Fiorella Rizzo: “Il vero oltre il visibile”

Fiorella Rizzo: “Il vero oltre il visibile”

Arte come Filosofia 4.
Fiorella Rizzo: “Il vero oltre il visibile”. Mostra al Teatro Kursaal Santalucia di Bari. Opere di Fiorella Rizzo in dialogo con video installazioni di Francesco Castellani.

Per quanto piccola e, quindi, in un certo senso, breve, la mostra sulle opere di Fiorella Rizzo intitolata “Il vero oltre il visibile”, interroga fortemente lo spettatore sul senso delle cose concrete e sulle ferme convinzioni – le grandi risposte – che si sviluppano su secoli di interrogativi rimasti inevasi.
Dunque, nella splendida Sala Giuseppina del Teatro Kursaal Santalucia di Bari, vengo attratto, inizialmente, da un breve filmato – documentario dove la Rizzo viene intervistata ed ella parla un po’ dei suoi tempi vissuti a Roma e di qualche concetto che l’ha portata, negli anni, a sviluppare un percorso tutto personale nel mondo dell’arte. Un percorso meraviglioso, direi, di una evidentissima personalità. Quasi magicamente lo sguardo si apre nell’immenso spazio, seppur breve ed è questa la vera magia dell’arte: poter trasformare ogni cosa, generando nuovi spazi e dimensioni, ad esempio, da quelle che sembrano essere enormi mine o bombe a mano tenute assieme da una lunga catena, poggiate in terra ed immediatamente mi sento trasportato sott’acqua. Si tratta dell’opera “Anaulo”, realizzata nei primi anni ’90 del Novecento. Un enorme senso di gravità: non posso non pensare al colonialismo, allo schiavismo, agli schiavi e alle schiave decimati durante i viaggi in mare e fatti annegare dal peso di pietre assassine giù in fondo agli oceani. Ma ciò che vedo non è ciò che sembra. Qui, c’è da contemplare una verità oltre il visibile.

Foto 1. Fiorella Rizzo. Installation view. Kursaal Santalucia, Sala Giuseppina.

E, allora, vado al di là della mia stessa immaginazione, della mia stessa percezione. Mi pare chiaro che, lungo questo tragitto, mi vien chiesto dall’artista Rizzo di comprendere e imparare una lingua che è la parola di una “immanenza del sensibile”. Qui, il senso delle cose, ovvero l’estetica, non solo circola ma si trasforma in una risemantizzazione di una vita quotidiana altrimenti priva di valori e significati. Ma ecco che queste opere appoggiate, calate, precipitate, determinate e determinanti, in una volontà di costrizione dello spazio fisico pensante in ciascun osservatore, si rivestono continuamente di nuovi significati sembrando nuove cose e nuove opere, come a voler essere esse stesse composizioni oniriche di un sogno di non-appartenenza. L’estetica è estetica-estesica. L’estetica come quadro che forma se stesso in quanto quadro dell’arte, ossia appeso alla parete del “mondo arte” nella “casa dell’arte” e, dunque, come approssimazione non digeribile di una combustione di intenti artistici inviolabili, laddove l’evidente impellenza della creazione, deforma ogni puntuale e tutta umana ricerca di una stabilità esteriore e interiore.

Foto 2. Fiorella Rizzo. Anaulo. 1991-1993, acrilici, smalti, antique paste su PVC, dimensioni variabili.

L’estetica, qui, compie un doppio salto mortale all’interno del vortice e della vertigine del linguaggio dei segni. Il logos si frantuma e si ricompone infinite volte rendendo l’umano sguardo complice di una parossistica ricerca dell’assoluto.
Lo tocca. Lo sconvolge essendo esso sconvolto. Si libera da ogni finalità e circolarità d’intenti, sembra voler bramare a una “lingua naturale”, preme per voler considerare il mondo per quel che significa e non per quel che è, induce ad una significazione ossessiva che rimanda a un suono costante di marginalità e di oscillazione. Siamo chiaramente in un territorio liminale. Merleau-Ponty scriveva: “Io sono gettato in una natura, e la natura non appare solamente fuori di me, negli oggetti senza storia, ma è visibile al centro della soggettività”. Ma questo centro della soggettività altro non è, in questo caso, che uno spazio, una intercapedine, tra corpo e mondo circostante, là dove si produce senso, dove il soggetto grida se stesso al mondo e il mondo grida se stesso nel soggetto. Un grido, un suono. Perché di apparato sensoriale si tratta, quell’apparato che consente a ciascun essere umano di far emergere il mondo da sé stesso, mondo colmo di qualità sensibili che solo attraverso la forma dell’estetica l’io può apprendere.

