Vino italiano: export record, ma i dazi USA mettono a rischio 300 milioni

Vino italiano: export record, ma i dazi USA mettono a rischio 300 milioni
Foto di Tai Oli su Unsplash

Vino e dazi: una minaccia concreta per il mercato USA

Vino italiano vive una contraddizione unica: da un lato, i numeri storici parlano di un settore in pieno boom, con un export che supera gli 8 miliardi di euro e un’enoturismo che raggiunge quasi 3 miliardi di valore. Dall’altro, però, l’introduzione dei nuovi dazi statunitensi rischia di erodere centinaia di milioni di euro di ricavi annuali. Con l’ingresso in vigore delle tariffe doganali nel agosto 2025, il vino italiano si trova ora a fare i conti con una sfida imprevista, mettendo a rischio alcuni dei suoi prodotti più rappresentativi, come Prosecco, Pinot Grigio e i rossi toscani.

Con 8,136 miliardi di euro di vino esportato nel 2024 (+5,5% sul 2023) e 21,7 milioni di ettolitri spediti all’estero, l’Italia si conferma primo esportatore mondiale per volumi e secondo per valore dopo la Francia (Vinetur, 2025). Un primato che si accompagna a una produzione in ripresa, salita a 48 milioni di ettolitri nel 2024 (+13%) dopo il crollo del 2023, e a un mercato interno che conta ancora 37,8 litri pro capite l’anno e 8,5 milioni di consumatori quotidiani.

Sul fronte della sostenibilità, l’Italia guida l’Europa con 133.000 ettari di vigneto bio (23% della superficie totale, FiBL 2024), mentre l’enoturismo vale ormai quasi 3 miliardi di euro e 15 milioni di visitatori. Eppure, accanto a questi numeri da record, il settore deve fare i conti con una minaccia concreta: i nuovi dazi statunitensi del 15% entrati in vigore nell’agosto 2025, che mettono a rischio oltre €300 milioni di ricavi annui entro i prossimi 12 mesi e colpiscono in particolare Prosecco, Pinot Grigio e i rossi toscani (Unione Italiana Vini / Gambero Rosso, 2025).

Questo quanto emerge dal report “Vino italiano e mercati internazionali: competitività, enoturismo e nuove strategie di adattamento” a cura di Valerio Mancini, direttore del Centro di Ricerca di Rome Business School. “Mai come oggi il vino italiano vive una fase di contraddizione: da un lato numeri storici, dall’altro lo spettro dei dazi USA che rischia di erodere centinaia di milioni di euro e incrinare il nostro primato”, afferma l’autore.

Dazi USA: la nuova sfida del vino italiano

Gli Stati Uniti, primo mercato per i vini italiani con quasi 2 miliardi di euro di importazioni (+10,2% nel 2024), ad agosto hanno introdotto dazi del 15% su vini e spirits europei. L’impatto stimato in termini di perdite è drammatico ma le conseguenze non si limitano all’aumento dei prezzi finali per i consumatori americani: le cantine italiane devono ora ripensare strategie logistiche, margini e politiche commerciali, con il rischio che soprattutto i vini più accessibili diventino insostenibili sul mercato USA.

“Il vino italiano vive un paradosso: è più forte che mai sui mercati globali, ma anche più vulnerabile a shock esterni. I dazi ci impongono di diversificare e innovare”, sottolinea Mancini. Molte aziende stanno già reagendo puntando su Canada (+15,3% nel 2024), Russia (+40%), America Latina, Asia, ed e-commerce, un canale che a livello globale è previsto raggiungere 6,7 miliardi di dollari nel 2025 (Wine Intelligence, 2025). Sul piano operativo, le cantine lavorano su riduzione dei costi, efficienza logistica, packaging più leggero e contratti più flessibili. Sempre più centrale è il ruolo della tecnologia: dall’automazione alle piattaforme digitali, fino ai sistemi di AI e cloud per la gestione dei clienti e del marketing (Vinetur, 2025).

L’Italia del vino: estensione e consumi

Con circa 720.000 ettari vitati, pari al 10% della superficie mondiale, l’Italia si conferma tra i leader globali per estensione insieme a Spagna (930.000 ha) e Francia (773.000 ha) secondo l’Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino, 2025. Una stabilità apparente che però non si traduce in equilibrio produttivo: dopo un 2023 drammatico, con 43 milioni di ettolitri e un calo del –12% sul 2022, la produzione è tornata a crescere nel 2024 a 48 milioni di ettolitri (+13%), riallineandosi alla media decennale (ISTAT, 2025).

