Bitetto, Santa Maria la Veterana

Bitetto, Santa Maria la Veterana

Bitetto, Santa Maria la Veterana: quella sorprendente chiesa che conserva affreschi millenari dal valore inestimabile.

A vederla così piccola, semplice nelle sue forme scultoree, bianca , non si direbbe mai che al suo interno nasconda variopinti affreschi millenari, capitelli finemente scolpiti e volte a crociera.

La Chiesa di Santa Maria la Veterana rappresenta infatti un sorprendente e antico gioiello dai tratti tardogotici riuscito a mantenersi fedele a se stesso. L’edificio  si trova nella periferia meridionale della città di Bitetto, di cui costituisce il luogo di culto più antico: è infatti sorto tra l’IX e il X secolo sulle spoglie di una chiesa paleocristiana a sua volta costruita su tempio pagano dedicato alla dea Demetra.

 Per raggiungere la chiesa da Bari bisogna immettersi sulla provinciale 206, arrivati a Bitetto  bisogna imboccare Corso Garibaldi e superata una piccola rotatoria ci si trova sulla sinistra in una piazzetta circondata da basse palazzine; ci siamo, ecco infatti all’improvviso apparire sulla sinistra Santa Maria la Veterana. La sua facciata, bassa e rettangolare, è veramente minimale.

I bianchi conci in pietra che la scandiscono sono interrotti solo da una finestrella centinata su cui si staglia lo stemma del vescovo Marino Scicutella, protagonista di una ristrutturazione avvenuta tra il 1294 E IL 1302.A farci comprendere di essere davanti a un tempio sacro si trova l’adiacente torre campanaria tardoromanica caratterizzata da una porta inquadrata da un fornice a sesto acuto. La parte più alta presenta invece due monofore di dimensioni diverse e una cupola a cipolla di età tardobarocca.

All’interno scopriamo che questa piccola chiesetta è un autentico gioiello. La struttura a pianta basilicale si apre in tutta la sua preziosità, con le tre navate divise da robusti pilastri quadrangolari sormontati da archi e coperta da volte a botte e a crociera. Ma a catturare la nostra attenzione è l’intensa cromaticità delle sue pareti, interamente coperte da bellissime sacre raffigurazioni pittoriche. Ed è proprio questa la sua  particolarità.

Nel 700, così come per tutti i templi medievali, anche Santa Maria la Veterana subì dei rifacimenti barocchi, con tele, cornici e altari che andarono a coprire gran parte degli affreschi. Ma a differenza di molte  altre chiese della terra di Bari, i successivi restauri e lavori novecenteschi riuscirono a salvare le opere celate da duecento anni, evitando nel contempo il posticcio inserimento di nuovi elementi architettonici.

E così l’edificio fu riportato al suo antico splendore tardogotico che ancor’oggi lo contraddistingue. La navata sinistra ad esempio è un tripudio di colori, statue e preziosi manufatti lignei. A richiamare prepotentemente la nostra attenzione è in controfacciata l’affresco della Madonna in trono col Bambino di XV secolo: qui, ai piedi di Maria avvolta nel suo panneggio azzurro e seduta su un baldacchino, spunta l’immagine di una gentildonna, committente dell’opera; si tratta della contessa di Conversano  Caterina del Balzo Orsini». Sulla volta è possibile  osseevare una grande immagine di Dio Giudice  che sovrasta le nostre teste. Inquadrato in un cerchio su sfondo stellato, con la sua barba folta e i suoi occhi fermi e severi, sembra osservare i fedeli e ammonirli tramite il gesto della mano.

Nella navata destra si trova una scultura in marmo bianco con i rilievi di due leoni affrontati che sorreggono un bucefalo: è un capitello dell’XI secolo che ha perso la sua colonna, andata distrutta durante la ristrutturazione di Scicutella. Accanto ecco un prezioso paliotto d’altare. Si tratta di uno dei pochi elementi barocchi lasciati qui, oltre alla cantoria lignea del XVIII secolo con balaustra e cassa dell’organo decorate da motivi oro e azzurri ;parliamo di un esemplare rarissimo nel suo genere, realizzato in cuoio dipinto e punzonato con foglie d’argento. Ha una storia particolare: inviato a Firenze per una mostra, si salvò dall’alluvione del 1966, pur subendo ingenti danni dopo una lunga tribolazione ci è ritornato restaurato solo nel 1997.

Addossato a un pilastro giace un trespolo quadrato in ferro, simbolo della ritualità popolare bitettese. È detta “la passata” stante la consuetudine di fare gattonare i bambini al di sotto di esso come rituale per scongiurare le malattie infantili. Ci avviciniamo infine al transetto della Veterana, coperto a capriate lignee, che custodisce anche un altare in legno. Intagliato e indorato su un fondo azzurro, è impreziosito da quattro colonnine tortili e reca al centro una statua lapidea coeva della Vergine col Bambino.

L’area circostante è interamente affrescata con scene di chiara ispirazione giottesca della vita di Maria a sinistra e della predicazione di Cristo insieme al Giudizio finale a destra. Tra gli episodi mariani a spiccare è la centrale dormitio virginis  (il sonno della vergine). La Madonna distesa nei suoi candidi abiti e con le braccia incrociate è attorniata da uno stuolo di santi nella parte superiore e sorretta da quelli che sembrano paggi inginocchiati. Sulla parete opposta si susseguono cornici paradisiache e scenari infernali. Da un lato Abramo, Isacco e Giacobbe con in grembo i beati accolgono le anime tra le palme del Regno dei cieli. Dall’altro un angelo con le mani e la veste color del fuoco sospinge i dannati tra le spire del demonio. L’acquasantiera in pietra fa bella mostra di sè nei pressi del portone. All’interno della spessa vasca circolare giacciono cinque tartarughe scolpite. Si tratta di un elemento di continuità con il tempio pagano su cui La Veterana fu fondata.

La presenza di questi carapaci era consuetudine nei luoghi dedicati alla dea Demetra: rappresentano un simbolo di purificazione e rinascita. La chiesa è molto bella, è un vero gioiello che si aggiunge ai tanti altri gioielli di questa città .Bitetto può diventare una meta in cui si fondono, storia, turismo, edifici di culto, palazzi baronali, , folklore, genuine degustazioni culinarie. A un tiro di schioppo di Bari è una meta degna di nota che non mancherà di stupirci e di affascinarci. L’andarci, ove mai non fosse chiaro, è quasi un imperativo categorico a cui sarà difficile rinunciarci.

Giacomo Marcario

Antonio Peragine

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