L’unica pace possibile per Russia e Ucraina

L’unica pace possibile per Russia e Ucraina
Fonte immagine: Kremlin.ru/Getty Images

di Donatello D’Andrea

La ritirata russa da Kherson e soprattutto la volontà degli americani di insabbiare e chiudere molto presto l’affare del missile ucraino senza colpo ferire, denotano soltanto una cosa: siamo di fronte all’ennesima svolta della guerra, un momento spartiacque del conflitto che potrebbe aprire quel momento corrispondente all’inizio ufficiale delle trattative sulla futura conformazione geografica delle terre ucraine, dopo tanti tentativi andati a vuoto, messaggi e incontri naufragati.

Il punto di partenza del negoziato sarà sicuramente la geografia. E non sarà facile convincere russi e ucraini della necessità di cristallizzare i mutamenti territoriali occorsi in estate e in autunno. Non sarà semplice nemmeno farli sedere a un tavolo e parlare loro di realpolitik.

L’espulsione dei russi dall’Ucraina, Crimea inclusa, non è una probabilità alta“, lo ha detto un generale americano, Mark Milley, capo di stato maggiore dell’esercito, il quale ha esplicitamente affermato che l’unica soluzione possibile potrebbe essere una “ritirata russa” figlia di una “soluzione politica” del conflitto. In sostanza, ora è il momento dei negoziati perché gli ucraini sono “al massimo della forza” – ne abbiamo parlato – mentre i russi sono “all’apice della debolezza”.

No, gli americani non hanno intenzione di abbandonare gli ucraini. Kiev è pur sempre terra di grandi interessi geostrategici, ma come più volte affermato, Biden non può e non vuole impegnarsi in un conflitto troppo lungo e non vuole nemmeno ridimensionare troppo la Russia, spingendola tra le braccia della Cina – per giunta, ora, dopo tanti anni di crescita irresistibile, davvero in difficoltà.

I due obiettivi prefissati dagli americani sono stati ampiamente raggiunti: il ricompattamento della Nato e la spaccatura della Ge-Russia a trazione tedesca. Il ritorno allo status quo ante è impossibile, quindi sarebbe opportuno massimizzare quanto fino a questo momento è stato ottenuto.

L’unica pace possibile parte, innanzitutto, dalla capacità di fotografare il momento alla perfezione, partendo dalla geografia, passando per la realpolitik e soprattutto evitando paci cartaginesi che potrebbero far deragliare ogni iniziativa di pace concordata.

Come nel 1815 o nel 1878, gli europei – scarsamente protagonisti in questo momento ma che dovranno assumersi le proprie responsabilità in Ucraina – o, in generale, i Paesi occidentali che ne avranno il coraggio, dovranno farsi carico di una iniziariva di pace, la quale dovrà necessariamente basarsi su un complesso sistema di pesi e contrappesi che nell’Ottocento garantì quasi cento anni di pace e l’inizio di un’epoca che tutti conoscono col nome di “Belle Epoque”, proprio perché per la prima volta da diversi secoli, le guerre non sconquassarono l’equilibrio continentale per un periodo molto lungo. E proprio come nel 1878, quando Bismark convocò la conferenza di Berlino, gli stessi dovranno comprendere che la definizione di un equilibrio europeo non potrà prescindere dal confronto con la realtà circostante (cioè Africa, Medio Oriente e Mediterraneo), e con la definizione di una politica di sicurezza dell’Europa.

D’altronde, è dal passato che si ricavano gli insegnamenti più utili per il futuro. È giunto il momento di applicare questa chiave di lettura anche al conflitto ucraino.

Redazione Radici

Donatello D'Andrea

Classe 1997, lucano doc (non di Lucca), ha conseguito la laurea in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali e frequenta la magistrale in Sistemi di Governo alla Sapienza di Roma. Appassionato di storia, politica e attualità, scrive articoli e cura rubriche per alcune testate italiane e internazionali.

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