La narrazione mancata a Gaza

La narrazione mancata a Gaza
Palestina. Gaza

Negli ultimi due anni, la situazione a Gaza è rimasta avvolta in un fitto velo di silenzio e frammentazione informativa. Le notizie che arrivano sono spesso incomplete, filtrate dai pochi cellulari che riescono a trasmettere immagini e video.

Non esiste una narrazione continua e oggettiva degli eventi: la cronaca è assente, sostituita da scatti rubati e da immagini provenienti principalmente da fonti israeliane. Questa condizione mette in luce uno dei più grandi buchi neri dell’informazione contemporanea.

Israele: due anni di uccisioni di giornalisti e controllo della narrazione a Gaza

In due anni di guerra, oltre 223 giornalisti e operatori dei media palestinesi sono stati uccisi a Gaza, nel periodo più sanguinoso nella storia del giornalismo. Il sistematico attacco ai giornalisti da parte del governo israeliano è in corso, aggravato dall’incapacità della comunità internazionale di punire il governo. La Federazione Internazionale dei Giornalisti (IFJ) invita urgentemente i governi di tutto il mondo, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite e la comunità internazionale ad adottare misure immediate e concrete per porre fine alle violazioni dei diritti umani da parte di Israele a Gaza, inclusi gli attacchi e le uccisioni deliberate di giornalisti. L’IFJ chiede inoltre al governo israeliano di revocare il divieto di accesso ai media e di garantire ai giornalisti stranieri un accesso indipendente a Gaza.

In un atroce attacco nel sud di Israele nelle prime ore del 7 ottobre 2023, Hamas ha ucciso oltre 1.200 persone, tra cui 850 civili, e ha rapito circa 250 tra israeliani e cittadini stranieri. La risposta del governo israeliano è stata immediata e brutale. 

Due anni dopo, il governo militare israeliano ha ucciso oltre 65.000 civili palestinesi a Gaza, tra cui oltre 223 giornalisti e operatori dei media nell’enclave, e ha oltrepassato ogni limite nel tentativo di controllare la narrazione.

Uccidere i giornalisti in totale impunità

Il 10 agosto 2025, l’esercito israeliano ha colpito una tenda che ospitava giornalisti fuori dall’ospedale Al Shifa di Gaza City, uccidendo cinque membri dello staff di Al Jazeera, tra cui il noto corrispondente Anas al-Sharif. Alcune settimane prima, Avichai Adraee, portavoce in lingua araba dell’esercito israeliano, aveva accusato al-Sharif di essere un membro dell’ala militare di Hamas. L’IFJ ribadisce che l’attacco e l’assassinio deliberati di civili, compresi i giornalisti, costituiscono un crimine di guerra.

“Purtroppo, la presa di mira e l’uccisione di giornalisti palestinesi da parte delle forze israeliane non è una novità. La novità è la crescente apertura di Israele nel riconoscere questi atti. Dall’inizio della guerra, l’esercito israeliano ha diffamato i giornalisti di stanza a Gaza con accuse infondate di complicità nel terrorismo. Questa è una strategia scandalosa che li rende un bersaglio legittimo di attacchi secondo la narrativa israeliana”, avverte il Segretario Generale dell’IFJ, Anthony Bellanger.

Il Sindacato dei Giornalisti Palestinesi (PJS), affiliato all’IFJ, ha individuato una chiara tendenza a prendere di mira direttamente la vita dei giornalisti, anziché limitarsi a molestarli o arrestarli. Tra le organizzazioni internazionali per i diritti umani e la libertà di espressione, compresi gli esperti delle Nazioni Unite , vi è consenso sul fatto che il governo israeliano abbia commesso crimini di guerra per i suoi continui attacchi ai giornalisti.

Secondo l’IFJ, a seguito della guerra di Gaza sono stati uccisi almeno 246 giornalisti e operatori dei media: 223 a Gaza, nove in Libano, quattro in Israele, uno in Siria e nove nello Yemen. 

Imporre un blocco mediatico 

Dall’inizio della guerra, il governo israeliano ha utilizzato tutti i mezzi a sua disposizione per controllare la narrazione: dalla censura dei media critici nel Paese all’impedimento ai giornalisti stranieri di entrare a Gaza, fino alla deliberata presa di mira e uccisione di giornalisti. 

L’IFJ ha ripetutamente condannato i ripetuti attacchi del governo israeliano alla libertà dei media e ha definito il divieto imposto ai media stranieri una chiara violazione del diritto del pubblico a sapere.

“[…] In un momento in cui il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu promette di “ricolonizzare” Gaza, controllare la narrazione è cruciale quanto controllare il territorio stesso. Colonizzare significa anche cancellare le rovine, i morti, i sopravvissuti e coloro che raccontano le loro storie”,  si legge in un editoriale scritto dal Segretario Generale dell’IFJ e pubblicato il 3 ottobre.

Supporto incrollabile 

L’IFJ e le sue affiliate in tutto il mondo continuano a impegnarsi senza sosta per fornire supporto ai giornalisti di Gaza attraverso il Fondo per la Sicurezza Internazionale dell’IFJ , oltre a organizzare manifestazioni per denunciare il massacro e mostrare solidarietà ai colleghi palestinesi. Continuano inoltre a raccontare le storie dei giornalisti di Gaza affinché non vengano dimenticati. 

A livello internazionale, dall’ottobre 2023 la Federazione Internazionale dei Giornalisti Palestinesi (IFJ), il PJS e il suo team legale raccolgono prove sugli attacchi ai giornalisti palestinesi da parte delle forze israeliane, al fine di presentare un reclamo alla Corte Penale Internazionale (CPI). Parallelamente, e da diversi anni, la Federazione si batte per l’adozione di una convenzione internazionale delle Nazioni Unite che obblighi gli Stati a proteggere i giornalisti e a punire i loro assassini.

Il governo israeliano ha oltrepassato ogni limite per controllare la narrazione della guerra e nascondere le violazioni dei diritti umani in Palestina. Come giornalisti, sindacalisti e, in definitiva, esseri umani, non possiamo accettare che i giornalisti vengano uccisi nell’indifferenza, sia a Gaza che altrove. Israele deve smettere di uccidere i giornalisti. Uccidere i giornalisti significa uccidere la verità e noi vogliamo la verità. Continueremo a lavorare instancabilmente finché i responsabili dei crimini contro i giornalisti non saranno processati”, ha dichiarato Anthony Bellanger.

Federazione Internazionale Giornalisti

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Redazione Radici

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