Dott. Yari Lepre Marrani