Un secolo di storia raccontato da Donne di Parola. Così riscopriamo le nostre radici

Un secolo di storia raccontato da Donne di Parola. Così riscopriamo le nostre radici

Una ventina di scrittrici provenienti da tutta Italia, unite nel dare vita a un originale progetto di riscatto della memoria: Le Storie siamo noi (Edizioni Fernandel 2023), nato dalla penna delle Donne di Parola per salvare dall’oblio persone, avvenimenti e territori altrimenti destinati a scomparire dallo scorrere del tempo.

Il libro contiene cinquantanove racconti che, dal 1908 a oggi, si snodano attraverso i principali eventi storici: le due guerre mondiali, il fascismo, le migrazioni, il ’68, la legge Basaglia, il terrorismo, le leggi sul divorzio e l’aborto, le stragi di mafia, l’incendio al cinema Statuto, l’epidemia di Covid-19… e altro ancora. La peculiarità della raccolta sta nello sguardo con cui le autrici si pongono davanti agli eventi narrati: fatti realmente accaduti, vissuti in prima persona o sentiti raccontare dai propri ‘antenati’ o da testimoni ormai scomparsi, dove le vicende della gente comune si intrecciano, in modo ora doloroso ora entusiasmante, con gli accadimenti della grande Storia. Facendo emergere il ruolo delle donne, protagoniste da sempre di drammi, gioie, scelte eroiche e cambiamenti epocali.

Dal Piemonte alla Campania, dal Veneto alla Puglia, dall’Emilia-Romagna alla Basilicata, i racconti attraversano le diverse regioni d’Italia in cui le autrici affondano le proprie radici, fino a spingersi in Romania, in Burkina Faso, in Brasile, a Cuba, negli Stati Uniti, nelle terre dell’emigrazione italiana, in un viaggio storico-geografico ma soprattutto antropologico.

In alcuni casi Le Storie siamo noi riporta episodi direttamente connessi alla grande Storia: il bambino che per la prima volta a cinque anni fa la conoscenza del padre, reduce dalla guerra nel Corno d’Africa; o la ragazzina sfollata dopo l’alluvione del’66, mandata a servizio da una famiglia che la relega nello sgabuzzino; o ancora il giovane costretto a sposarsi con rito civile perché il Sant’Uffizio ha scomunicato gli aderenti al partito comunista; o il malato di mente torturato nel manicomio dove l’elettrochoc è ancora la norma… In altri racconti gli eventi storici restano sullo sfondo, lasciando affiorare gli elementi della vita quotidiana e del folclore: il lavoro nei campi, i chilometri a piedi per andare a scuola, le colonie estive, il festival di Sanremo visto tutti insieme al bar del paese, l’ascensore che funziona con monete da dieci lire.

Come scrive nell’introduzione al libro Valentina Pazè, docente di filosofia politica all’Università di Torino: «Grande è l’attenzione per i dettagli, a partire dalla descrizione degli ambienti e degli oggetti della vita quotidiana: le case di ringhiera di inizio secolo, le batane e le fiocine usate dai ladri di anguille, l’acqua di rose per farsi belle il giorno del matrimonio, lo sciaraball (carretto, ndr) per muoversi nelle campagne, il lume a petrolio che rischiara le stanze degli anni Sessanta ancora prive di elettricità. Le vicende rimandano in parte a un mondo che non c’è più (i maestri che bacchettano sulle mani gli scolari, le lenzuola d’inverno intiepidite con un mattone caldo, l’olio di fegato di merluzzo, i peccati mortali e veniali da studiare a memoria al catechismo, il Carosello prima di andare a dormire), in parte a eventi e sentimenti perenni: la nascita, la morte, l’amicizia, l’abbandono, lo sconforto, la paura, la ribellione. E lo spaesamento di chi vive diviso tra due mondi, come testimoniano le molte storie dedicate al tema dell’emigrazione».

Il libro parla non solo alle persone più ‘grandi’, ma anche ai giovani lettori interpellati da memorie recenti che li coinvolgono e da cui possono trarne stimoli di conoscenza e confronto per comprendere il proprio tempo. Come scriveva José Saramago, ‘la Storia è spuma che arriva alla spiaggia del presente, mare che muove quell’onda e ci spinge avanti’.

Di particolare attualità sono le storie incentrate sul tema dei diritti – alla salute, alla tutela dell’ambiente, al lavoro, alla disponibilità di asili e scuole, ecc. – e le lotte intraprese per conquistarli, come quelle per ottenere le leggi su divorzio e aborto o per il diritto all’autonomia e alla mobilità delle persone disabili, i cui risultati sono ancora sotto i nostri occhi.

Tra i numerosi diritti ‘raccontati’, uno campeggia su tutti, irrinunciabile per chiunque sia impegnato nella scrittura: il diritto a esprimersi, a dire, a esplorare la realtà attraverso l’uso abile della parola.

Proprio con questo spirito sono nate a Torino le Donne di Parola, gruppo coordinato dalla scrittrice Claudia Manselli, impegnato da oltre venticinque anni nella ricerca di una scrittura personale e creativa, fondata sulla libertà e la gioia del raccontare. La musa ispiratrice del gruppo – formato oggi da donne tra i 45 e gli 80 anni, di diversa origine geografica ed estrazione professionale (ci sono impiegate, docenti, assistenti sociali, casalinghe, pensionate…) – è da sempre la Virginia Woolf di “Professioni per le donne”, in cui la scrittrice inglese uccide simbolicamente l’angelo del focolare ritenuto colpevole di inibire la creatività femminile.

In questo senso, le autrici di Le Storie siamo noi riconoscono la potenza della parola come strumento per ripensare le proprie esistenze e identità, per creare condivisione e scambi culturali, per resistere ai colpi della Storia con un atteggiamento resiliente, capace di contrastare l’isolamento. Com’è avvenuto in maniera forte nel periodo della pandemia: proprio allora, spiega Claudia Manselli, «è nata l’idea di creare una raccolta di fatti originali, facendo emergere i momenti in cui le storie individuali – quelle di cui magari rimane solo un oggetto, una foto, un ricordo personale che altrimenti andrebbe perduto – si sono imbattute nella Storia collettiva».

Tutta la raccolta ha carattere autobiografico e «non importa se chi narra lo fa in prima o terza persona. Per noi che abbiamo scritto, la memoria ha rappresentato un mezzo per ripensare e a volte ricostruire le nostre esistenze, elaborando fatti lontani o vicini nel tempo e nello spazio. Queste nostre storie rendono immortale qualcuno che non lo saprà mai. Forse riportano delle bugie. A volte interpretano lunghi silenzi. Certo raccontano più drammi che gioie, perché queste ultime si dimenticano più facilmente».

Le Storie siamo noi, Donne di Parola, Fernandel 2023, pp. 288, € 15

 

Redazione

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