“l’America per noi”: le relazioni Italia-Usa da Sigonella a Draghi   

“l’America per noi”: le relazioni Italia-Usa da Sigonella a Draghi    
di Maggie s. Lorelli
 “Le relazioni diplomatiche fra Italia e Stati Uniti nascono con la stessa proclamazione del Regno d’Italia nel 1861. La storia di questa lunga intesa è stata ricostruita nel libro L’America per noi (Luiss University Press, pp. 150, 16 €) da Mario De Pizzo, giornalista del TG1, che segue da anni l’attualità politico parlamentare italiana”. Ad intervistarlo è stata Maggie S. Lorelli per “La voce di New York”, quotidiano online diretto da Stefano Vaccara.

“Ben cinque presidenti del Consiglio, tre ministri degli Esteri, un ex ambasciatore e altri testimoni diretti raccontano alcuni momenti salienti, fra crisi e successi diplomatici, dell’indissolubile alleanza tra il nostro Paese e gli USA, ripercorrendo più di un trentennio della storia italiana dagli anni di Craxi, con l’incidente diplomatico di Sigonella e il caso Gheddafi, all’intervento in Kosovo, ricostruito da Massimo D’Alema, dall’emersione di Gladio e il coinvolgimento dell’allora Presidente della Repubblica Francesco Cossiga ai rapporti fra Bush e Berlusconi fino alla vicenda Calipari, raccontata in un’intervista esclusiva alla moglie dell’agente del Sismi.

E ancora, arrivando ai nostri giorni, dai discussi rapporti tra il Governo Conte e Trump alle triangolazioni con la Cina per la nuova Via della Seta, fino alla collaborazione tra i governi Draghi e Biden. E se con la Dichiarazione di Roma si stabilì una fiducia trilaterale USA-Italia-Russia, con gli attuali venti di guerra quale ruolo potrà giocare la relazione diplomatica tra l’Italia e gli Stati Uniti al fine di contribuire a ristabilire un nuovo equilibrio globale?

Ne parliamo con l’autore Mario De Pizzo.

D. Tra Italia e Stati Uniti è sempre stato un matrimonio felice?

R. È un matrimonio che si basa su una scelta reciproca, su una progettualità comune, anche se non sono mancate diversità di vedute e alcuni momenti di tensione, anche recenti. Italia e Stati Uniti hanno più che mai ora un orizzonte comune: la difesa della democrazia e della libertà, minacciate dalle autocrazie. Una relazione che potrà trarre maggior forza da una reale integrazione europea e dalla capacità dell’Ue di determinare insieme agli Usa le prospettive dell’Occidente.

D. Cosa lega il nostro Paese all’America? È soltanto un debito di riconoscenza o si tratta di forti affinità culturali?

R. Il debito di riconoscenza per la liberazione dal Nazifascismo è un elemento chiave, ma sarebbe assolutamente riduttivo rivolgere la forza di questa relazione al passato. Lo Stato di diritto è un collante fondamentale, in un momento in cui si sta determinando un nuovo ordine mondiale. Gli Stati Uniti, l’Italia, l’Europa hanno il compito di difendere il modello di vita occidentale, basato sul primato della persona, sui diritti e i doveri della cittadinanza. C’è da riscrivere il contratto sociale che tiene insieme le nostre comunità, rafforzando le tutele sociali e dell’ambiente e costruendo realmente una civiltà della conoscenza.

D. Quali sono i nostri valori comuni?

R. Democrazia, libertà, diritto al lavoro, alla felicità, autodeterminazione dei popoli, eguaglianza, lotta alle discriminazioni, acceso ai saperi, la convivenza pacifica e civile. Le nostre bellissime costituzioni sono quanto mai attuali.

D. Quanto è stata forte e quanto è forte ora l’influenza americana nella politica italiana?

R. È stata realmente forte durante la Guerra fredda. L’Italia aveva il più grande partito comunista d’Europa e la sua collocazione nello scacchiere occidentale era fondamentale. Ma il nostro Paese ha sempre scelto di stare dalla parte del mondo libero. Non è un caso che il segretario del Pci, Enrico Berlinguer, all’inizio degli anni ottanta disse di sentirsi più sicuro sotto l’ombrello della Nato, che nel patto di Varsavia. Ora è quasi impercettibile, tanto che da almeno un decennio si parla di disimpegno americano in Europa e nel Mediterraneo.

D. Quanto conta per gli USA nelle nuove dinamiche geopolitiche sempre più spostate a Oriente l’alleanza strategica col nostro Paese?

