53.mo anniversario della tragedia di Mattmark

53.mo anniversario della tragedia di Mattmark

Quest’anno ricorrono 53 anni dalla terrificante catastrofe di Mattmark (Svizzera). 88 lavoratori, di cui 56 italiani morirono sotto l’implacabile massa di ghiaccio, roccia e fango in quell’infausta giornata del 30 agosto 1965. In pochi istanti si consumava un dramma che ha ferito profondamente la nostra terra e che è doveroso non dimenticare, tragico esempio delle sofferenze che hanno segnato la storia della nostra emigrazione.  

Catastrofe di Mattmark
Tipo Disastro naturale
Data 30 agosto 1965
17.15
Luogo Mattmark
Stato  Svizzera
Conseguenze
Morti 88
Feriti 10 feriti gravi

La catastrofe di Mattmark fu una valanga che alle 17.15 di lunedì 30 agosto 1965 investì il cantiere per la costruzione della diga di Mattmark, in Svizzera.

     

Cenni storici

Saas-Fee, una località turistica della Svizzera, una parte del ghiacciaio dell’Allalin si staccò provocando una valanga che travolse le baracche di alloggio degli operai che stavano costruendo la diga del lago Mattmark a 2120 metri di altezza.

I morti accertati furono 88: 56 italiani, 23 svizzeri, 4 spagnoli, 2 tedeschi, 2 austriaci e un apolide.[1]

Memoriale delle 88 vittime

Negli anni sessanta, la Svizzera ha vissuto una crescita economica senza precedenti. In quel periodo, l’emigrazione si andava progressivamente meridionalizzando e la Svizzera accoglieva da sola quasi il 50% dell’intero flusso migratorio italiano: più di 2 milioni e mezzo di persone, dall’immediato secondo dopoguerra e fino agli anni ottanta. Molte furono impegnate nella costruzione di grandi opere, come la diga di Mattmark. Lo sfruttamento dell’energia idroelettrica, che ancora oggi rappresenta la fonte principale di approvvigionamento della Confederazione, fu fino agli anni sessanta quasi l’unica risorsa energetica – prima di essere affiancata dal nucleare – grazie alla quale crebbe l’industria e venne accelerata la modernizzazione del paese.

Lunedì 30 agosto 1965 una valanga di più di 2 milioni di metri cubi di ghiaccio seppellì 88 dei lavoratori impegnati nella costruzione della diga in terra più grande d’Europa. Di questi, 56 erano italiani. Come a Marcinelle, la tragedia determinò un momento di cesura nella storia dell’emigrazione italiana. Fu la provincia di Belluno, con 17 vittime, a essere la più colpita, insieme al comune di San Giovanni in Fiore, in provincia di Cosenza, che perse 7 uomini.[2]

Il 1º settembre 1965 il giornale Le Nouvelliste, di Sion, pubblica i nomi delle 88 vittime[3].

Nessun responsabile ]

Le baracche erano state costruite “sulla traiettoria di caduta del ghiacciaio sospeso”. L’istruttoria per accertare se e quali responsabilità fossero individuabili per la sciagura durò 7 anni. Al processo, nel 1972, i 17 imputati furono tutti prosciolti, e la sentenza di assoluzione venne confermata in appello dal tribunale cantonale del Vallese nel corso dello stesso anno. Non solo: alle famiglie delle vittime, che avevano proposto l’appello, fu addebitata la metà delle spese processuali.

Unico contrappeso a questa soluzione della questione delle responsabilità civili e penali fu la Fondation Mattmark[4].

 

Antonio Peragine

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