Cervelli italiani in fuga: i giovani expat di Dubai

Cervelli italiani in fuga: i giovani expat di Dubai
di Cecilia Berardi

 “Sono alla ricerca di opportunità, desiderano crescere professionalmente, aspirano a retribuzioni che soddisfino più dei meri bisogni primari, puntano al riconoscimento delle proprie competenze, fanno le valigie e partono. Sono i giovani laureati italiani, protagonisti di un fenomeno noto ormai da tempo: la fuga dei cervelli. Un esodo continuo e silenzioso, il cui tasso sembra non conoscere decrescita.Altamente specializzati ma ad oggi residenti all’estero, questi ragazzi hanno scommesso sul loro futuro e sulle loro capacità adattative eleggendo come loro nuova casa un Paese straniero”.

Tra le destinazioni prescelte non manca Dubai, da tempo porto d’attracco per chi sogna di farsi spazio nel mondo del lavoro.
Seppure l’Emirato offra un ventaglio di opportunità ben più ampio di altri Paesi ed una elevata qualità della vita, in ciascuno dei giovani espatriati sembra sempre albergare il desiderio di rientrare un giorno, in un futuro prossimo, nel Belpaese.

Dubaitaly ha chiesto a Luca, Shery, Paolo e Beatrice, che oggi ricoprono ruoli manageriali o executive proprio a Dubai, di raccontarci la loro esperienza.

D. Luca, di cosa ti occupi?

R. Lavoro come Strategy, Enablement e Business Transformation Advisor per la Dell Technologies nell’area del Medio Oriente, Africa, Turchia e Russia. Mi assicuro che le varie strategie di vendita e di mercato stabilite dai nostri leaders vengano eseguite da parte di tutti i team, su vari livelli: dal finance al commerciale, dalle risorse umane all’ operations, fino a legals. Inoltre aiuto la società a trasformarsi digitalmente e quindi ad adottare i piú recenti sistemi di tecnologia a disposizione per poter raggiungere gli obiettivi strategici di cui sopra in modo efficiente ed efficace.

D. Cosa offre Dubai che l’Italia non ha e cosa ha il nostro Paese in più rispetto a Dubai?

R. Pur essendo una città, Dubai la si vive come un paese vero e proprio per via del grande afflusso di persone provenienti da tutto il mondo. Trovo che questo rappresenti un valore aggiunto oltre che un elemento affascinante. Altro aspetto certamente meno romantico è l’agevolazione sulle imposte, di cui Dubai ha fatto il suo slogan principale e grazie al quale la città continua ad attrarre talenti da tutto il mondo. L’Italia, d’altro canto, è la mia casa. Un paese ricco di storia e cultura studiata, ammirata ed invidiata da tutto il mondo. Ecco, questo aspetto culturale qui sembra mancare perchè Dubai fa ancora parte delle realtà emergenti ed ha una storia molto giovane. Senza parlare del cibo italiano, che Dubai cerca in tutti i modi di replicare, ma senza particolare successo!

D. Il tuo addio all’Italia è definitivo o solo un arrivederci?

R. Assolutamente, senza ombra di dubbio, un arrivederci! Sono quello che in gergo viene definito third culture kid, ovvero nato da genitori italiani, ma cresciuto per tutta la vita, fino ad oggi, al di fuori del mio Paese natio. Questa condizione mi ha permesso di conoscere, osservare, e provare in prima persona cosa voglia dire vivere immerso in una cultura diversa. Nonostante tutto questo viaggiare e vivere all’estero, mi ritrovo sempre a desiderare ardentemente di tornare a casa. Desiderio dovuto alla mancanza degli affetti famigliari, del cibo, dei bellissimi territori. Riflettendo su questi elementi c’è da chiedersi se valga davvero la pena rimanere qui a lungo, seppur con le agevoli condizioni economiche offerte dalla città.

D. Paolo, tu di cosa ti occupi?

R. Mi occupo dello sviluppo del mercato per Quiqup, startup tech con focus sul last mile delivery che fornisce soluzioni di consegna on-demand, ultra rapida, in giornata e programmata ad aziende, negozi (online e offline) e ristoranti di tutte le dimensioni negli Emirati Arabi Uniti e presto su tutta la regione del Golfo. Questo tipo di sevizio che consente al partner di vedere la propria struttura logistica e gli ordini ricevuti gestiti efficacemente da terzi, diventa un elemento imprescindibile in un mondo dove i clienti finali richiedono di ricevere i propri prodotti in tempi sempre più brevi e con maggior qualità di sevizio.

D. Perchè l’estero? Consente davvero maggiori opportunità?

R. L’estero ed in particolare gli EAU offrono un ecosistema più completo e valorizzante per la crescita dei giovani nel mondo del lavoro e per la dimensione delle startup. Qui si viaggia ad una velocità significativamente diversa da quanto, purtroppo, avviene in Italia. Si pensi solo a come, in pochissimi anni Dubai abbia superato ecosistemi di startup maggiormente noti e consolidati come quelli di New York e Tokyo nello Startup Cities Index Ranking e come questa dimensione rappresenti un importate bacino di impiego per le persone nel Paese.

