Sulle tracce di una irreale intervista con Antoine Marie Joseph Paul Artaud.

Sulle tracce di una irreale intervista con Antoine Marie Joseph Paul Artaud.


Di Apostolos Apostolou

Antonin Artaud (Marsiglia, 1896 – 4 marzo 1948) è stato un drammaturgo, attore, saggista e regista teatrale francese. Antoine Marie Joseph Artaud nacque da una famiglia borghese. Suo padre, Antoine Roi, era capitano di lungo corso e sua madre, Euphrasie Nalpas, era greca originaria di Smirne. I suoi ricordi d’infanzia rievocano un clima di affetto e calore, turbato però dal manifestarsi di una grave malattia. All’età di quattro anni, infatti, Antonin fu colpito da una grave forma di meningite, alla quale furono attribuiti tutti i problemi neurologici di cui soffrì in seguito, in particolare crisi di nevralgia, balbuzie ed episodi di depressione grave.

Siamo un corpo di sensi o un corpo che funziona con il mente?
Antoine Marie Joseph Paul Artaud: Siamo un corpo erotico. Il corpo erotico è l’ impero del senso, singolarità, ma anche impossibilità ancora avvenire di molteplice incalcolabili.

Che cosa è la vita?
Antoine Marie Joseph Paul Artaud: La vita (forse) è un viaggio sperimentale fatto involontariamente.

Che cosa è l’ idea?
Antoine Marie Joseph Paul Artaud: Scopri qualche volte che ogni oggetto esisteva solo in una idea collocata da te.

Che cosa è il sogno? Perché vogliamo sognare?
Antoine Marie Joseph Paul Artaud: Ogni sogno è un pezzo di dolore che noi strappiamo ad altri esseri.

Ha paura con la morte?
Antoine Marie Joseph Paul Artaud: Noi non moriamo perché dobbiamo morire; moriamo perché un giorno, e non così tanto tempo fa, la nostra consapevolezza è stata forzata a considerarlo necessario.

Il teatro ha una relazione con la vita?
Ecco l’angoscia umana in cui lo spettatore dovrà trovarsi uscendo dal nostro teatro. Egli sarà scosso e sconvolto dal dinamismo interno dello spettacolo che si svolgerà sotto i suoi occhi. E tale dinamismo sarà in diretta relazione con le angosce e le preoccupazioni di tutta la sua vita. Tale è la fatalità che noi evochiamo, e lo spettacolo sarà questa stessa fatalità. L’illusione che cerchiamo di suscitare non si fonderà sulla maggiore o minore verosimiglianza dell’azione, ma sulla forza comunicativa e la realtà di questa azione. Ogni spettacolo diventerà in questo modo una sorta di avvenimento. Bisogna che lo spettatore abbia la sensazione che davanti a lui si rappresenta una scena della sua stessa esistenza, una scena veramente capitale. Chiediamo insomma al nostro pubblico un’adesione intima e profonda. La discrezione non fa per noi. Ad ogni allestimento di spettacolo è per noi in gioco una partita grave. Se non saremo decisi a portare fino alle ultime conseguenze i nostri principi, penseremo che non varrà la pena di giocare la partita. Lo spettatore che viene da noi saprà di venire a sottoporsi ad una vera e propria operazione, dove non solo è in gioco il suo spirito, ma i suoi sensi e la sua carne. Se non fossimo persuasi di colpirlo il più gravemente possibile, ci riterremmo impari al nostro compito più assoluto.

Apostolos Apostolou. Scrittore e professore di filosofia corrispondente Radici ,Atene Grecia

Redazione Radici

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