La neutralità ragionata dell’India

La neutralità ragionata dell’India
Fonte immagine: Kremlin.ru, CC BY 4.0 via Wikimedia Commons

di Donatello D’Andrea

La scorsa settimana si è svolta l’ennesima videoconferenza tra il Primo ministro indiano Narendra Modi e il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden. L’obiettivo dell’incontro? Quello di convincere Nuova Delhi a prendere una posizione più netta nei confronti dell’invasione russa dell’Ucraina.

Benché a più riprese l’India sia uno dei più stretti alleati americani nell’Indo-Pacifico, dallo scoppio di questo conflitto ha assunto una posizione di equidistanza che si è tradotta in uno status di neutralità permanente.

Più volte il Primo ministro Modi si è rivolto a Zelensky e Putin per organizzare corridoi umanitari – tra cui quello che ha riportato a casa più di 20mila cittadini indiani presenti in Ucraina – sia per chiedere dei colloqui per la pace.

L’India, però, sta usando parole molto caute nei confronti della situazione, senza mai rivolgersi con parole di condanna nei confronti dell’uno o dell’altro contendente. Alle Nazioni Unite, ad esempio, il rappresentante dell’India si è detto molto rammaricato del fatto che i ripetuti appelli alla pace dell’ONU siano stati ignorati, ma nel momento in cui sono state votate le risoluzioni per condannare la guerra e le violenze in Ucraina, Nuova Delhi si è astenuta.

Quella dell’India non è una neutralità fine a sé stessa. È una neutralità ragionata e i motivi sono presto detti.

Pur se vicina agli Stati Uniti, l’India non è un Paese Nato e soprattutto intrattiene ottimi rapporti anche con Mosca.

I buoni uffici presso il Cremlino risalgono agli anni ‘70, quando i due Paesi firmarono un trattato di amicizia, e proseguono tuttora attraverso reciproche politiche di “spalleggiamento diplomatico“. Alcuni esempi: la Russia pose il veto sulle risoluzioni del Consiglio di sicurezza sul Kashmir, regione di confine contesa con il Pakistan. L’India a sua volta si oppose a risoluzioni come quella del 1980, in occasione dell’invasione sovietica dell’Afghanistan, e nel 2014 con l’annessione della Crimea.

Lo stesso Putin gode di una buona reputazione nel Paese, soprattutto tra la base elettorale del partito di Modi, Bharatiya Janata. Ciò non toglie che l’opposizione non abbia proferito parola dall’inizio della guerra.

Uno dei timori indiani di un eventuale supporto agli Stati Uniti è legato a un ulteriore avvicinamento della Russia alla Cina. Pechino è senza dubbio il primo rivale geopolitico di Nuova Delhi. Le sue rivendicazioni disturbano, e non poco, le mire strategiche del governo di Modi nella regione. L’India vuole proporsi come un’alternativa al colosso cinese ma non ha i mezzi per farlo. Innanzitutto l’economia del subcontinente dipende in buona parte dagli investimenti cinesi (Pechino è il primo partner commerciale indiano), inoltre questo non è assolutamente preparato per un confronto militare. Per questo motivo, l’India gradisce la presenza nella regione di una potenza amica come la Russia e, di conseguenza, non vuole intaccare i suoi buoni uffici.

Inoltre, l’esercito indiano è in larga parte equipaggiato con attrezzature russe. I sistemi di difesa posti al confine con i cinesi e i pakistani sono russi, e il loro acquisto è avvenuto contravvenendo a un patto con gli americani. A dicembre i Paesi hanno firmato un programma di cooperazione militare e tecnica.

Russia e India hanno anche legami energetici. Il subcontinente è tra i Paesi che importa più petrolio al mondo e, nonostante Mosca rappresenti un fornitore minore, l’abbassamento dei costi di petrolio e carbone ha convinto il governo ad acquistare grandi quote di risorse energetiche dalla Russia. Biden, nella recente videoconferenza, ha chiesto di ridurre l’acquisto di combustibili fossili dalla Russia, ma senza trovare la risposta sperata.

Stati Uniti e India sono comuni alleati nella lotta contro l’espansionismo cinese – tanto da partecipare al Quad, un’alleanza strategica con Australia e Giappone che coopera proprio in questo senso – ciò non toglie che Nuova Delhi preferisca bilanciare la sua politica estera, per evitare che una Russia troppo debole rafforzi la leadership cinese nella regione. Il ragionamento non è complesso: gli indiani preferiscono un sistema multipolare, in cui è più remunerativo essere “contesi”, a uno in cui dove c’è una sola potenza predominante. Non avendo mezzi per imporre la propria egemonia nella regione, l’India preferisce che ci siano più potenze in lotta per affermare la propria, così da impedire che l’unica superpotenza asiatica possa controllare a pieno l’Indo-Pacifico.

Ecco perché quella dell’India è assimilabile più a una “neutralità ragionata” che a una semplice equidistanza.

Donatello D'Andrea

Classe 1997, lucano doc (non di Lucca), ha conseguito la laurea in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali e frequenta la magistrale in Sistemi di Governo alla Sapienza di Roma. Appassionato di storia, politica e attualità, scrive articoli e cura rubriche per alcune testate italiane e internazionali.

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