Guerra in Ucraina: Rigoni (Deloitte): Spegnere Internet in Russia non è la soluzione

Guerra in Ucraina: Rigoni (Deloitte): Spegnere Internet in Russia non è la soluzione
Per il Government and Public Services Global Cyber Leader di Deloitte “un Internet shutdown nel contesto del conflitto in Ucraina avrebbe effetti dirompenti non solo in Russia, ma in tutto il mondo. Bisogna evitarlo.”

MILANO – «Il conflitto in corso in Ucraina sta dimostrando come una guerra del XXI secolo non possa prescindere dalla dimensione digitale. L’utilizzo di tecnologie per sferrare attacchi alle infrastrutture critiche, la diffusione di fake news e il coinvolgimento di attori non statali hacker come Anonymous sono soltanto la punta dell’iceberg di uno scenario sempre più complesso in cui la guerra è diventata “ibrida” e il dominio cibernetico ha assunto un ruolo di primo piano».
Ad affermarlo è Andrea Rigoni, Government and Public Services Global Cyber Leader di Deloitte, nel suo intervento pubblicato sul sito dell’Ispi e sul blog istituzionale di Deloitte Italia.
«Conscio del ruolo di Internet in questa guerra, il Ministro della Trasformazione digitale ucraino ha fatto pressione per isolare la Russia anche da Internet. Una misura che, secondo le richieste ucraine, sarebbe necessaria per evitare la divulgazione di informazioni manipolate dai russi a fini di propaganda», prosegue Rigoni.
«Ma si tratta davvero di una soluzione percorribile? Se esaudita, la richiesta ucraina certamente metterebbe in difficoltà lo stato russo e la macchina propagandistica, ma tagliarebbe fuori da Internet anche tutti i cittadini russi, tra i quali sono inclusi membri di organizzazioni non governative, associazioni e dissidenti politici – ovvero tutti quei soggetti che hanno un ruolo decisivo nel far venire meno il consenso politico interno necessario alla prosecuzione della guerra», spiega l’esperto cyber.
«Ma, soprattutto, un eventuale shutdown di internet potrebbe portare all’irreparabile frammentazione dell’Internet globale», sottolinea Rigoni.  «Una eventualità inverosimile, ma alla quale la Russia sembrerebbe essersi preparata con la “Legge per l’Internet sovrano” del 2019 che, tra le altre cose, prevede la costruzione di un sistema DNS russo e di infrastrutture digitali gestite da Roskomnadzor (il Servizio federale per la supervisione nella sfera della connessione e comunicazione di massa) in alternativa a quelle attualmente gestite dall’ICANN (Internet Corporation for Assigned Names and Numbers)».
«Alla luce di ciò», prosegue, «accontentare la richiesta ucraina di isolare la Russia anche dalla rete globale, rafforzerebbe ulteriormente gli sforzi del Cremlino di creare una intranet nazionale, creando un pericoloso precedente che potrebbe portare all’irreparabile frammentazione di Internet globale. Proprio per questo, sia l’ICANN che RIPE NCC hanno respinto la richiesta ucraina ribadendo il proprio ruolo di organizzazioni tecniche indipendenti, costruite per garantire il funzionamento di Internet ed evitare che questo abbia effetti devastanti e permanenti sulla fiducia e sull’utilità di questo sistema globale».
«Non meno importante sottolineare che, oltre a danneggiare il popolo russo e a rafforzare i propositi di “sovranismo digitale” di questo Paese, un eventuale shutdown dell’Internet russo avrebbe un effetto dirompente sul resto del mondo e sulle aziende. In primis, verrebbero danneggiate tutte le aziende internazionali con presenza in Russia: infatti tutte le comunicazioni aziendali, incluso l’accesso ad applicazioni corporate, transitano oramai sull’open internet. Ma anche le aziende russe verrebbero colpite, poiché perderebbero immediatamente la possibilità di interagire con qualsiasi entità al di fuori della Russia», fa notare Rigoni.
«In tale scenario, è ipotizzabile la definizione di una serie di accordi bilaterali per consentire una connettività selettiva, ad esempio tra Russia e Cina. Alcuni servizi potrebbero essere comunque consentiti con tutto il mondo, ma con sistemi di filtraggio avanzati, come accade spesso in alcuni Paesi. Verrebbe fortemente danneggiata anche la capacità di ricerca e di innovazione da parte delle aziende russe, che non potrebbero più accedere all’enorme patrimonio informativo (libero e a pagamento) messo a disposizione dal web».
«Infine», conclude l’esperto di Cyber Security, «al di là delle conseguenze pratiche in termini di danneggiamento del coordinamento globale delle operazioni sul web, assecondare la richiesta ucraina significherebbe assecondare tutti quei Paesi che desiderano un Internet meno aperto che può essere strumentalizzato e utilizzato per imporre decisioni politiche, piuttosto che consentire comunicazioni e operazioni digitali tipiche di un mondo globalizzato. E proprio perché la rete è divenuta il nuovo campo di battaglia dei conflitti del XXI secolo, la sua segregazione e strumentalizzazione per fini politici deve essere evitata e prevenuta».

Antonio Peragine

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