Come un incontro può cambiare la vita di ciascuno di noi!

Come un incontro può cambiare la vita di ciascuno di noi!

Dario Patruno

A margine della presentazione del libro “Il Gius Don Giussani una vita appassionante” editoda Baldini+Castoldi avvenuto il 18 ottobre a Bari,

(cfr. https://www.corrierenazionale.net/una-vita-appassionante) l’autrice Carmen Giussani ha dato la disponibilità a rispondere ad alcune domande.

A quando risale il suo primo incontro con il Gius?

Il mio primo incontro personale con don Giussani è stato nell’ottobre del 75, quando ho cominciato a frequentare l’Università Cattolica di Milano. Avevo 18 anni ed alcuni amici mi invitarono alla “diaconia”, cioè al gruppo dei responsabili della comunità di CL di quella Università. Quando ci radunammo intorno a un grande tavolo per la prima riunione, io mi sedette all’estremo opposto di don Giussani. Eravamo una cinquantina, lui chiese a chi aveva vicino: “Chi è quella bimba?”. “È una matricola”, gli risposero. Prima reazione di simpatia. “E cosa studia?”. “Il primo anno dell’ISEF”, l’allora Istituto Superiore di Educazione Fisica. Seconda reazione: “Finalmente qualcuno con i piedi per terra, senza astrazioni di sorta”, si era infatti nel dopo sessantotto e, fuori e dentro la comunità di CL, abbondavano i discorsi ideologici. “Ma il meglio, don Gius, è che si chiama Giussani!”. Allora la sua simpatia divenne entusiasmo palese. Io, sono diventata tutta rossa in volto, in preda alla timidezza.

Cosa l’ha spinta ad aderire a Comunione e Liberazione?

Ho conosciuto CL [ma per essere leale dovrei usare un altro linguaggio: “ho incontrato Cristo”] a 14 anni. Una sera di novembre in cui mi sono recata, con mia sorella, in una libreria del paese dove abitavo e ho incontrato Sante Padovese, un operaio di 34 anni, padre di due figli, che si mise a chiacchierare spontaneamente con me. Ascoltandolo attentamente mentre parlava della sua famiglia, del suo lavoro e della unità dei cristiani che si rendeva presente in fabbrica, di quel che aveva letto sul giornale e di quel che stava succedendo nella società, ho avvertito chiaramente la speranza sicura che portava quell’uomo. Con quel che era, Sante dava ragione della speranza che lo animava, rendeva letteralmente viva ai miei occhi la presenza buona di Cristo. Sono tornata a casa decisa a non abbandonare più quell’incontro. Solo dopo ho saputo che era di CL.

Perché un nuovo libro, cosa spera che susciti nei suoi lettori?

La figura di don Giussani non potrà mai essere rinchiusa in un libro, nè in molti libri. Ci sono vari saggi scritti su di lui e una biografia esaustiva scritta da Alberto Savorana. Mancava però un ritratto agile, in presa diretta e tutto centrato sui fatti. In questo senso il libro è originale, diverso dagli altri. Come spiego nella mia introduzione, ciò che mi ha spinto a scriverlo è il desiderio di avvicinare la figura di Giussani alle nuove generazioni, che non l’hanno conosciuto. L’unica cosa che spero è che i lettori conoscano e amino don Giussani.

Si accorge a volte di seguire il carisma non nella direzione voluta dal Gius?

Nessuno può impedire a nessuno, quindi neanche a me, di seguire quello che don Giussani ci ha trasmesso in modo semplice, chiaro e trasparente. Se lei si riferisce ad eventuali difficoltà nel seguir gli accenti proposti dai responsabili del movimento in determinate circostanze, le rispondo che, in primo luogo, siamo un movimento di adulti, perciò che ognuno è chiamato a rispondere al dono ricevuto prima che a una struttura o a una istituzione.

In secondo luogo, quando ci fossero delle discrepanze su questioni contingenti o legate al momento storico, mi sento chiamata a una corresponsabilità leale con chi ha il compito di guidare. Per me, questa lealtà implica due cose: la considerazione attenta e disponibile di quello che viene proposto, anche quando non mi risulta immediato, e una piena libertà verso chi guida, libertà che mi è data da Colui che ci convoca insieme. 

Le capita mai di scoraggiarsi e ha la tentazione di mollare tutto?

Assolutamente no, perché il nostro “movimento” non è una associazione. È una mossa, un moto di vita che nasce da me. La presenza del Risorto è ciò che mi muove attraverso le persone che mi sono date. E lui non mi delude mai. Quando mi fermo, cado o sbaglio, ritorno a Lui e riprendo il cammino con gli altri.

Cosa suggerirebbe alla realtà pugliese del movimento?

Di dar grazie a Dio ogni giorno per il dono ricevuta gratuitamente, senza merito alcuno, e di amare la Chiesa, perché costruire la comunità cristiana è edificare una casa dove tutti, veramente tutti, possono trovare riparo, amicizia e speranza per vivere. 

Grazie della sua disponibilità e chiarezza. Spero che il messaggio lanciato possa incuriosire molti ed essere attraente. Prosit!

Redazione

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