Enzo Barracco, il fotografo che svela respiro, rumore e umore della natura

Enzo Barracco, il fotografo che svela respiro, rumore e umore della natura

Il famoso slogan “una immagine può valere più di mille parole” ci sembra appropriato quando dentro al Palazzo di Vetro si passa dal largo spiazzo che dalle sale delle riunioni diplomatiche porta al Caffé Vienna. Lì, da giovedì, sono in gagliarda mostra alcune delle foto realizzate in Antartide e poi nelle Galapagos da Enzo Barracco. Di questo fotografo siciliano, da tempo trapiantato a Londra, e con molti anni di esperienza nel campo della moda, La Voce di New York vi aveva già parlato l’anno scorso proprio in occasione dell’uscita del suo libro The noise of Ice Antarctica, e di come avesse “virato” il suo obiettivo dal focus fashion & business a quello naturalista e ambientalista. Quando abbiamo scoperto che le sue foto, grazie all’organizzazione della Missione diplomatica dell’Unione Europea alle Nazioni Unite, sarebbero state celebrate qui dentro l’ONU, non potevamo farci sfuggire l’occasione di incontrarlo davanti a quelle immagini che fanno venire i “brividi” più di una canzone di Sanremo. Se poi, mentre chiacchieriamo con Barracco, scopriamo pure che è nato a Mazara del Vallo, nella stessa cittadina dello scrivente, allora dai brividi si passa direttamente alla commozione….”. Così scrive Stefano Vaccara che, in collaborazione con Alessandra Loiero, ha intervistato Barracco per “La voce di New York”, quotidiano online che dirige nella Grande Mela.

“Per me è un grande privilegio essere qui – ci spiega davanti agli scatti che simboleggiano l’emblema del climate change – Spero che il mio lavoro possa scaturire una sorpresa e ispirare qualche curiosità per il mondo naturale, in modo da creare un dialogo nuovo con la natura. Questo Palazzo, così prestigioso, è perfetto per comunicare questo tema”.

La mission di Barracco è risvegliare le coscienze umane, invogliando ogni individuo a rispettare e trattare la natura come un’opera d’arte, e lo fa attraverso la forza della fotografia negli angoli più remoti della Terra. “Nonostante pensiamo di conoscere la natura, questa ha sempre la capacità di sorprenderci e i posti più selvaggi del pianeta hanno la chiave per capire le dinamiche di come il mondo naturale funziona… Noi conosciamo i dati, abbiamo i numeri, ma quello che manca è l’immagine”. Per il fotografo siciliano, tutti siamo responsabili dei cambiamenti climatici in corso e per questo crede che ognuno di noi abbia “il dovere di fare qualcosa per la natura con le proprie abilità. Io, – continua – lo faccio con la fotografia perché non ha bisogno di traduzione; arriva senza bisogno di didascalie o di spiegazioni. Una sola immagine, a volte, riesce a raccontare una storia molto complessa. Oggi, per esempio, i diplomatici che erano all’inaugurazione non avevano bisogno dei traduttori, ognuno di loro si fermava davanti alla foto che gli comunicava qualcosa e cominciava ad osservarla creando una connessione con il soggetto principale”.

La maestosità dei suoi lavori i diplomatici dell’ONU potranno ammirarla fino al 12 febbraio. L’iceberg è lo scatto che colpisce di più perché è quello che più rappresenta il global warming, e Barracco ci tiene a raccontare l’avventura vissuta in Antartide per immortalare l’enorme massa di ghiaccio. “Per realizzare la foto ci sono state diverse difficoltà, e la logistica era un di queste – spiega. – In questi luoghi remoti, è la natura che decide dove puoi andare o no, e spesso bisogna aspettare ore per trovare la condizione perfetta. Non è come quando facevo moda. In studio, sei tu a controllare il set e le luci. In natura, invece, ti devi adattare alle circostanze, con tanta pazienza. Ovviamente, il territorio è prevalentemente bianco, quindi i riflessi e la giusta esposizione erano difficili da gestire. Un altro elemento di difficoltà erano le condizioni meteo. Il freddo estremo fava scaricare subito le batterie della macchina fotografica, ma la cosa che ricordo di più è la potenza del vento, in alcuni casi, facevo addirittura fatica a respirare…”
Mai avuto paura? “Un giorno, io e il mio team esploravamo una baia a bordo di un gommone. Era una giornata bellissima: c’erano le balene attorno a noi, gli albatros che volvano in un cielo blu brillante. Tutto era perfetto. Inizio ad avvicinarmi ad una parete di ghiaccio verticale, era altissima, tanto da poterla equiparare ad un grattacielo di New York. Io comincio a fotografare, ma subito avverto una sensazione di paura, sento qualcosa di strano.

