Una svolta storica per Gaza
Israele e Hamas accettano la prima fase del piano di pace americano
Il rilascio degli ostaggi e il cessate il fuoco aprono nuove prospettive di pace nella regione
L’annuncio di Trump: il primo passo verso la pace
«Sono molto orgoglioso di annunciare che Israele e Hamas hanno entrambi approvato la prima fase del nostro piano di pace. Ciò significa che TUTTI gli ostaggi saranno rilasciati molto presto e Israele ritirerà le proprie truppe lungo una linea concordata, come primo passo verso una pace forte, duratura e permanente».
Con queste parole, diffuse poco prima dell’una di notte (ora italiana) sul social network Truth, il presidente americano Donald Trump ha annunciato la svolta che il mondo attendeva: l’accordo preliminare tra Israele e Hamas sulla prima fase del piano di pace americano per Gaza.
Contenuti dell’Intesa: Cessate il fuoco e rilascio degli ostaggi
L’intesa, che si prevede venga firmata oggi alle 11 dopo l’approvazione formale del governo israeliano, rappresenta un cambio di rotta epocale. Secondo i mediatori, porterà al cessate il fuoco, al rilascio di tutti gli ostaggi israeliani ancora in vita a Gaza – stimati in circa 20 persone – già tra sabato e domenica, e di centinaia di palestinesi detenuti in Israele. Sarà inoltre garantito l’ingresso degli aiuti umanitari nella Striscia, ormai stremata da un lungo assedio.
La notizia ha portato la popolazione di Gaza a scendere in strada per festeggiare, segno tangibile della speranza che finalmente il massacro di civili possa fermarsi e che si apra una nuova stagione di dialogo.
Un successo per Trump e una speranza per la Pace
Se il patto reggerà, sarà una vittoria personale per Donald Trump, a pochi giorni dall’assegnazione del Nobel per la Pace, a cui aspira da tempo. Ma, soprattutto, la prospettiva di una fine alle violenze che hanno insanguinato Gaza negli ultimi anni ridà speranza a migliaia di famiglie colpite dal conflitto.
L’offensiva israeliana, iniziata in risposta all’attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre 2023 (che ha causato 1.200 morti e 251 ostaggi), ha provocato almeno 67.000 vittime palestinesi. Trump, intenzionato a recarsi personalmente al Cairo tra sabato e domenica, ha dichiarato: «Voglio andare a Gaza».
Le reazioni dei leader: Netanyahu e Hamas
Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha espresso profonda gratitudine verso Trump e il suo team: «Domani convocherò il governo per approvare l’accordo e riportare a casa tutti i nostri cari ostaggi. Ringrazio dal profondo del cuore il presidente Trump e il suo team per il loro impegno in questa sacra missione di liberazione. Ringrazio i valorosi soldati dell’Idf e tutte le forze di sicurezza: è grazie al loro coraggio e al loro sacrificio che siamo giunti a questo giorno. Con l’aiuto di Dio, insieme continueremo a raggiungere tutti i nostri obiettivi e ad espandere la pace con i nostri vicini».
Hamas, dal canto suo, ha dichiarato di aver concluso un accordo per porre fine alla guerra, che prevede il ritiro israeliano dalla Striscia di Gaza e uno scambio di ostaggi e prigionieri. Ha inoltre invitato Trump e gli Stati mediatori a garantire che Israele attui pienamente il cessate il fuoco.
Dietro le quinte dell’accordo: diplomazia e contrattazioni
Sul Mar Rosso, gli emissari di Trump – Steve Witkoff e Jared Kushner – hanno lavorato senza sosta, incontrando le delegazioni e spingendo per l’accettazione del piano in venti punti. Il premier israeliano Netanyahu distingue fra una «prima fase» e quelle successive, anche se il piano di Trump prevede un unico passaggio per chiudere il conflitto.
Le trattative restano complesse: la mappa dell’accordo è stata rivista, con le truppe israeliane che dovrebbero lasciare le città principali e restare solo a Rafah, anche se Hamas pretende il ritiro totale. Sulla questione dei detenuti palestinesi da liberare, si discute ancora: Hamas ha proposto la sua lista, mentre i negoziatori israeliani hanno presentato una controproposta. I palestinesi chiedono il rilascio di Marwan Barghouti e Ahmad Saadat, simboli della resistenza, oltre alla restituzione dei corpi di Yahya Sinwar e del fratello Mohammed, organizzatori degli attacchi del 7 ottobre.
Prospettive future e sfide
La strada verso una pace duratura si presenta ancora piena di ostacoli, con divergenze da sanare e difficili compromessi da raggiungere. Tuttavia, chi ben comincia è a metà dell’opera: questo primo accordo rappresenta una base concreta su cui costruire una nuova convivenza.
Protettorato o autonomia?
La comunità internazionale guarda con cautela ma anche con rinnovata speranza agli sviluppi dei prossimi giorni, consapevole che la pace non è solo l’assenza di guerra, ma la presenza di giustizia e sicurezza per tutti i popoli coinvolti.
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