Lula-Bolsonaro: in Brasile scocca l’ora della verità

Lula-Bolsonaro: in Brasile scocca l’ora della verità
Fonte immagine: Wikimedia Commons

di Donatello D’Andrea

Oggi 30 ottobre ci sarà il secondo turno delle elezioni in Brasile, in cui si confrontano i due candidati più votati: Lula e Bolsonaro.

Lo scorso 2 ottobre si è tenuto il primo turno delle presidenziali – e, in contemporanea, il rinnovo di tutto il Congresso del Brasile e di una parte del Senato – in cui Bolsonaro, Presidente uscente, ha ottenuto un risultato migliore rispetto a quanto previsto dai sondaggi. Lula, il suo sfidante, ha vinto il primo turno con “soli” 5 punti di vantaggio – rispetto ai 15 dei sondaggi – sul rivale.

Nelle ultime quattro settimane la distanza tra i due si è ridotta ulteriormente, rientrando nel margine d’errore. Lula resta ancora il favorito, ma le sorprese sono possibili.

Bolsonaro sembrava politicamente compromesso dopo la sua pessima gestione della pandemia, scandali vari, dimissioni di collaboratori, licenziamenti e dimissioni di ministri e dalla prospettiva di una recessione economica con una inflazione superiore al 10%.

Nonostante uno scenario che fa pensare a tutto tranne che ad una rielezione, il Presidente sembrerebbe godere dell’appoggio di una parte consistente della nazione, la quale fa riferimento soprattutto a delle lobby molto potenti: dagli agricoltori agli industriali del petrolio e degli armamenti, passando per l’esercito e il settore della sicurezza (pubblica e privata),  per le comunità evangeliche e gli allevatori. Senza dimenticare il supporto di quel ceto produttivo che vede nell’Amazzonia concrete possibilità di sfruttamento.

Lula, dal canto suo, gode del supporto dei ceti popolari e degli strati poveri della popolazione – e a maggioranza nera – che vivono nel Nord-Est del Paese.

Anche sulla questione finanziamenti, si può ben comprendere quanto la campagna elettorale e, più in generale, il partito di Bolsonaro siano stati finanziati dai grandi gruppi industriali e agricoli. I maggiori cinque finanziatori sono due industriali (uno del settore alimentare e uno dell’acciaio), un pastore evangelico, un rappresentante del settore edile e delle infrastrutture. In sostanza, circa l’80% dei finanziamenti proviene da persone fisiche – per legge in Brasile non si possono ricevere finanziamenti da persone giuridiche o da aziende – che fanno riferimento al settore industriale e agricolo. Trentatré dei maggiori 50 investitori hanno legami profondi con questi business.

Per Lula la questione è differente, dato che il suo è uno dei partiti più strutturati del Brasile e si appoggia molto meno sui finanziamenti privati.

Ma non è solo una questione di soldi. Ci sarebbe molto da dire anche sull’offerta politica dei due contendenti. Se Bolsonaro trova l’appoggio degli ultra-conservatori e degli industriali, che ne condividono valori e interessi, Lula, dal canto suo, non è stato capace di rinnovare tale offerta rispetto al passato. Anche la sua campagna elettorale si appoggia molto sui suoi trascorsi di Presidente e sui suoi “interventi di bandiera”, legati a un periodo molto diverso della storia del Brasile.

Sulla politica estera, le azioni di Bolsonaro gli sono valse una sorta di isolamento internazionale e numerose tensioni con gli Stati Uniti di Biden – data anche la vicinanza del Presidente del Brasile a Trump – nonché una sostanziale diffidenza nei confronti di istituzioni di integrazione regionale quali CELAC e MERCOSUR. Sulla guerra in Ucraina, Bolsonaro ha preferito restare neutrale, anche a causa dell’ottimo rapporto che lo lega con Putin.

Lula, invece, crede molto nell’integrazione regionale del Brasile e soprattutto in un posizionamento internazionale che faccia leva sulla politica del “non-allineamento” e su organizzazioni più economiche che politiche (o geopolitiche) come i BRICS. Perplessità permangono sui suoi rapporti con taluni regimi autoritari latino-americani e sulla sua posizione anti-occidentale circa la guerra in Ucraina, dove ha più volte criticato Zelenskyy e gli Stati Uniti.

La sfida è ancora apertissima. Non resta che attendere le 23 di questa sera – si può seguire l’hashtag su Twitter #eleicoes2022 – per capire chi guiderà il Brasile, cioè il più grande Paese del Sudamerica, nel futuro.

Redazione Radici

Donatello D'Andrea

Classe 1997, lucano doc (non di Lucca), ha conseguito la laurea in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali e frequenta la magistrale in Sistemi di Governo alla Sapienza di Roma. Appassionato di storia, politica e attualità, scrive articoli e cura rubriche per alcune testate italiane e internazionali.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

CAPTCHA ImageChange Image

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.