La guerra annunciata e l’arma spuntata delle sanzioni

La guerra annunciata e l’arma spuntata delle sanzioni

Di Claudio Brachino

E alla fine come nelle successioni di cose previste ma inevitabili, alla Marquez, siamo qui a raccontare la cronaca, la sporca cronaca di una guerra annunciata. L’Intelligence americana è paradossalmente soddisfatta perché ha anticipato tutto con, relativa, precisione. Una soddisfazione intellettualistica di fronte alla quale si estende un baratro etico, la delusione del fallimento della diplomazia.

C’è un linguaggio asimmetrico in questa brutta, sporca storia, meglio dire due narrazioni incomunicabili. Da un lato la stanca retorica pubblica delle democrazie occidentali, Stati Uniti ed Europa, dall’altro la lucida e spietata determinazione di un autocrate che tutto decide senza avversari, liturgie, contrasti.

L’immenso potere di un uomo e del suo esercito, e l’arma potente ma di altra natura delle cosiddette sanzioni. Ora che la Russia ha invaso l’Ucraina, non la regione del Donbass, ma il paese intero, i distinguo malinconici delle ultime ore lasciano il posto a un’indignazione unitaria.

Eppure le preoccupazioni dei paesi e dei singoli egoismi economici rimangono, c’è il sentore di un contrappasso maldestro, non è che poi le sanzioni peggiori le paghiamo noi, dal gas al Made in Italy? Ma al di là anche di questi ragionamenti, pensate davvero che Putin non abbia messo in conto quest’aspetto e non sia pronto a sopportarlo?

Pensate davvero che lo fermeremo in questo modo?

La verità è che il leader russo ha percepito una debolezza dell’Occidente dopo il ritiro dall’Afghanistan, una perdita di prestigio mondiale dell’America, che è diventata un’occasione irripetibile per ricreare la zona cosiddetta di influenza della vecchia Unione Sovietica.

E poi l’Europa, senza un proprio esercito, con politiche estere frammentate, la tragedia dei migranti al confine polacco era solo la prova generale di una debolezza di visione e sul campo che apriva una voragine ai nostri margini orientali. In questa sporca cronaca, dove i flash in diretta del medium televisivo annacquano distruzione e morte nella realtà, l’unica speranza è che Putin fermi Putin, che a un certo punto questa ex nazione sovrana, l’Ucraina, diventata uno spezzatino, un cuscinetto, un laboratorio della geopolitica del futuro, faccia di nuovo sedere a un tavolo i grandi della terra, Cina compresa, per ritrovare l’unità di un dialogo per ora smarrito sotto bombe e cingolati.  (ITALPRESS).

Redazione Radici

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