D. Lontano da casa, amici e famiglia. Di questi tempi, le ambizioni si pagano a caro prezzo?

R. Credo che in un mondo professionalmente sempre più specializzato e competitivo il sacrificio, la predisposizione al cambiamento ed un percorso lavorativo ed umano lontano dalla nostra comfort zone siano elementi imprescindibili per chiunque abbia ambizione di provare ad avere una propria voce nel mondo del lavoro. Parallelamente diventa determinante circondarsi delle persone giuste; sviluppare rapporti umani positivi e sinceri con le persone in grado di condividere il tuo stesso concetto-guida che per poter andare lontano si deve possedere dentro di noi qualcosa di più grande delle circostanze.

D. Il tuo addio all’Italia è definitivo o è solo un arrivederci?

R. L’auspicio è quello di poter rientrare un giorno in Italia e condividere le esperienze e le conoscenze acquisite: per questo, nel mio piccolo, sto cercando di contribuire al miglioramento di dinamiche e di processi che purtroppo nel nostro Paese viaggiano ancora a rilento.

D. Shery, andar via dall’Italia per te è stata una fuga?

R. Ho iniziato a definire l’andare via dall’Italia come una vera e propria fuga, durante il periodo Covid. Dopo mesi di lockdown e condizioni di vita quotidiana pesanti e stressanti, l’apertura degli aeroporti si è rivelata salvifica. L’Italia è un Paese bellissimo e dal grande potenziale, che però rende giustizia alla maggior parte dei giovani solo dopo anni di studio. Più o meno tuti i ragazzi vengono schiacciati nei primi anni di lavoro da tirocini malpagati, 400 euro al mese ed è da questo loop che volevo sottrarmi.

D. A pari condizioni economiche e possibilità di crescita professionale torneresti in Italia?

R. Senza dubbio. A patto però che siano rispettate davvero le pari condizioni economiche e la possibilità di crescita personale, due variabili di non poco conto e a mio avviso strettamente connesse con “l’apertura mentale” di un Paese. Ad oggi è impossibile pensare ad una crescita reale per le aziende che non riconoscono l’importanza dell’internazionalizzazione, della conoscenza delle lingue straniere e di un capitale umano di origini culturali differenti all’interno della stessa realtà produttiva. Il mondo industriale italiano, perlomeno quello delle PMi, non ha ancora queste consapevolezze, ed è proprio questo ritardo che, per ora, mi trattiene convintamente all’estero. Sono sicura la situazione migliorerà, è solo questione di tempo! Basti pensare che con i miei 28 anni faccio parte della prima generazione di Ex-Extracomunitari nata e cresciuta in Italia. Nel momento in cui il mio Paese abbandonerà il provincialismo che lo caratterizza e sarà capace di trasformarsi in una realtà piú cosmopolita sarò piú che felice di tornare e godermi la vita in Italia! Probabilmente a quel punto avrò anche compiuto 187 anni!

D. Il tuo addio all’Italia è definitivo o solo un arrivederci?

R. Spero sia solo un arrivederci, non mi dispiacerebbe dopo anni di lavoro godermi un po’ di pace sul Golfo dei Poeti!

D. Beatrice, come è iniziata la tua esperienza a Dubai?

R. Sono arrivata a Dubai tre anni fa in seguito alla mia assunzione presso la Camera di Commercio Italiana negli EAU, dopo diverse esperienze all’estero. Prima Kazakistan, poi Hong-Kong ed oggi eccomi qui!

D. Consideri la tua partenza dall’Italia una fuga?

R. Piú che una fuga, ho sempre vissuto il mio allontanamento dall’Italia come una sfida. Mi sono messa in gioco con l’obiettivo di vivere nuove esperienze, conoscere, misurarmi con il mondo e raggiungere un’identità professionale più definita attraverso la graduale acquisizione di nuove e piú ampie competenze. Obiettivo che a Dubai mi è stato possibile conseguire.

D. Quali sono gli aspetti positivi della vita da Expat?

R. Vivere all’estero stimola la propria capacita di adattamento per via del continuo incontro/scontro con l’ignoto, con popolazioni diverse, abitudini ed usi di un luogo inizialmente sconosciuto. È un allenamento e con il tempo diventa tutto piú semplice! Inoltre all’estero c’è spazio per la crescita delle proprie competenze, si migliora la lingua inglese e si impara molto sulla cultura del Paese straniero. Unico vero aspetto negativo della vita da expat è la nostalgia della famiglia. Per quella non c’è rimedio! O forse sì. Vivere lontano da casa spinge naturalmente a ricreare punti fermi e a stringere legami forti.

D. Il tuo addio all’Italia è definitivo o è solo un arrivederci?

R. Sono convinta che sia un “arrivederci”. So che ho ancora molta strada da fare prima di rientrare in Italia e che le mie ambizioni mi conduranno alla scoperta di altri Paesi ancora per lungo tempo. Ti confesso però che se immagino il mio futuro vedo l’Italia…prima o poi!”.

Redazione Radici

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

CAPTCHA ImageChange Image

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.