Il premio Pulitzer Kristof lascia il NYT per candidarsi con i dem in Oregon

In un editoriale intitolato Kristof racconta di come l’Oregon abbia accolto nel 1952 il padre, un rifugiato armeno, e abbia dato a lui e a suo figlio “una grande istruzione e una grande opportunità”

NICHOLAS KRISTOFNEW YORK TIMES

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© Jamie McCarthy / GETTY IMAGES NORTH AMERICA /AFP 
– Nicholas Kristof  

Per 37 anni giornalista del New York Times, vincitore di due premi Pulitzer, Nicholas Kristof ha annunciato l’addio alla carta stampata e a un mestiere tanto amato per candidarsi a governatore dem dell’Oregon.

In un editoriale intitolato ‘Perché lascio il Times e un lavoro che amo’, Kristof racconta di come l’Oregon abbia accolto nel 1952 il padre, un rifugiato armeno, e abbia dato a lui e a suo figlio “una grande istruzione e una grande opportunità”.     

“Un’opportunità che però si sta logorando”, ha sottolineato il reporter, mettendo l’accento su “droga, alcol e suicidi” che si sono portati via “oltre un terzo dei ragazzi che prendevano lo scuolabus n.6” con lui nella sua città natale, Yamhill.

“E ci sono scuolabus come quello in tutto lo Stato, insieme a problemi con chi è senza casa, istruzione e altro”. “So che possiamo fare meglio”, ha affermato Kristof.

Ho scelto di fare il giornalista per cercare di fare la differenza e penso che insieme, io e voi, lo abbiamo fatto”, ha continuato, ringraziando i colleghi e le direzioni che si sono avvicendate alla guida del Nyt in questi decenni che “mi hanno ripetutamente salvato. Il Times è sempre stato pronto a perdere denaro e accettare rischi quando volevo viaggiare in zone pericolose dello Yemen, del Sud Sudan o del Myanmar”.

Allo stesso modo ci sono “lavori non finiti”, ha aggiunto, guardando al ritiro Usa dall’Afghanistan o al caso di Kevin Cooper, afroamericano rinchiuso nel braccio della morte, secondo Kristof ingiustamente. “Ritengo che una nuova indagine, scaturita dai miei articoli, lo proscioglierà e sarà presto rilasciato dopo 38 anni. Mi piacerebbe moltissimo essere fuori da San Quintino con il mio taccuino da reporter e scrivere del suo rilascio”. 

“È difficile lasciare un lavoro che amo e lettori cui tengo – ha concluso il giornalista – Ma come ha osservato il grande filosofo Winnie the Pooh, ‘Quanto sono fortunato ad avere qualcosa che rende dire addio così difficile’. È il momento: oggi sento una chiamata a cercare di affrontare i problemi nel mio amato Stato d’origine, quindi me ne vado”. 

Nel suo ultimo “Commiato ai lettori, con speranza”, il corrispondente per 37 anni in giro per il mondo a coprire le peggiori atrocità, riporta “alcune lezioni imparate come reporter ed editorialista”. In primis, “accanto alla peggiore umanità, si trova la migliore”, un esempio, è il genocidio in Darfur e le persone incontrate lì; numero due, “Sappiamo in gran parte come aumentare il benessere in patria e all’estero. Quello che ci manca è la volontà politica”.

Tre, “il talento è universale, anche se le opportunità non lo sono”, e tra gli aneddoti c’è la storia della donna analfabeta in Etiopia divenuta un medico famoso nel suo campo, ma anche il giovanissimo senza tetto nigeriano assurto a campione di scacchi. 

Kristof ha notato come “siamo spesso cinici sulla politica e all’idea che i leader democratici facciano la differenza”, ma dopo aver coperto rivolte democratiche in tutto il mondo, come per esempio Piazza Tienanmen, “mi rattrista ancora di più vedere le persone in questo Paese minare le nostre istituzioni democratiche”; allo stesso tempo, quei manifestanti “mi hanno spinto a chiedermi se dovessi impegnarmi maggiormente nella vita democratica americana”.

Da qui, la decisione di respingere “l’impulso giornalistico di rimanere in disparte perché il mio cuore soffre” e “mi sembra il momento giusto per passare dalla copertura dei problemi al tentativo di risolverli”.

“Spero di convincere alcuni di voi – ha concluso Kristof – che mettersi al servizio della pubblica amministrazione nel governo può essere un percorso per mostrare responsabilità verso le comunità che amiamo e un Paese che può fare meglio. Anche se questo significa lasciare un lavoro che amo”.

Redazione

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