Klaus: un amico, un sogno, un muro abbattuto
A 36 anni dalla caduta del Muro di Berlino e la memoria di un’anima giovane
Un amico scomparso, un’Europa e un mondo che cambia
Nel fermento delle celebrazioni peri 36 anni della caduta del Muro di Berlino, il prossimo 9 novembre, tra il ricordo della Germania che si riunsce, dell’Europa che si apre e del mondo che guarda indietro con stupore alla voglia di impero sovietico, sento il bisogno di fermarmi e dedicare un pensiero a Klaus Patzwall, un amico prezioso, scomparso troppo presto, a soli 39 anni. Klaus non era solo un berlinese, era il simbolo vivente di una generazione figlia del dopoguerra, cresciuta col desiderio ardente di vedere i propri sogni realizzati.
Le brevi vite chimere
Ci sono vite che, per la loro intensità e genialità, restano ancorate alla gioventù. Sono quelle che incroci e che non rivedi mai più in altre età, come meteore che attraversano il tempo e diventano il simbolo di un’epoca. Klaus era una di queste: il suo spirito amichevole, la sua capacità di condividere ideali e passioni, il suo desiderio di un mondo migliore. Insieme abbiamo vissuto quel tempo, incontrandoci spesso, condividendo sogni e speranze che sembravano, finalmente, a portata di mano.
Il sogno di una Germania unita
Klaus, berlinese doc, portava nel cuore il sogno di una Germania unita. Per lui, come per tanti giovani della nostra generazione, la cortina di ferro era una ferita aperta, una divisione insopportabile tra persone che non avevano mai avuto la possibilità di vivere davvero insieme. Il mondo cambiava: l’eco di “Pacem in terris”, il boom economico, la nascita dell’utilitaria che sostituiva la bicicletta… tutto voleva essere condiviso, soprattutto da chi era giovane e tedesco. Klaus non aveva mai visto il suo popolo unito, ma sperava ardentemente in quell’Europa senza barriere, dove l’amicizia potesse essere il cemento di una nuova comunità.
Campeggi Internazionali e la vita ai margini del muro
Insieme, organizzammo un campeggio internazionale a Berlino Ovest, in un parco urbano artificiale, ai margini di quella che era una vera e propria “isola politica” dell’Occidente. Ricordo le fumate lungo la Sprea, il fiume di Berlino, e lo sguardo attento dei Vopos della DDR sulla sponda opposta che ci controllavano. Klaus percepiva che il sogno stava per realizzarsi e decise di fare qualcosa di straordinario.
Un ostello, uno scambio, un circo senza animali
Lavorando come tassista a Berlino, Klaus mise da parte dei marchi e, con la sua compagna Helene, realizzò un ostello della gioventù nella Bassa Sassonia, al confine con la DDR. Organizzò scambi anche con l’Italia: tanti tarantini, infatti, sono stati suoi ospiti, gratuitamente, con l’unico dovere della condivisione delle pulizie e della cucina. Klaus non si fermava: lo incontrai di nuovo a Taranto, a Massafra, quando portò dalla Sassonia un circo di genitori e figli, senza animali, ma con tanta allegria. Nel frattempo, Helene era diventata Borgomastro del suo comune e sembrava che tutto dovesse andare per il meglio, ma un arresto cardiaco stroncò prematuramente la vita di Klaus.
Il ricordo e l’eredità
Nel 2016 ho già celebrato questa amicizia con un articolo dal titolo “Klaus Patzwall sperava nell’Europa Unita, il mio ricordo per lui”, articolo superstite dagli attacchi informatici. Klaus si era speso troppo per una grande causa, realizzata in pochissimo tempo. In una telefonata mi confidò la sua stanchezza, quasi presagendo il suo destino. Ora che il muro è caduto da tanti anni, mi rendo conto che a lui sarebbe bastato poco per godere appieno di quel sogno tanto sognato.
Klaus e l’Europa sana
Con questo ricordo voglio far sì che il nome di Klaus ritorni tra le ricerche online, a testimonianza di una bella gioventù europea, sana e genuina, capace di costruire il futuro tramite l’amicizia e la condivisione, in una visione comunitaria e non sovranista. “Chi trova un amico trova un tesoro”, dice un vecchio proverbio italiano, e io posso dire di aver trovato in Klaus uno dei tesori più preziosi della mia vita.
La sua storia, la sua voglia di unità, il suo impegno e la sua generosità rimangono un esempio luminoso di cosa significa credere davvero in un’Europa unita: non solo una questione politica, ma una comunità di persone che si riconoscono, si sostengono e, insieme, abbattono i muri – quelli fisici e quelli del cuore.
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