Foto 3. Fiorella Rizzo. Match. 1995-2002, polistirolo, acrilico, acciaio, manopole da motocicletta.

Tuttavia, il mio, i nostri, corpi – nel – mondo, sono anche corpi – del – mondo. Il mondo si fa corpo nel corpo e nel corpo – mondo, il mondo stesso, reclama un nuovo mondo in un non – corpo. Il linguaggio liminale sfida la complementarietà di rapporti reali in una realtà altra, appunto, una non – realtà, diremmo, cioè una realtà che vive della sua alterità perché tale è nel suo co-esserci in quanto Ente artistico e, contemporaneamente, si apre enormemente al mondo nella sua totalità, senza ricadere in una chiusura di mera essenza semplicemente-presente, ma co-essendo in un in-essere costante dei nostri co-esserci. In questo palpito di alterità io scopro una alterità – altra, una nuova alterità dentro l’alterità che l’ha generata. Questo, a me pare, è il mondo nel co-esserci della Rizzo, un mondo che è alterità in lotta con una alterità più profonda e in essa racchiusa.
Dunque, quale alterità incontriamo nell’arte? Nel mondo in cui viviamo calati non per ciò che siamo ma per il nostro co–esserci esistono anche gli “altri” e cioè quelli coi quali quotidianamente noi siamo. La realtà di per sé altra dell’arte, è una realtà in cui ciò che incontriamo saltuariamente noi possiamo essere. Vediamo con tutti i nostri sensi l’aprirsi del senso del tempo durante il nostro co-esserci, ad esempio, in una continua riproduzione di “effetti artistici” o “drammatici”, ove, tutt’intorno a noi, si esplicano immagini, figure e colori che si armonizzano dischiudendosi l’una nell’altra rendendo plausibile la nostra esistenza che sentiamo come un co-Esserci nel mondo. Tutti noi possiamo sperimentare questa differenza, avvertire come quella intercapedine possa aprirsi nella liminalità tra il corpo e il mondo, quando siamo circondati dall’alterità e quando, invece, siamo noi stessi Ente utilizzato e utilizzante nell’omogeneità e nell’uniformità della privazione di senso. Ebbene, da ciò che apprendiamo dalla sensorialità dell’oggetto umano, da questa alfabetizzazione dei processi di trasformazione a cui siamo soggetti pur osteggiandoli, ecco che l’abisso delle nuove forme e delle nuove parole resta imbrigliato tra le trame di nuovi spazi di alterità, tra l’alterità, la non-alterità e l’alterità – altra, in magnifico dialogo in queste opere meravigliose di Fiorella Rizzo, in completa assonanza con quella gratitudine che le comunità meglio dovrebbero poter esprimere verso tutti gli artisti e, in particolare, verso coloro che pongono in luce le chiavi di accesso ad un maggior senso ontologico-esistenziale dell’Essere.

Foto 4. Fiorella Rizzo. Kaleidoscope. 2000-2002, cibacrome su alluminio e Natura Metallica, 1999, acrilico su polistirolo, cartone, plastica, dimensioni variabili.

Andrea Cramarossa

Fiorella Rizzo: Il Vero oltre il Visibile. Sala Giuseppina del Teatro Kursaal Santalucia, Bari.

Mostra a cura di Christine Farese Sperken, Anna Gambatesa, Galleria Misia Arte, Cellule Creative Aps.

Mostra vista giovedì 8 giugno 2023.

Testi di riferimento:

Algirdas Julien Greimas, “La struttura semantica”.
Martin Heidegger, “Essere e Tempo”; “Prolegomeni alla storia del concetto di tempo”.

 

 

Redazione

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