Professore Pescapè, ci fa un bilancio sulle prime settimane di “Information War”? “Innanzitutto, un bilancio non può non cominciare dalla considerazione che questa è la prima grande guerra che si combatte anche fuori dai campi di combattimento per così dire “convenzionali”. Una guerra che si sta combattendo nel cyberspazio già da tempo, fatta di attacchi informatici, di propaganda e di strategia della paura. Il tutto costruito utilizzando principalmente lo spazio della rete Internet”.
Antonio Pescapè è ordinario di Sistemi di elaborazione delle Informazioni presso il dipartimento di Ingegneria Elettrica e delle Tecnologie dell’Informazione (DIETI) dell’Università di Napoli Federico II. Insegna Calcolatori Elettronici, Reti di Calcolatori ed Analisi e Prestazioni di Internet.
La sua attività di ricerca si focalizza sullo studio di Internet, sulla sue prestazioni e sulla sua sicurezza e gestione, su cui ha pubblicato più di 200 lavori su conferenze e riviste internazionali e per la quale ha ricevuto numeri riconoscimenti internazionali tra cui un Google Faculty Award.
Professore, la Russia ha intensificato da un lato le sue attività di propaganda dall’altro ha messo in campo numerose attività censorie. Cosa è successo esattamente?
“La Russia ha avviato – già prima della guerra – azioni di propaganda, attraverso messaggi più o meno subliminali e fake news. Questa attività si è intensificata al punto che numerose piattaforme, tra cui Meta (nota ai più come Facebook) e Twitter, hanno dovuto o bloccare i messaggi oppure rendere evidente che la fonte della notizia fosse governativa o appartenente a soggetti collegati al governo russo, proprio per evidenziarne la natura propagandistica.
Nel contempo, come offensiva, il governo russo ha intensificato il controllo dei media, sia di quelli tradizionali sia di quelli legati alla rete, e Il 4 marzo la Duma ha varato una legge con cui si minaccia di punire la “copertura” della guerra all’Ucraina con sanzioni quali il lavoro forzato o la reclusione.
Dall’inizio del conflitto ad oggi, i principali social network – prima Facebook e Twitter, poi Instagram – sono stati censurati o oscurati dal governo russo. Il Roskomnadzor, l’agenzia federale russa per la supervisione nella sfera della connessione e comunicazione di massa, responsabile della censura dei media in Russia, ha intensificato fortemente le sue attività”.
Questa attività propagandistica e censoria da parte della Russia ha scatenato il collettivo Anonymous. Cosa hanno fatto gli hacker?
“Anonymous sta giocando un ruolo importante nel conflitto. Dal 24 Febbraio, giorno dell’invasione Russia in Ucraina, Anonymous ha sferrato numerosi attacchi e ha violato più volte i sistemi russi. A proposito proprio di Roskomnadzor, Anonymous ha annunciato di aver reso pubblici più di 360.000 documenti, ottenuti violando i sistemi dell’agenzia per la censura russa.
Dai “bollettini di guerra” di Anonymous si legge che da quando il collettivo ha dichiarato la “guerra informatica” alla Russia o meglio “a Putin”, Anonymous ha violato oltre 2500 siti Web di governi russi e bielorussi, organi di stampa statali, banche, ospedali, aeroporti, impianti nucleari, aziende e “gruppi di hacker” filorussi. Attacchi, per numero, senza precedenti. Sta anche rendendo pubblici gli indirizzi IP di numerose webcam sul territorio russo e bielorusso.
Hanno violato Il sito web del Ministero delle Emergenze della Russia e nella pagina principale sono apparsi collegamenti ipertestuali con le parole: “Non fidarti dei media russi – mentono”, “Informazioni complete sulla guerra in Ucraina” e “Il default della Russia è imminente”. Anche i siti web dei tribunali arbitrali in alcune regioni della Russia sono stati oggetto di un attacco nel quale è stato chiesto l’impeachment del presidente russo Putin e un suo processo alla Corte dell’Aja.
Sarebbero state prese di mira anche alcune corti della Siberia e dell’Estremo Oriente, attaccati anche i tribunali arbitrali dei territori di Primorsky, Krasnoyarsk e Khabarovsk, delle regioni di Novosibirsk e Kursk, di Mosca e di cinque regioni del Distretto Federale degli Urali. Lo stesso è stato fatto violando più volte emittenti televisive russe – tra cui ad esempio, “Russia 24”, “Channel 1”, “Moscow 24”, e i servizi di streaming Wink e Ivi – per avvisare la popolazione di quanto sta realmente accadendo in Ucraina. E sempre per arrivare ai singoli cittadini russi oggetto della propaganda di Putin, sono stati messi in piedi sistemi (raggiungibili ad esempio attraverso la piattaforma https://www.1920.in) che inviano email, sms e whatsapp con testi di “contro-informazione: sono stati inviati ad oggi più di 30 milioni di messaggi.”
I cittadini russi pagheranno per questo continuo attacco informatico contro la Russia?
“Anche le società di servizi finanziari Visa e Mastercard hanno sospeso i loro servizi in Russia e Pay Pal, già sospeso per le transazioni, ha annunciato che dal 18 marzo i portafogli degli utenti russi saranno bloccati. Dopo le piattaforme, i sistemi di pagamento. Per la Russia si profila un forte isolamento che finirà per penalizzare innanzitutto i cittadini, anche i tanti che sono contrari all’attacco di Putin.”