Oscar Micheaux: il primo regista afroamericano in lotta contro il razzismo

Oscar Micheaux: il primo regista afroamericano in lotta contro il razzismo

di Federico Manghesi 

“Uno dei compiti più grandi della mia vita è stato insegnare all’uomo di colore che può diventare qualsiasi cosa”

IL RAZZISMO NEGLI STATI UNITI E LA SUA INFLUENZA SUL CINEMA

Gli Stati Uniti d’America: un paese che ha visto scontrarsi un continuo binomio di contrari: progressismo e conservatorismo religioso, libertà individuale e Bene collettivo, egoismo e democrazia; un paese che per lungo tempo ha saputo conciliare un suffragio elettorale dei più estesi al mondo con la persistenza della schiavitù e della segregazione razziale. Questo contribuisce a rendere la bandiera a stelle e strisce, simbolo di una nazione complessa, contraddittoria e, anche per questo, così interessante da studiare.

Se è vero che la produzione artistica di un paese costituisce un tassello importante per individuarne le fondamenta, l’attività filmica degli Stati Uniti rappresenta uno dei punti cardine per la comprensione della mentalità statunitense, e del suo evolversi nel tempo. Il cinema statunitense ha rappresentato sin dagli albori personaggi afroamericani, ma lasciandone l’interpretazione ad attori bianchi in black-face e quindi in modo caricaturale e spesso denigratorio.

A non adeguarsi a questa tradizione della black-face, è Oscar Micheaux, che inserisce attori afroamericani ad interpretare personaggi di colore, andando quindi in controtendenza rispetto all’usanza dei primi anni del cinema.

OSCAR MICHEAUX

Oscar Micheaux: “Chi era costui?”, semplicemente il primo regista afroamericano di Hollywood. Nato nel 1884, intraprese, a partire dal 1919, una prolifica carriera di regista, cominciando col trasporre una sua opera letteraria: The story of a Negro Pioneer (il film prende il nome di “The Homesteader”).

Il film mostrava per la prima volta la storia d’amore tra un afroamericano e una donna bianca, facendoli addirittura sposare: una rappresentazione del genere colpì molto la critica hollywoodiana. Il suo cinema non si risparmiava di mostrava violenza e sopruso e le sue opere andarono più volte incontro alla censura statunitense e talvolta anche alle proteste della stessa comunità afroamericana, che il regista accusò di mancato sostegno ad alcuni suoi lavori. Molte sue pellicole (tra cui ad esempio “The Brute”) furono etichettate come promotori di violenza e di comportamenti illegali.

THE GUNSAULUS MYSTERY: IL FILM SUL CASO MARY PHAGAN

Nel 1913 la città di Atlanta veniva sconvolta da un atroce delitto: Mary Phagan, tredicenne impiegata in una fabbrica cittadina, venne stuprata e brutalmente strangolata. Indagati per l’omicidio furono vari afroamericani, ma alla fine la colpa ricadde su Leo Max Frank, lavoratore di origine ebraica impiegato della stessa fabbrica della vittima. Frank venne condannato alla pena di morte, poi commutata in ergastolo. Il caso, per via della sua efferatezza, suscitò lo sdegno dell’opinione pubblica americana, tanto che Frank venne rapito da un manipolo di uomini armati (mai trovati) e linciato.

Solo in seguito la condanna si rivelò essere un drammatico errore giudiziario, alimentato dal fervore della popolazione e, secondo alcuni, anche per un velato antisemitismo.

Micheaux sceglie di raccontare su grande schermo l’avvenimento in questione: esce così “The Gunsaulus mystery” nel 1921. Il film si basa sui fatti avvenuti, ma si discosta dalla realtà dei fatti. Il film viene rifatto dallo stesso regista nel 1935, stavolta col titolo di “Murder in Harlem”.

WITHIN OUR GATES: UN’ACCUSA CONTRO IL RAZZISMO

Nel 1920 esce il secondo film di Micheaux, una denuncia aperta al razzismo che affliggeva il paese in quegli anni. Il film può essere visto come una risposta a “Nascita di una nazione” di Griffith, uscito invece nel 1915. L’opera di Griffith è considerata un punto di svolta per la storia del cinema, per via dell’entità della produzione e delle innovazioni tecniche e registiche che presenta. Tuttavia il film propone anche una visione fortemente razzista, soprattutto per l’opposizione verso i matrimoni misti e per l’aura di eroismo con cui il regista rappresenta i membri del Ku Klux Klan. Micheaux sembra prefissarsi una sfida: raggiungere lo stesso successo con un film completamente opposto. Esce così “Within our gates”, che segue le vicende di Sylvia, donna afroamericana, che finiscono spesso per intrecciarsi con la malavita e con la segregazione razziale. Il mostra la separazione etnica fin dalle scuole (dove i bambini afroamericani sono in classi diffrenziate) e dove spesso mancano i fondi necessari. Si nota l’infuenza del razzismo sulla giustizia, che porta ad accusare persone innocenti solo perché afroamericane e ancora una volta è presente il tema del linciaggio ai danni della popolazione nera all’interno del paese.

IL CINEMA DI MICHEAUX

Oscar Micheaux ha avuto una carriera estremamente prolifica, con più di quaranta film realizzati, molti dei quali sono andati perduti col tempo. La sua importanza è soprattutto legata al suo essere uno dei pionieri del cinema afroamericano e aver quindi fatto da apripista a numerosi altri registi. Non è questo però l’unico contributo del regista: Micheaux trattò le scene di violenza e di linciaggio col massimo realismo possibile, motivo per cui fu ripetutamente criticato. Il suo obiettivo in questo non era quello di promuovere atti simili, bensì di denunciarli. MIcheaux mostra come la lotta al male che affligge la società, passa attraverso un racconto realistico e crudo della sua natura. Non è avendo paura di raccontare la realtà, che se ne potranno combattere gli elementi peggiori.

Federico Manghesi

 

Antonio Peragine

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