I padroni del vapore

I padroni del vapore

C’è ancora chi è convinto che la Destra e la Confindustria non abbiano una visione chiara della politica industriale. Sbagliato! La verità è un’altra: la nostra classe dirigente, sia a livello politico sia a livello economico, ha un preciso disegno politico: un progetto di Paese fondato su una netta divisione di classi sociali.

Da una parte i ricchi e i potentati che rifiutano ogni controllo democratico, dall’altra gli operai da assoggettare alla legge del più forte.

L’attuale Governo rappresenta, seppure con una esigua presenza nel Consiglio dei Ministri di politici di sinistra, le esigenze dell’imprenditoria così come è degnamente rappresentata dal presidente di Confindustria, le cui domande rispetto all’utilizzo del denaro pubblico vanno nel verso favorevole ai ricchi e ai privilegiati. Il presidente del Consiglio dei Ministri media – apparentemente – tra le diverse esigenze, ma le soluzioni che propone rispondono sfacciatamente alle esigenze della destra che vuole gli operai sottoposti alla mercè del padronato.

Quindi, secondo la Confindustria, appoggiata peraltro dalla destra fascioleghista, corrispondere salari da fame ai lavoratori subordinati sarebbe un’esigenza sacrosanta dell’economia. Esigenza altrettanto legittima sarebbe riconoscere al padronato il potere di licenziamento ad libitum, da effettuare anche attraverso sms, con totale assenza di rispetto per le famiglie che vengono così scaraventate nella peggiore miseria.

I partiti, che si autodefiniscono di sinistra, reagiscono con molta timidezza. Il PD, che è il maggiore partito collocato a sinistra, è un corpo gravemente malato per la rilevante presenza di metastasi renziane, i sindacati indeboliti da una propaganda incessante da parte di una stampa quasi tutta piegata alle esigenze dei loro editori che fanno parte di una cieca e bieca imprenditoria, sembrano paralizzati dall’insana paura di essere accusati di essere il male del Paese.

Manca, insomma, quel senso morale che ha guidato i nostri padri costituenti alla introduzione nella nostra Carta Costituzionale principi che ora tutti proclamano, a parole, di osservare ma che in realtà calpestano clamorosamente. Si tratta del diritto al lavoro, posto a fondamento del vivere sociale, e della funzione sociale della proprietà e dell’attività imprenditoriale, che non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.

Lo Stato ha il dovere di controllare che l’attività economica, pubblica e/o privata sia indirizzata e coordinata a fini sociali. Principi dimenticati dallo Stato e liberamente calpestati da un’imprenditoria che pensa solo ai propri profitti.

Raffaele Vairo

Redazione

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