Le elezioni presidenziali francesi. Il fenomeno Éric Zemmour e la destra francese

Le elezioni presidenziali francesi. Il fenomeno Éric Zemmour e la destra francese
                                             Di Apostolos Apostolou

I giovani e la borghesia in Francia vogfliono Éric Zemmour per le elezioni presidenziali. E’ fatto che Il sessantatreenne intellettuale, capace di incantare i giovani e risollevare buona parte dell’elettorato lepenista, curiosamente guarda più alle elezioni legislative che si terranno nel giugno prossimo che alle presidenziali. Ma chi è Éric Zemmour e quali sono le sue idee politiche? Éric Zemmour nato in Francia da una famiglia ebrea precedentemente residente in Algeria, Zemmour è stato opinionista e cronista di diverse testate giornalistiche, tra cui Le Figaro. Si è affermato nel Paese come “scrittore identitario”.


L’epoca di Charles Maurras è finita. Charles Maurras si schierò con Pétain, venne condannato a vita dopo la guerra e rinchiuso nella prigione di Riom. Nuovi intellettuali di Destra in Francia scrivono per la epoca della meta politica che diffuso dalle élites intellettuali e la globalizzazione governata dalle élites economico-finanziarie deve cambiare. I popoli hanno bisogno l’identità anche la volontà di resistenza. Chi sono i nuovi intellettuali didestra in Francia oggi? Éric Zemmour, l’editorialista di destra autore del bestseller sul «suicidio francese», scrittore sul “Figaro” anche è un candidato per le elezioni francesi «Hai compreso il disprezzo di classe che anima le nostre élite benpensanti nelle quali l’amore dell’Altro da anni sfocia nell’odio di sé. Éric Zemmour ha scritto due anni fa il libro con titolo “Il suicidio Francese». Edizione Enrico Damiani.


«La Francia uscita dal Maggio 1968 avrebbe suonato la rivincita degli oligarchi sul popolo, dell’internazionalismo sulle nazioni, dei nuovi feudatari sullo Stato, dei girondini sui giacobini, dei giudici sulla legge, della femminilità sulla virilità». Fu in quel momento che le istanze del capitalismo finanziario più sregolato si fusero con quelle della sinistra. I progressisti ci mettevano l’enfasi sui diritti civili, sulla difesa delle minoranze e sulla distruzione dell’autorità. La finanza ne approfittava per sostenere l’abbattimento della sovranità degli Stati, per tagliare ogni laccio che imbrigliasse il mercato globale e per ridurre gli individui atomizzati a semplici consumatori. «A poco a poco si verificò l’auspicata integrazione delle donne e della gioventù nel mercato, a prezzo di un’impazienza e di un’insoddisfazione perpetue. La ricerca della felicità divenne il grande affare di ognuno. Il padre ne fu il capro espiatorio», scrive Zemmour. E argomenta: «Sul piano ideologico, l’inedita supremazia libertaria preparava il terreno ai liberali. I movimenti femministi annunciavano la fine del patriarcato, l’assunto “è proibito proibire”, la morte del padre e di ogni autorità. L’influenza comunista sull’Educazione nazionale aveva convertito le care teste bionde cresciute negli anni Sessanta in un internazionalismo che negava le nazioni».

Adesso, finalmente, questa rivoluzione giunge a compimento, e il comunismo si realizza con i mezzi del Grande Capitale. La cultura progressista ha ammazzato l’amor patrio, ha sgretolato la figura del padre e le gerarchie (leggersi i meravigliosi saggi di Claudio Risè in materia per capire che conseguenze ne siano derivate). Ha sbriciolato l’identità e reso ridicolo anche il minimo accenno ai “valori”». (Nicoletta Tiliacos).


