Ucraina sotto le bombe russe, la pace ancora lontana

Ucraina sotto le bombe russe, la pace ancora lontana

di P.F. Moretti

Da settimane, ormai, numerose città ucraine sono sotto assedio russo, ovunque scene di morte e devastazione, mentre i potenti del mondo assistono da lontano senza agire in modo definitivo, il loro sguardo preoccupato è più che altro rivolto agli esiti economico-politici di tale ostilità. Un monito si eleva contro ogni conflitto dalla nostra bella Costituzione, infatti, nell’articolo 11 si legge: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie a un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni…”.

I nostri Padri costituenti hanno elaborato la Costituzione in un clima post bellico, le città italiane, forse, non erano completamente distrutte come quelle ucraine, certo, però, non prive di lutti, stermini, distruzione e fame. Si è arrivati alla tregua, in Italia, come altrove, con un tributo di sangue non indifferente, gli sforzi umani si sono così concentrati per ricostruire strade, città, stati ma poi hanno ceduto nella costruzione di una pace durevole.

Il conflitto ucraino scuote le coscienze e fa vacillare le certezze, la paura della guerra attanaglia la gente europea e non solo. Persone della mia generazione non hanno conosciuto la guerra grazie al sacrificio di coloro che hanno immolato la propria vita per restituirci quella libertà negata dall’oppressore. Forse è questo il motivo, non aver vissuto quegli anni ha impedito di rendere il periodo di pace duraturo? La mia generazione ignora cosa significhi trovarsi al fronte, davvero può essere solo questa la causa? Motivazione troppo labile per un’umanità che, se lo volesse, potrebbe volgere uno sguardo empatico al dolore e all’annichilimento.

Le cause sono da ricercarsi altrove, sempre uguali, ieri come oggi. Da anni si assiste alla violazione dei diritti umani, all’indifferenza verso la vita con azioni rivendicate in nome di un credo religioso, politico, ideologico basato sul personale e quindi immorale.

Una pace invocata da più fronti mentre i governi vanno oltre, fornendo all’esercito ucraino armi letali e armi non letali, ma vi è una reale differenza? Anche una semplice padella può rivelarsi un’arma mortale, dipende dall’uso che ne vuole fare colui che ce l’ha in mano, dunque, esistono veramente armi non letali? Quest’ultime usate per autodifesa e dalle forze dell’ordine per reprimere le sommosse e le proteste senza cagionare danni seri all’obiettivo-persona, almeno in teoria, la realtà poi è ben altra cosa, e i casi di cronaca ne rendono atto.

Il conflitto ucraino è una questione di confini, dentro o fuori la Russia, un ridisegnare i perimetri geografici ignorando l’esistenza di un popolo che ha il sacrosanto diritto di custodire la sua libertà. Innalzare barriere non è un presupposto per la fine della guerra, affinché possa esserci la pace durevole è necessario un cambio culturale e mentale.

Apertura all’altro, conoscenza, abbattimento dei muri della diversità, integrazione, eliminazione delle disuguaglianze economiche e di classe; su questi programmi dovrebbero lavorare i capi dei governi, armare un popolo non significa aiutarlo, né tantomeno porre definitivamente fine alle ostilità. Inviare armi potrebbe nell’immediato apparire di aiuto, forse più per lavare la coscienza, alla tipologia di aiuto bellico sarebbe sensato affiancare un piano ben strutturato di sostegno, ricostruzione, riconoscimento di pieni diritti e libertà, al momento l’unica certezza è un trattato di pace ancora lontano.

Bibliografia immagini:
https://pixabay.com/it/photos/guerra-distruzione-disperazione-2930223/

Redazione Radici

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