Un errore ridurre i parlamentari eletti all’estero”: intervista a Cosimo Maria Ferri

Un errore ridurre i parlamentari eletti all’estero”: intervista a Cosimo Maria Ferri

di Marzio Pelu

TORONTO –“Immigrazione, parlamentari eletti all’estero, comunità italiana e difesa della nostra lingua: di questi temi si sta interessando, in Italia, l’onorevole Cosimo Maria Ferri, parlamentare toscano (è di Pontremoli, in provincia di Massa Carrara) eletto con il Partito Democratico, giudice e membro della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati”. Ad intervistarlo è stato Marzio Pelu per il “Corriere canadese”, quotidiano diretto a Toronto da Francesco Veronesi.
D. Onorevole Ferri, cosa pensa della riforma costituzionale attualmente in discussione in Senato che porterebbe alla riduzione dei parlamentari eletti nella circoscrizione estero?
R. Penso sia un grave errore immaginare di ridurre la rappresentanza dei nostri concittadini residenti all’estero portandola dai 18 parlamentari attuali a 12. Non dobbiamo scordare che già l’introduzione nel 2001 dei parlamentari eletti all’estero fu un compromesso, in quanto il rapporto numerico tra eletti ed elettori del collegio era molto inferiore rispetto a quello degli eletti in Italia. Probabilmente non era immaginabile diversamente, ma la rappresentanza “estera” è nata già ridotta. Ridimensionarla ulteriormente, senza considerare che in questi anni il numero dei nostri concittadini all’estero è molto aumentato, mi sembra un atto sbagliato. Penso che tutte le comunità italiane all’estero debbano farsi sentire con forza per evitare tutto questo. Gli italiani all’estero sono una ricchezza per il nostro Paese e fanno sì che l’Italia sia amata ed apprezzata in ogni parte del mondo. Sono ambasciatori permanenti della nostra cultura, delle tradizioni, di tutto ciò che di bello rappresentiamo. Non possiamo affievolire la loro voce.
D. A Toronto il Columbus Centre ha rischiato di chiudere ed essere demolito: a salvarlo è stata la comunità italiana. Qual è il suo pensiero sulla vicenda?
R. Leggere sul vostro giornale del fragoroso applauso che è scattato al momento del voto unanime da parte del consiglio comunale per il salvataggio del Columbus Centre mi ha commosso. È la dimostrazione che le lotte condotte con perseveranza per obiettivi alti come la cultura, la storia e i legami affettivi riescono sempre a convincere gli interlocutori e arrivano al risultato. La Comunità Italiana ha un merito per il quale le generazioni future saranno debitrici, e potranno rimanere legate all’Italia. Una storia davvero straordinari.
D. Terze lingue nelle scuole di Toronto: se ne rischia la cancellazione. Anche l’Italiano è a rischio. Il Governo deve intervenire? Se sì, come?
R. Penso che il Governo possa e debba intervenire attivando comunicazioni formali ed informali attraverso i canali diplomatici. L’insegnamento della lingua all’estero è un volano incredibile per la nostra storia, la nostra cultura, e anche per i prodotti del Made in Italy, e quindi ha una importanza strategica per tutto il nostro sistema paese. Dovremmo favorire accordi quadro per l’insegnamento, offrendoci magari di formare i docenti e garantendo scambi culturali con le nostre scuole.
D. Quale ruolo potrebbe avere il Corriere Canadese per contribuire alla diffusione della lingua italiana nelle scuole canadesi e, più in generale, alla salvaguardia dell’Italiano in Nordamerica?
R. Credo che i giornali rimangano lo strumento imprescindibile per il dibattito culturale, del quale la lingua è componente essenziale. Potrebbe essere interessante la creazione di rubriche in collaborazione con le grandi accademie di lingua italiana, penso alla Accademia della Crusca, o alla Società Dante Alighieri, con alcune curiosità sulla nostra lingua, in modo da invitare il lettore a riflettere sull’utilizzo dell’Italiano. Inoltre, proprio il Corriere Canadese potrebbe essere anche distribuito nelle scuole dove si insegna l’Italiano e il giornale stesso potrebbe promuovere e diffondere nuovi corsi di italiano.
D. Quali sarebbero, secondo lei, gli interventi necessari per far sentire la vicinanza dell’Italia ai propri “figli” in terre straniere?
R. Dobbiamo creare dei canali istituzionali di partecipazione che permettano ai nostri italiani all’estero di contribuire con le loro competenze uniche, il loro ingegno, la loro creatività al progresso dell’Italia. In questa fase il nostro Paese ha bisogno di un nuovo slancio creativo, di un balzo coraggioso verso il futuro. Per farlo c’è bisogno dell’apporto di tutti. E certamente chi sta all’estero ha una visione spesso più oggettiva di quelle che sono le grandi potenzialità del nostro Paese, che spesso sfuggono a chi lo vive quotidianamente. Per questo l’apporto della nostra comunità all’estero è irrinunciabile”.

Antonio Peragine

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

CAPTCHA ImageChange Image

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.