Serbia e Kosovo sono ai ferri corti

Serbia e Kosovo sono ai ferri corti
Fonte immagine: BBC

di Donatello D’Andrea (per Medium)

Non solo Taiwan e Donbass, bisognerebbe tenere gli occhi puntati anche sul nostro vicinato, in particolare sul Kosovo. Si tratta di un piccolo Paese a riconoscimento limitato, rivendicato dalla Serbia, protettorato delle Nazioni Unite e che si è dichiarato indipendente nel 2008. Sia l’ONU che l’UE sono presenti con missioni di pace o azioni diplomatiche. L’Italia, ad esempio, ha diverse centinaia di soldati in Kosovo (circa 800).

Perché è da tenere d’occhio? Per tanti motivi. I Balcani sono una zona altamente instabile a causa delle tensioni decennali che caratterizzano i Paesi nati dalla dissoluzione della Jugoslavia, alla cui base ci sono differenze etniche, politiche e sociali.

Il Kosovo è l’ultimo arrivato. Informalmente indipendente dal 2008, ultimamente ha deciso di obbligare i serbi kossovari a usare targhe automobilistiche kossovare al posto di quelle serbe, una questione che negli ultimi mesi ha portato alla ripresa delle ostilità legate a motivi etnici e territoriali molto radicati. Sulla questione è intervenuto, ovviamente, il governo serbo che non ha preso bene la decisione dell’esecutivo di Pristina.

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Conoscendo le tensioni mai sopite tra gli eredi della Jugoslavia, la questione delle targhe si è caricata di afflati nazionalistici, diventando una faccenda identitaria e di forte dissidio tra i due stati.

Ieri il tentativo di accordo sostenuto dall’UE è fallito. Josep Borrell ha detto che l’Unione Europea aveva presentato ai due leader una proposta di accordo volta a calmare le tensioni tra le due parti ma che l’incontro è terminato senza arrivare a niente. Anzi, i leader di entrambi i Paesi, il serbo Vucic e il kossovaro Kurti, avrebbero “una importante responsabilità per il fallimento dei colloqui e per qualsiasi escalation e violenza che potrebbe verificarsi sul campo nei prossimi giorni”, ha detto Borrell.

Parole chiare.

Ci sono tutti gli ingredienti per un peggioramento della situazione:

1) le targhe serbe sono diventate un motivo identitario che lega i 100mila serbi kossovari – su una popolazione di 1,8 milioni di persone – al governo serbo. Quindi è fortemente presente la variante nazionalista, foriera di tensioni come la polvere da sparo.

2) Per lo stesso motivo di cui sopra, il governo del Kosovo teme che il nazionalismo serbo possa compromettere la propria autorità e la fedeltà dei cittadini alle proprie istituzioni. Pristina porta ad esempio le dimissioni di tanti funzionari serbi kossovari in seguito al provvedimento governativo. Insomma, le classiche “questioni di sicurezza nazionale“.

3) Entrambi i leader dei Paesi si rifiutano di fare passi in avanti. In particolare, entrambi i Presidenti ne fanno una questione identitaria più che politica. Belgrado non ha mai riconosciuto l’indipendenza del Kosovo e ad ogni manifestazione pubblica Pristina è rappresentata con la bandiera serba anziché quella kossovara.

Insomma, i sintomi di un’escalation ci sono tutti. Urge un intervento diplomatico nei Balcani per disinnescare una bomba pronta ad esplodere. Da queste parti, bisogna ricordarsi che la pace è sempre fragile.

Redazione Radici

Donatello D'Andrea

Classe 1997, lucano doc (non di Lucca), ha conseguito la laurea in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali e frequenta la magistrale in Sistemi di Governo alla Sapienza di Roma. Appassionato di storia, politica e attualità, scrive articoli e cura rubriche per alcune testate italiane e internazionali.

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