A minare la produzione il clima: vendemmie anticipate, rese compresse e stress idrico stanno trasformando la geografia del vino, con nuove pressioni sulle regioni tradizionali e aperture verso varietà resistenti e pratiche di viticoltura rigenerativa.

Importante e in crescita l’estensione della viticoltura bio, di cui oggi l’Italia è leader mondiale, con 133.000 ettari certificati, pari al 23% della superficie vitata nazionale, e punte del 40% in Toscana e del 36% in Sicilia (FiBL, 2024).

Sul fronte interno, i dati confermano un’Italia che beve meno, ma meglio. Nel 2024 circa il 55,1% degli italiani sopra gli 11 anni ha dichiarato di consumare vino, ma la maggioranza si colloca tra i consumatori occasionali: solo 8,5 milioni di persone (29%) bevono vino ogni giorno. Il consumo apparente resta stabile attorno ai 22 milioni di ettolitri, con una media di 37,8 litri pro capite annui, cambiano però le preferenze: bianchi, rosati e spumanti guadagnano spazio, mentre i rossi strutturati perdono appeal, soprattutto tra le fasce più giovani, attratte da stili freschi, gradazioni moderate e maggiore trasparenza sul processo produttivo.

Un segnale in controtendenza arriva dal segmento no/low-alcohol, ancora marginale con lo 0,7% dei volumi ma in forte crescita, con prospettive di +20% cumulato entro il 2029 (IWSR, 2025). Nella grande distribuzione calano i volumi, ma il valore tiene grazie alla premiumisation; nel fuori casa, sparkling e denominazioni forti continuano a trainare, rafforzando il vino come esperienza sociale più che abitudine quotidiana. “Il consumatore italiano non abbandona il vino, ma lo ricolloca in un contesto diverso: meno quantità, più qualità e più valore simbolico”, osserva Mancini.

Export e brand Italia: bollicine e denominazioni trainano la crescita

L’export del vino italiano cresce non solo in quantità, ma soprattutto in valore e riconoscibilità. Nel 2024 i vini DOP hanno rappresentato il 68% del valore delle esportazioni, mentre gli spumanti hanno inciso per il 29%, confermando il ruolo trainante del Prosecco DOC, che da solo vale circa un quarto della produzione DOP nazionale e ha registrato negli USA un incremento del +17% nel 2024 e del +10,2% di imbottigliamenti nei primi mesi del 2025.

La solidità del comparto si riflette anche nell’alta gamma: l’indice “Italy 100”, che misura l’andamento dei principali marchi italiani di fine wine, è stato l’unico a restare positivo (+0,6%) all’inizio del 2025, a fronte di una correzione globale dei vini pregiati. Un segnale che conferma l’appeal delle icone italiane, dai Supertuscan ai grandi rossi piemontesi. Il rafforzamento del brand-Paese passa anche dai riconoscimenti: nel 2025 l’Italia ha ottenuto 138 medaglie ai Decanter World Wine Awards, tra cui 6 Best in Show, consolidando la reputazione nel segmento premium.

Enoturismo: un pilastro da 3 miliardi di euro

Il turismo del vino si è affermato come uno degli asset più dinamici del comparto. Nel 2024 ha generato quasi 3 miliardi di euro di spesa e attirato oltre 15 milioni di visitatori, con un incremento dell’11% sul 2023 (ISMEA, 2024). Non solo, il turista del vino dimostra una propensione di spesa maggiore: spende il 35% rispetto alla spesa media del turista tradizionale, propensione derivante dalla volontà di vivere un’esperienza immersiva che unisce degustazioni guidate, pranzi e cene gourmet, acquisto di bottiglie e prodotti tipici, nonché visite culturali. I distretti storici come Chianti, Langhe e Prosecco restano protagonisti, ma emergono anche nuove mete come Badesi in Sardegna (+18% di visitatori nel 2024), segno che l’Italia può ampliare l’offerta oltre i circuiti consolidati. La spinta digitale e l’innovazione tecnologica rafforzano l’appeal delle cantine, creando un ponte diretto tra esperienza fisica e reputazione globale.“Il futuro del vino italiano passa dalla capacità di innovare senza perdere identità, di consolidare i mercati storici aprendosi a quelli emergenti, e di affrontare le sfide globali puntando su sostenibilità e digitalizzazione”, conclude Mancini. (AGR)

Se da un lato il vino italiano continua a segnare successi record, con un impatto globale crescente, dall’altro il settore è costretto a confrontarsi con le incertezze dei dazi USA, una sfida che obbliga le cantine a ripensare strategie, diversificare i mercati e abbracciare innovazioni tecnologiche.

Il futuro del vino italiano dipenderà dalla capacità del settore di adattarsi a queste nuove dinamiche globali.

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Redazione Radici

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