In nove casi la Sezione disciplinare del Csm ha emesso una sentenza di assoluzione. Altri 14 sono stati chiusi con la formula di “non doversi procedere”. E’ quanto si evince dalla Relazione annuale sulle “Misure cautelari personali e riparazione per ingiusta detenzione – 2021” che il ministero della Giustizia ha presentato al Parlamento.
Ad avviare i procedimenti con la contestazione di ritardi nella scarcerazione, è stato quasi sempre il ministro della Giustizia, che ha promosso 45 iniziative. Solo in 5 casi si è mosso il Procuratore generale della Cassazione, che con lui condivide la titolarità dell’azione disciplinare.
Dei 5 promossi l’anno scorso 3 sono stati definiti (2 con l’assoluzione e uno con l’ordinanza di non doversi procedere), mentre 2 sono ancora in corso. Sono tutti pendenti anche tutti i 21 procedimenti avviati nel 2020. Nella Relazione al Parlamento il ministero della Giustizia chiarisce come il riconoscimento del diritto alla riparazione per ingiusta detenzione “non è di per sé, indice di sussistenza di responsabilità disciplinare a carico dei magistrati che abbiano richiesto, applicato e confermato il provvedimento restrittivo risultato ingiusto”.