Raymond Aron un intellettuale attaccato alla tradizione ha osservato la realtà politica della sua opera e ha tentato di spiegare l’attrazione esercitata dal marxismo, “marxismo immaginario” (come diceva) scriveva: «La normalizzazione, la ripulsa del concetto stesso di frontiera, la negazione dell’entità collettiva, è il nuovo credo della società del “non ci sto” è la nuova situazione. Molti anni fa Raymond Aron un grande intellettuale della Destra in Francia scriveva. L’escatologia marxista conferisce al proletariato una funzione di salvezza collettiva. I termini usati dal giovane Marx non lasciano dubbi per quanto riguarda l’origine ebraico-cristiana del mito della classe, eletta a causa della sua sofferenza ad operare il riscatto dell’umanità. Missione del proletariato, fine della preistoria grazie alla Rivoluzione, regno della libertà, in tutto ciò sono facilmente riconoscibili i motivi principali del pensiero millenaristico: il Messia, la rottura, il regno di Dio. Non che il marxismo esca sminuito da questi paralleli.

La resurrezione delle credenze secolari sotto forma apparentemente scientifica seduce gli spiriti bisognosi d’una fede. Il mito può sembrare prefigurazione della verità, cosí come l’idea moderna può sembrare sopravvivenza di sogni metafisici. L’esaltazione del proletariato in quanto tale non è fenomeno universale. Vi si potrebbe distinguere piuttosto un segno del provincialismo francese. Là dove regna la “Fede nuova”, oggetto del culto è il partito, più che il proletariato. Nei paesi in cui prevale il laburismo gli operai delle fabbriche, diventati piccoli borghesi, non interessano più gli intellettuali e non s’interessano più delle ideologie.

Il miglioramento delle loro condizioni di vita toglie loro il prestigio della sofferenza e li sottrae alla tentazione della violenza…Il concetto di rivoluzione, il concetto di sinistra, non cadrà mai in disuso. È l’espressione di una nostalgia che durerà quanto l’imperfezione intrinseca nella società umana e il desiderio degli uomini di riformarla. Non che il desiderio di miglioramento sociale conduca sempre logicamente allo spirito rivoluzionario. È necessaria anche una certa dose d’ottimismo e d’impazienza. I rivoluzionari sono riconoscibili per il loro odio contro il mondo e per la loro mentalità catastrofica; piú spesso ancora peccano di ottimismo.

Tutti i regimi sono condannabili, se vengono paragonati a un ideale astratto d’eguaglianza o di libertà. Soltanto la rivoluzione, in quanto avventura, o un regime rivoluzionario, poiché fa uso permanente della violenza, sembrano capaci di conseguire il fine ultimo. Il mito della rivoluzione serve di rifugio al pensiero utopistico, diventa il misterioso e imprevedibile mediatore tra reale e ideale.» (L’oppio degli intellettuali, Editoriale Nuova, Milano, 1978, pp. 70-74) Raymond Aron non poteva immaginare che la Sinistra con il culto del processo sarà oggi in un ruolo sussidiario per il dogma del pensiero unico mondialista.


Oggi solo Marine Le Pen ha capito la lezione di Antonio Gramsi sull’egemonia che sta puntando sul nuovo dialogo con le esigenze nuove politiche. Ecco perché marine Le Pen ha detto che «quando la Francia uscirà dall’UE e dalla zona euro, lo stesso dovrebbe fare Portogallo, Italia, Spagna, Irlanda, Grecia e Cipro. L’ideale sarebbe che tutti questi Paesi uscissero nello stesso giorno della Francia e cercherò di convincerli…La gente deve avere la possibilità di votare per la liberazione dalla schiavitù e dal ricatto da parte dei tecnocrati a Bruxelles, restituire la sovranità del paese.