Decido di continuare a scattare, ma quella sensazione diventava sempre più forte. È qualcosa che è difficile spiegare con le parole, ma era una paura estrema, una sensazione mai provata prima. Di colpo, guardo in cielo e gli albatros non c’erano più. Tutto era diventato silenzioso. Immediatamente decido di allontanarmi da quella maestosa parete, e ho fatto giusto in tempo a girare il gommone, che la parete dell’iceberg è iniziata a crollare in mare creando una serie di onde gigantesche insieme a tantissimi pezzi di ghiaccio, grandi come bus. Il rumore provocato dallo sgretolarsi del ghiacciaio è stato il rumore più potente che abbia mai sentito. Potentissimo e pieno… È da questa esperienza che è nato il titolo del libro The noise of Ice Antarctica – il rumore del ghiaccio”.
Dopo l’esplorazione tra i ghiacciai e l’uscita del libro, Barracco ha in programma altre mostre sul progetto Antarctica in alcune città negli Stati Uniti. Ma adesso sta lavorando ad un nuovo progetto sulle Galapagos, il cui libro The Skin of the Rock Galapagos, uscirà a fine anno. “Per realizzarlo ho coinvolto diversi personaggi ed istituzioni internazionali – ci racconta, – e sono molto contento dell’entusiasmo e del supporto che il nuovo progetto sta ricevendo… Dopo l’esperienza bellissima e fortissima in Antarctica pensavo che nessun altro posto naturale potesse sorprendermi, ma Galapagos lo ha fatto. È un posto selvaggio, ricco di una fauna e flora incredibile, con una capacità di adattamento unica. Sembrava sempre come se da un momento all’altro potesse uscire un dinosauro da dietro una roccia. Veramente un posto primordiale. Tentare di fotografare e focalizzarsi solo su un animale era difficile perché in un metro quadrato, spesso c’erano dieci animali diversi. La difficoltà era tentare di evitare che gli altri animali entrassero nell’inquadratura”.

È stata proprio l’unicità di questo posto che ha convinto il Climate Artist a spingerlo ad una nuova avventura. Galapagos “si trova nel punto in cui tre delle maggiori correnti oceaniche si incontrano, portando una ricchezza di vita unica. Spero che le Galapagos possano essere un esempio, sono il luogo perfetto per capire un po’ meglio i nostri oceani e la trasformazione che stanno vivendo. Una trasformazione in cui siamo profondamente coinvolti e della quale siamo profondamente colpiti”. Per questo lavoro, Barracco ha ricevuto anche una nomina agli emmy.

Pur esplorando il mondo, il fotografo palermitano non dimentica le sue origini e spera di poter realizzare presto un progetto in Sicilia, “una terra piena di contrasti – dice – che, come Palermo, mi ha ispirato molto. Il mare di Mazara del Vallo e le prime immersioni che ho fatto nel Canale di Sicilia sono state fonti di ispirazione fondamentale, che hanno suscitato in me la passione e il rispetto per il mare. Non vivo in Italia da tanto tempo, ma noi abbiamo un patrimonio culturale e ambientalistico unico al mondo. C’è l’imbarazzo della scelta su cosa si possa fare. Basta puntare il dito ed esce fuori un progetto fotografico fantastico. Essendo siciliano mi piacerebbe girare la Sicilia in barca a vela ed esplorare tutta la costa. È un viaggio a cui ho sempre pensato fin da quando ero piccolo”.
Ma Barracco pensa anche a New York. “Assolutamente è un soggetto che mi interessa – spiega – In passato ho pensato più volte a creare un progetto qui, ma poi la natura ha preso il sopravvento e continuo a rimandare… New York ha una velocità e un entusiasmo nel fare e nel creare che coinvolge tutti, a volte ti trascina, a volte ti trasporta, ma in ogni caso sempre con una energia unica. Poi, l’architettura in alcuni casi imponente, in altri a dimensione d’uomo, crea una diversità visiva molto interessante. E alle volte, la mattina presto o prima del tramonto, la luce del sole crea degli scenari davvero unici””.

Redazione Radici

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