R. È fondamentale, non solo per la centralità del nostro Paese nel Mediterraneo e per la presenza di infrastrutture sensibili e strategiche per tutto l’Occidente. Non deve sfuggire poi, che l’Italia è nel gruppo di testa dell’Unione Europea, insieme a Francia e Germania. Il nostro Paese è membro del G7, è la seconda manifattura d’Europa, esprime un soft power incredibile che attrae molti paesi. Ma soprattutto, l’Italia condivide con gli Stati Uniti gli stessi valori. E per questo, è un compagno di strada irrinunciabile, soprattutto ora che tutto cambia nello scacchiere internazionale.

D. Vi sono oggi delle ragioni di divergenza e incomprensione com’è stato in passato?

R. No, è in atto una fase di riavvicinamento importante. Si sta rafforzando il partenariato commerciale, soprattutto con le forniture energetiche di Gnl. Ci sono poi le sfide dell’innovazione tecnologica della space economy, sulle quali emergono grandi convergenze. Ciò che appare talvolta incomprensibile, è la sussistenza in Italia di un sentimento anti americano, in alcuni strati della popolazione. È una questione da affrontare, soprattutto con progetti culturali e con forti investimenti per approfondire e divulgare le ragioni della nostra amicizia.

D. L’Italia si trova al centro di un doppio asse Bruxelles-Washington DC. Che ruolo gioca l’Unione Europea nei rapporti fra Italia e Stati Uniti?

R. L’Italia è un Paese fondatore ed è la terza economia dell’Unione e quindi concorre a pieno diritto a determinare gli interessi e le azioni di Bruxelles. Non può essere un Paese subalterno. L’interesse strategico italiano non è scindibile da quello europeo. Il compimento del progetto dell’Unione non può che rafforzare l’alleanza con Washington, con un rapporto maturo, consapevole, paritetico.

D. Senza l’Alleanza Atlantica, che ruolo avrebbe l’Italia nello scacchiere geopolitico mondiale? Conterebbe di meno?

R. Conterebbe certamente meno. Anzitutto perché di fatto l’Europa – e soprattutto l’Italia – ha appaltato da decenni la propria difesa agli Stati Uniti. E una forza priva di Difesa non è pienamente in grado di far valere i propri interessi.

D. Definirebbe l’attuale posizione dell’Italia nei confronti degli USA subalterna e acritica o autorevole e assertiva?

R. Negli ultimi quarant’anni è stata talvolta autorevole e assertiva, come nella vicenda di Sigonella. Acritica e subalterna, nel caso Calipari. Oggi, l’Italia ha una posizione autorevole, è un partner affidabile e ascoltato, su molti dossier.

D. L’Italia è per gli Stati Uniti un amico affidabile?

R. Le rispondo con la conclusione del mio libro. “Così come Federico Fellini diceva del suo amico e compositore Nino Rota, trovo che l’Italia possa definirsi “l’amico magico” degli Stati Uniti: talvolta sfuggente e ambiguo, quando invece leale, brillante, prezioso e all’altezza del proprio interesse nazionale, ed altre volte ancora eccessivamente subalterno. Un amico – l’Italia – che può mostrarsi tanto più forte e affidabile, quanto più lo è il tenore della sua classe dirigente.

D. Stessa domanda per la Russia…

R. L’Italia oggi non è più un Paese amico della Russia. In passato ha spesso coltivato un rapporto ambiguo. Ma da quasi un decennio è Mosca a non essersi mostrata amica di Roma. Putin ha avviato una strategia di ingerenza nel nostro paese, finanziando disinformazione e movimenti di opinione, con il cosiddetto sharp power. E avvicinando diversi esponenti politici.

D. In merito all’attuale scenario di guerra in Ucraina, come vede la posizione dell’Italia?

R. Una posizione assertiva e coerente con i valori della comunità internazionale: l’Unione Europea e l’Onu. Ferma nel sostegno alla resistenza ucraina, senza rinunciare al dialogo per la ricerca della pace.

D. Il governo Draghi si è definito europeista e atlantista. Biden e Draghi rappresentano davvero una nuova chance per l’Occidente?

R. Certamente. Già agli albori del conflitto in Ucraina, Draghi ha detto espressamente che è in atto una ridefinizione dell’ordine mondiale. Bisogna costruire la pace, nella consapevolezza che le autocrazie muovono un attacco frontale alle democrazie. L’azione del governo italiano nel Mediterraneo e in Africa per accordi di fornitura energetica è in realtà anche un’iniziativa diplomatica per allargare il fronte di chi si oppone alla Russia e alla sopraffazione del popolo Ucraino. L’Italia sta dunque dimostrando una capacità di leadership molto apprezzata dagli Stati Uniti che devono necessariamente guidare questo nuovo fronte, per un nuovo equilibrio mondiale di pace. In una stagione in cui il conflitto ha fatto il suo drammatico ritorno su scala globale”. (aise) 

Redazione Radici

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