Gli inglesi lo hanno capito e hanno votato per l’uscita dall’Unione Europea, anche se, naturalmente, loro non hanno mai cambiato la sterlina con l’euro». Alain de Benoist diceva già dal 1978, «con Gramsci siamo solo all’inizio». Gramsci nel Quaderni del carcere, letteratura e vita nazionale, Einaudi Torino 1950, p, 107 scrive: «la sovranità nazionale e sovranità popolare hanno uguale valore o l’ hanno avuto».
Gramsci individuerà proprio nella contraddizione tra il “cosmopolitismo dell’economia” e il “nazionalismo della politica” una delle cause fondamentali della crisi generale del mondo capitalistico. L’unificazione capitalistica lungi dal configurarsi come l’avvento di una pacifica struttura del mondo all’insegna dell’unità e dell’interdipendenza tra le nazioni è in realtà la conseguenza di un profondo riassetto delle gerarchie del potere mondiale e di una nuova divisione internazionale.


Se oggi la Sinistra è allo sbando e perche la Sinistra ha aderito al liberalismo economico. E come dice il filosofo della sinistra Jean-Claude Michéa «Da quando la sinistra è convinta che l’unico orizzonte del nostro tempo sia il capitalismo, la sua politica economica è diventata indistinguibile da quella della destra liberale. Da qui, negli ultimi trent’anni, il tentativo di cercare il principio ultimo della sua differenza nel liberalismo culturale delle nuove classi medie. Vale a dire nella battaglia permanente combattuta dagli “agenti dominati della dominazione”, secondo la formula di André Gorz, contro tutti i “tabù” del passato.

La sinistra dimentica però che il capitalismo è “un fatto sociale” totale. E se la chiave del liberalismo economico, secondo Hayek, è il diritto di ciascuno di “produrre, vendere e comprare tutto ciò che può essere prodotto o venduto” (che si tratti di droghe, armi chimiche, servizi sessuali o “madri in affitto”), è chiaro che il capitalismo non accetterà alcun limite né tabù. Al contrario, tenderà, come dice Marx, a affondare tutti i valori umani «nelle acque ghiacciate del calcolo egoista.» (Repubblica Fabio Gambaro).


Per una critica di Sinistra come una variante del socialismo avversa al materialismo e all’internazionalismo secondo Alain de Benoist «.. per citare solo pochi nomi, il giovane Marx critico dei «diritti dell’uomo», i primi socialisti francesi, William Morris, Charles Péguy e Chesterton, l’Antonio Gramsci che sottolinea l’importanza delle culture popolari, il Pasolini degli Scritti corsari (colui che diceva: «Ciò che ci spinge a tornare indietro è umano e necessario tanto quanto ciò che ci spinge ad andare avanti»), Clouscard e la sua critica dei liberali-libertari, Jean Baudrillard e la sua denuncia della «sinistra divina», i films di Ken Loach e di Guédiguian, la canzoni di Brassens, senza dimenticare Walter Benjamin, Cornelius Castoriadis, Jaime Semprun, Anselm Jappe, Serge Latouche, ecc.» (Socialismo nè sinistra nè destra Alain de Benoist sito sinistrainrete).
E’ vero che Destra e Sinistra non esistono più, ma dovremo trovare nuove parole per capire meglio la trasformazioni del piano ideologico. Cosi vediamo intellettuali come Alain Finkielkraut, Pascal Bruckner, Michel Onfray, (molti vedono Michel Onfray al ballottaggio delle persone elezioni del 2017 con il partito Di Marine Le Pen) Jacques Sapir, non erano intellettuali della Sinistra tradizionali ma vicini con la cultura della Sinistra insieme con Philippe de Villiers, Patrick Buisson, Pier–Guillaume Roux, intellettuali di F.N, sono insieme dal rimpianto per una Francia come una nazione sovrana e dall’ odio per un’ élite burocratica filo-europea.

E’ sicuro che Éric Zemmour riunirà la destra francese perché è una personalità dinamica, eccellente comunicatore,con effetto nell’opinione pubblica è già uno dei favorit. Dominique Eddé, saggista libanese, ha scritto su Le Monde che Zemmour “vuole una Francia pulita come un lenzuolo appena uscito dalla lavatrice”.

Apostolos Apostolou Professore di Filosofia Atene Grecia

Redazione Radici

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